L'equilibrio delle lucciole
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Sinossi
Ogni punto di partenza ha bisogno di un ritorno. Per riconciliarsi con il mondo, dopo una storia d’amore finita, Adelaide torna nel paese in cui è nata, un pugno di case in pietra tra le montagne aspre della Val Germanasca: una terra resistente dove si parla una lingua antica e poetica. È lì per rifugiarsi nel respiro lungo della sua infanzia, negli odori familiari di bosco e legna che arde, dipanare le matasse dei giorni e ricucirsi alla sua terra: ‘fare la muta al cuore’, come scrive nelle lettere al figlio. Ad aspettarla – insieme a una bufera di neve – c’è Nanà, ultima custode di casa, novant’anni portati con tenacia. Levì, l’altro anziano che ancora vive lassù, è stato ricoverato in clinica dopo una brutta caduta. Isolate dal mondo per quattordici giorni, nel solo spazio di quel piccolo orizzonte, le due donne si prendono cura l’una dell’altra. Mentre Adelaide si adopera per essere utile a Nanà e riportare a casa Levì, l’anziana si confida senza riserva, permettendole di entrare nelle case vuote da tempo, e consegnandole la chiave di una stanza intima e segreta che trabocca di scatole, libri ricuciti, contenitori e valigie, in cui la donna ha stipato i ricordi di molte vite, tra uomini, fiori, alberi e animali, acqua e tempo. Una biblioteca di esistenze, di linguaggi, gesti e voci, dove ogni personaggio è sentimento, un modo di amare. Fotografie, lettere, oggetti che sanno raccontare e cantare il tempo: di guerra e povertà, amori coltivati in silenzio, regole e speranza, fatica e fantasia. Un testamento corale che illumina le ombre e le rimette in equilibrio. La bellezza intensa che respira oltre la vita e rimane in attesa di parole. Tuffarsi nella memoria significa avere il coraggio di inventare un altro finale e vivere oltre il tempo che ci è stato concesso, per ritrovare il luogo intimo di ognuno. La casa.
- ISBN: 8831008072
- Casa Editrice: Salani
- Pagine: 400
- Data di uscita: 01-06-2022
Recensioni
‘Anoummo amount‘: torniamo a casa: l’ha sentito dire spesso, Adelaide, la protagonista del bellissimo romanzo di Valeria Tron. E se l’è detto da sola quando ha capito di aver bisogno di un posto speciale. Nel piccolo paese in cui è cresciuta, di casa, ad aspettarla, ce n’è più di una. Oltre la sua. Il mondo fuori dal piccolo villaggio di Aigo è lontano, la ricchezza del sentire è tutta lì, tra quelle poche mura capaci di scaldarsi al fuoco di una stufa e di asciugare, piano, ogni tempesta. ‘Cercavo aria domestica‘ dice, appunto, Adelaide: quel luogo, cioè, in cui ci si può permettere di far cadere ogni difesa e sentirsi liberi, lasciarsi andare. Tra quei sentieri imbiancati c’è la casa di Nanà, una ‘formichina’ novantenne con indosso la dolcezza ed il sapore del passato. Trascorreranno insieme gran parte del tempo, accudendosi a vicenda, regalandosi momenti importanti, unite da ricordi che saranno spesso, per Adelaide, sorpresa, rivelazione e scoperta di incastri di vite rimasti, fino ad allora, sconosciuti. La cucina di Nanà sarà la tana, il nido ritrovato in cui vestirsi di antichi profumi, riscaldare vecchie ricette e far rivivere appetiti e sorrisi. In quelle piccole stanze di legno e pietra l’equilibrio di Adelaide riprende, pian piano, a respirare. Il ‘suo’ villaggio di case svuotate dal tempo si riempie di storie da ascoltare, da leggere, nascoste tra fiori secchi e diari inaspettati. E la parola si risveglia nell’unica lingua capace di donarle tutta l’accoglienza di cui ha bisogno: il Patois, il suo dialetto, quello della gente del posto, che si traduce con uno sguardo, un gesto, una smorfia, un’emozione. Che unisce, accomuna, fa sentire lontani da ogni contaminazione, da ogni incomprensione perché ci si intuisce, nella familiarità – anche – delle parole. È un ‘segreto parlare’: il dialetto tra le pagine si intesse all’italiano, si amalgama alla trama, si fa protagonista. È un modo di essere, un carattere culturale, un segno di appartenenza molto forte. I dialetti, infatti, sono la nostra storia, la storia della lingua che ci ha iniziati a comunicare, a riconoscerci, a sentirci parte di una collettività. Il primo gradino, fondamentale, nella scala dell’apprendimento. E, anche se un giorno andremo via, per quante nuove lingue possiamo incontrare per strada, la memoria tornerà sempre al linguaggio della nostra infanzia, che abbiamo ascoltato e imparato a capire ancor prima di gattonare. E parlarlo fa bene, aiuta la calma a farsi posto dentro di noi, fa sentire ‘protetti’, mette una carezza tra i pensieri ed aiuta a riprendere fiato. Come una scatola antica, ricca di ricordi da sfogliare, scartare, ritrovare. Ricordi impolverati di silenzi, taciuti e tramandati tra promesse e attese. Proprio come i doni che Nanà farà ad Adelaide, desiderosa di vederli rivivere, di saperli aperti a nuovi percorsi, verso sentimenti che possano riscattarne la felicità, addosso ad un amore vero, appena nato ma già capace di scompigliare il tempo fermo. Il ritorno di Adelaide metterà ordine in molte vite. Di chi c’è, di chi non è più lì ma aspetta la verità che lo renda libero, di chi, guardando le montagne, spera che il cuore smetta di fare a pugni. Di chi affida a lei l’eredità più preziosa: l’intimità di un mare di bellezza in uno sgabuzzino, su scaffali di sentimenti custoditi come preghiere, come sussurri da non dire mai. In questo luminoso riviversi, l’inverno trascorre verso notti tiepide e fiori nuovi, verso stagioni che sapranno, ancora, di buono. E sotto i primi chiarori notturni, cascate di lucciole tornano alla mente pronta ad intonare nuova gioia: “(…) un temporale di luce che dai rami dell’albero si schiantava a terra e illuminava tutt’intorno come una cascata d’oro“. Un fotogramma d’immenso, metafora di nuovi bagliori a cui dedicare lo sguardo. Stupore, a cui tornare.
