“La campagna di comunicazione relativa al Fertility Day è agghiacciante, da molti punti di vista. Ma, da ex pubblicitario, devo dire che lo è anche dal punto di vista squisitamente comunicativo…” – Il commento di Fabrizio Cocco

Non sono convinto che il mondo sia bello perché vario, mentre sulla letteratura ho qualche certezza in più. La varietà è e deve essere una caratteristica della narrativa, il cui scopo (o meglio, uno dei tanti scopi) è indagare le pieghe dell’essere umani, dell’essere qui e ora, in questi luoghi e tempi con tutto ciò che comporta. La varietà di cui parlo è l’infinita possibile modulazione delle caratteristiche psicofisiche di un personaggio, una protagonista, un comprimario… E la condizione primaria perché vi sia narrazione, in questo, è che i personaggi facciano (o rinuncino a fare) delle scelte.

Il mondo invece, forse, non è bello perché è vario. Perché la varietà non sembra essere più un valore, ma un disvalore: in nome di un’omologazione spinta in maniere ormai non più tanto latenti e subliminali, chi diverge viene, senza troppi mezzi termini, giudicato. E con giudicato intendo, naturalmente, «condannato».

L’ultimo esempio è la campagna relativa al cosiddetto #FertilityDay (che idea balzana, peraltro: come se esistesse un giorno per essere fertili. Se proprio deve esserci, suggerisco il venerdì sera, che non viene mai troppo presto). Forse andrebbe chiarito che la fertilità è un dato biologico complesso, e non una scelta. Che si tratta di una condizione che non ha a che fare solo con l’età, ma con una molteplicità di fattori dei quali, ed è questo il punto, non è ammissibile che ci si senta in colpa.

fertility day

Laddove invece le condizioni biofisiche siano ottimali, resta comunque il fatto che la scelta di procreare o meno resta una scelta individuale, insindacabile e non giudicabile. Ci si preoccupi piuttosto delle condizioni al contorno che rendono, sovente, questa scelta obbligata. Non elenco le problematiche perché sono sotto gli occhi di tutti. Be’, quasi tutti, evidentemente.

La campagna di comunicazione relativa al Fertility Day è agghiacciante, da molti punti di vista. Ma, da ex pubblicitario, devo dire che lo è anche dal punto di vista squisitamente comunicativo. Cosa sta succedendo ai pubblicitari di questo paese? Mi sembra sia stata inanellata una serie di campagne che definire epic fail è riduttivo. Ricordo lo slogan «trivella tua sorella» in occasione del referendum, la recente campagna (fortunatamente poi ritirata) di Decathlon che contrapponeva in modo francamente assurdo lettura e sport, e ora questa, ancor più grave perché istituzionale (io sono uno di quelli che, probabilmente sbagliando, non ritiene che chi ci rappresenta in parlamento o al governo debba essere come noi, ma debba essere meglio di noi).

Ma davvero non vi è venuto in mente nulla di meglio che rappresentare la fertilità maschile attraverso una buccia di banana? Davvero davvero? Temo invece che sulla buccia di banana sia stato fatto un grosso grosso scivolone. Senza nulla di comico, però.


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