‘Anoummo amount‘: torniamo a casa: l’ha sentito dire spesso, Adelaide, la protagonista del bellissimo romanzo di Valeria Tron. E se l’è detto da sola quando ha capito di aver bisogno di un posto speciale. Nel piccolo paese in cui è cresciuta, di casa, ad aspettarla, ce n’è più di una. Oltre la sua. Il mondo fuori dal piccolo villaggio di Aigo è lontano, la ricchezza del sentire è tutta lì, tra quelle poche mura capaci di scaldarsi al fuoco di una stufa e di asciugare, piano, ogni tempesta. ‘Cercavo aria domestica‘ dice, appunto, Adelaide: quel luogo, cioè, in cui ci si può permettere di far cadere ogni difesa e sentirsi liberi, lasciarsi andare. Tra quei sentieri imbiancati c’è la casa di Nanà, una ‘formichina’ novantenne con indosso la dolcezza ed il sapore del passato. Trascorreranno insieme gran parte del tempo, accudendosi a vicenda, regalandosi momenti importanti, unite da ricordi che saranno spesso, per Adelaide, sorpresa, rivelazione e scoperta di incastri di vite rimasti, fino ad allora, sconosciuti. La cucina di Nanà sarà la tana, il nido ritrovato in cui vestirsi di antichi profumi, riscaldare vecchie ricette e far rivivere appetiti e sorrisi. In quelle piccole stanze di legno e pietra l’equilibrio di Adelaide riprende, pian piano, a respirare. Il ‘suo’ villaggio di case svuotate dal tempo si riempie di storie da ascoltare, da leggere, nascoste tra fiori secchi e diari inaspettati. E la parola si risveglia nell’unica lingua capace di donarle tutta l’accoglienza di cui ha bisogno: il Patois, il suo dialetto, quello della gente del posto, che si traduce con uno sguardo, un gesto, una smorfia, un’emozione. Che unisce, accomuna, fa sentire lontani da ogni contaminazione, da ogni incomprensione perché ci si intuisce, nella familiarità – anche – delle parole. È un ‘segreto parlare’: il dialetto tra le pagine si intesse all’italiano, si amalgama alla trama, si fa protagonista. È un modo di essere, un carattere culturale, un segno di appartenenza molto forte. I dialetti, infatti, sono la nostra storia, la storia della lingua che ci ha iniziati a comunicare, a riconoscerci, a sentirci parte di una collettività. Il primo gradino, fondamentale, nella scala dell’apprendimento. E, anche se un giorno andremo via, per quante nuove lingue possiamo incontrare per strada, la memoria tornerà sempre al linguaggio della nostra infanzia, che abbiamo ascoltato e imparato a capire ancor prima di gattonare. E parlarlo fa bene, aiuta la calma a farsi posto dentro di noi, fa sentire ‘protetti’, mette una carezza tra i pensieri ed aiuta a riprendere fiato. Come una scatola antica, ricca di ricordi da sfogliare, scartare, ritrovare. Ricordi impolverati di silenzi, taciuti e tramandati tra promesse e attese. Proprio come i doni che Nanà farà ad Adelaide, desiderosa di vederli rivivere, di saperli aperti a nuovi percorsi, verso sentimenti che possano riscattarne la felicità, addosso ad un amore vero, appena nato ma già capace di scompigliare il tempo fermo. Il ritorno di Adelaide metterà ordine in molte vite. Di chi c’è, di chi non è più lì ma aspetta la verità che lo renda libero, di chi, guardando le montagne, spera che il cuore smetta di fare a pugni. Di chi affida a lei l’eredità più preziosa: l’intimità di un mare di bellezza in uno sgabuzzino, su scaffali di sentimenti custoditi come preghiere, come sussurri da non dire mai. In questo luminoso riviversi, l’inverno trascorre verso notti tiepide e fiori nuovi, verso stagioni che sapranno, ancora, di buono. E sotto i primi chiarori notturni, cascate di lucciole tornano alla mente pronta ad intonare nuova gioia: “(…) un temporale di luce che dai rami dell’albero si schiantava a terra e illuminava tutt’intorno come una cascata d’oro“. Un fotogramma d’immenso, metafora di nuovi bagliori a cui dedicare lo sguardo. Stupore, a cui tornare.
Un libro meraviglioso, carico di bellezza e significato profondo. Una struttura magistrale, intensa, delicata e potente. Finalmente un libro che ti avvolge come un abbraccio. Un piccolo gioiello letterario di cui non puoi fare a meno
Ci sono libri che accarezzano le nostre vite per attimi infiniti, parole che restano nella mente e racconti che troveranno sempre il modo per farsi ricordare. Ecco che L\'equilibrio delle lucciole arriva come una luce improvvisa nell\'editoria italiana. C\'è Adelaide forte e genuina come le montagne che l\'hanno vista crescere, una donna che fugge da una relazione ormai consumata e che trova rifugio nella sua casa di infanzia. Ad attenderla i ricordi, il freddo e la presenza di coloro che sebbene ormai trapassati, vivono grazie alla memoria di Nanà, custode di segreti ed esistenze. Un viaggio di ricerca personale, destrutturarsi per prendere nuova forma o tornare a ciò che si era. La melodia della scrittura di Valeria Tron è sorprendente, le parole danzano con eleganza facendo appello a termini desueti ma familiari. Un romanzo che ha mille chiavi di lettura, che colora gli orizzonti di chi fa perso la gioia delle sfumature. Una lettura da consigliare, da amare e da interiorizzare. Si parla di caso editoriale, io parlerei di piccolo miracolo. Cinque stelle e più!
Provata da una relazione al capolinea, la seconda che pensava fosse importante della sua vita, Adelaide si rifugia nel paese della Val Germanasca in cui è cresciuta. Accudirà la vecchia Adriana, detta Nanà, si occuperà del vecchio Levì, finito all’ospedale mentre raccoglieva fascine, e conoscerà Dan Leggi tutto
"L' equilibrio delle lucciole.." di Valeria Tron Sono entrata tra le pagine di questo libro attraverso la magia del titolo, immaginavo la metafora che potesse nascondere e volevo cercarla nella storia. E poi ho trovato uno spettacolo meraviglioso, nella pioggia di lucciole dagli alberi e un'umanità Leggi tutto
Adelaide è una donna con una storia sentimentale agli sgoccioli, che torna al paese d’origine (in Val Germanasca, poco sopra Torino) alla riscoperta delle proprie radici, in cerca di una riconciliazione con se stessa. Qui incontra l’anziana Nanà, custode simbolica della casa delle memorie, che si pr Leggi tutto
Recensione sulla mia pagina Bookstagram https://www.instagram.com/p/Cf4CpUaMC... ⭐⭐⭐⭐, 5 Adelaide fa ritorno nel suo piccolo paese d’origine, per ritrovare se stessa, perché sente forte il richiamo della sua terra, ma soprattutto per potersi rifugiare nei ricordi della sua infanzia. Torna così tra le Leggi tutto
Mortale.
Avete mai sentito, in maniera forte, il richiamo della terra di origine? Penso che se si sta bene con se stessi, qualunque posto è casa, basta condividere la quotidianità con chi si ama. Ma quando qualcosa si rompe – nella vita di tutti i giorni – si segue il richiamo di quel vissuto che ci manca e Leggi tutto
" La gente non vede bene l'amore da subito. La gente pensa che ci vogliano chissà quante parole. La gente sbaglia. A volte ci sono amori da subito che non riescono a morire". Dopo questa citazione presa dal libro, non sono certa di riuscire a trovare le parole adatte per parlarvene. Avete presente Leggi tutto
Ho avuto l'intuizione di ascoltare questo libro letto dall'autrice stessa. È stata un'intuizione felice. Il patois parlato da Nanà altrimenti l'avrei mandato visivamente avanti. Ascoltandolo invece ho avuto modo di goderne, di ritrovarne l'origine della lingua parlata dai miei nonni (il milanese), d Leggi tutto
Questo libro regala al lettore un qualcosa di unico: pagine gentili e una prosa carezzevole e accogliente. Merito di Valeria Tron e dell'amore che ha profuso in ogni goccia d'inchiostro con cui ha disegnato questo romanzo. • Adelaide fa ritorno al paese natio, nel bel mezzo della Val Germanasca: il su Leggi tutto
Adelaide sta attraversando un momento cupo nella sua vita matrimoniale. Decide di prendersi una pausa e raggiungere le aspre valli della Val Germanasca, un mucchietto di case chiuso in un anfiteatro di montagne. Ritorna al suo paese di origine, la terra che la guardò per la prima volta, che le ha da Leggi tutto
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