“È un libro sulla complessità e contro la radicalità. Che racconta in modo semplice e puro la storia d’amore tra due donne. Un romanzo di formazione, non autobiografico, per comprendere cosa significa diventare adulti e cosa significa amare anche i lati oscuri di una persona”. In occasione dell’uscita de “Il cuore è un organo”, il suo d’esordio, Francesca Michielin si racconta con ilLibraio.it: “Credo che gli uomini in questa storia non dovessero starci, volevo lasciare uno spazio solo per le donne”. Parla del suo rapporto con la scrittura (“Ha una funzione terapeutica, ma non nel senso che deve diventare un luogo di sfogo, bensì un modo per evadere e comprendere quello che mi succede attorno… quello che ho scritto non è un romanzo autobiografico”) e di quello con la lettura (“Ho riletto ‘Fai bei sogni’ di Massimo Gramellini, un libro che mi ha accompagnato durante l’adolescenza. Le poesie di Franco Arminio mi rilassano e mi infondono speranza…”)

Ventisette anni e alle spalle una vittoria nel 2011 alla quinta edizione del celebre talent show X Factor, una laurea al Conservatorio, dieci anni di tour, partecipazioni a Sanremo, dischi, podcast, colonne sonore, duetti, una trasmissione tv. E ora anche un libro, Il cuore è un organo (Mondadori).

Stiamo parlando di Francesca Michielin, giovane di talento che durante questo 2022 ci ha meravigliato prima sul palco dell’Ariston (dove ha diretto l’orchestra per accompagnare Emma, con cui si è anche esibita cantando una cover di Baby one more time), poi con la conduzione del programma Effetto Terra – Guida pratica per terrestri consapevoli su Sky Nature, e adesso con un romanzo che affronta temi come l’amore, la perdita e la paura di crescere.

Cos’altro ci riserverà per il futuro? Ne abbiamo parlato con l’autrice.

il cuore è un organo

Un libro. Un programma. Una brillante comparsa a Sanremo. Questo è momento particolarmente intenso per lei. Come se la sta cavando?
“Direi bene. Sono emozionata e contenta. E poi tengo davvero tanto a questo libro”.

Come mai ha scelto di dedicarsi alla scrittura di un romanzo? Aveva bisogno di una nuova forma per esprimersi?
“Sono sempre felice quando scrivo. Ho una testa iperattiva e vulcanica. Il mio psicologo mi ha detto che la scrittura può essere terapeutica, ma non nel senso che deve diventare un luogo di sfogo, bensì un modo per evadere e comprendere quello che mi succede attorno. E in tutte le forme: dalla canzone, alla poesia fino alla prosa di un romanzo”.

Ci ha lavorato molto?
“La fase di scrittura è durata circa quattro mesi. Ma è da più di sei anni che ci stavo pensando. Avevo un programma serratissimo, ho definito il titolo, il tema, i personaggi, la scaletta…”.

E la scintilla da dove è nata?
“Quando ero molto più giovane, nel 2015, ho scritto Battito di ciglia, una canzone in cui dicevo, tra le altre cose, che ‘il cuore è un battito di ciglia, un drago che morde, un fuoco che non brucia mai’. Da lì ho iniziato a ragionare: noi idealizziamo di continuo il cuore. Ma infondo non è altro che un organo…”.

Per questo ha scritto un libro scandito in capitoli che si intitolano con termini tecnici tipo “aritmia”, “soffio cardiaco”, “pressione sistolica”…
“Esatto. È un romanzo in cui si mescolano anatomia e musica, che all’interno della narrazione è un elemento assolutamente centrale”.

Questo perché la protagonista, Verde, è una cantautrice. Una ragazza emotiva e appassionata, nostalgica e determinata, concreta ma spesso anche insicura, inadeguata e fuori posto. Non restituisce i libri in biblioteca e ci scrive sopra a penna. Ama Big Fish e detesta il Favoloso mondo di Amelie. Aspira ad essere come Natalie Imbruglia, invece che come Christina Aguilera. Vi assomigliate?
“Mi rendo conto che sia semplice associarci, sopratutto perché il romanzo è scritto in prima persona. Ma non avrei potuto usare la terza per questioni di stile. A dirla tutta con Verde ho davvero poco in comune. Lei è una ragazza che ha bisogno costantemente di sezionare e incasellare i sentimenti, altrimenti si sente smarrita. Io invece sono tutto l’opposto. Non mi piace incasellare niente, fuggo dalle definizioni e dalle etichette. E infatti alla fine quello che Verde impara è accettare la complessità che è dentro e fuori di lei. Onestamente l’unico personaggio a cui mi sento più vicina è Regina”.

Altra figura di cantautrice. Una settantenne bizzarra, dalla chioma platinata e dai modi esagerati. È una sorta di mentore per Verde.
“Sì, ma non un mentore tradizionale. È una figura contraddittoria e sgangherata, è oggettivamente imperfetta. Fuma, beve, fa un sacco di disastri. È una donna fragile, che ormai conosce come va il mondo e ha imparato a scendere a compromessi. È un’adulta che sa che non risolverà mai tutti i suoi problemi. Ecco, mi piaceva che riuscisse a comunicare questo messaggio: essere adulti non vuol dire essere perfetti, anzi significa accontentarsi dei frammenti, e provare a dare loro un senso”.

A un certo punto lei le fa dire: “Ero stanca di un sistema chiuso in cui ero relegata alla figura della cantante brava e bella da vedere, che canta quando deve cantare ma che deve pensare poco e parlare ancora meno”. Il mondo della musica che racconta nel romanzo è lo stesso in cui vive lei?
“Sono piuttosto privilegiata. Da quando ho iniziato la mia carriera sono sempre stata appoggiata e sostenuta, dalla mia famiglia e non solo. Ma so che esiste anche un’altra faccia della medaglia di questo mondo, e in parte ho voluto raccontarla. Ma ci tengo a ribadirlo, questa non è la mia vita altrimenti, l’avrei detto serenamente: questo è un romanzo autobiografico”.

E allora che cos’è?
“È un romanzo sulla complessità e contro la radicalità. Un romanzo che racconta in modo semplice e puro la storia d’amore tra due donne. Un romanzo di formazione per comprendere cosa significa diventare adulti e cosa significa amare anche i lati oscuri di una persona”.

Che cosa l’ha ispirata durante la fase creativa?
Storia di un corpo di Daniel Pennac. Ma anche il disco Persona di Marracash”.

Un altro passaggio che colpisce è questo: “Gli uomini normalmente non vanno a fondo quando usi ‘strano’. Dicono okay, avrai le tue cose. Dicono va bene, può succedere o, ancora peggio, ti dicono che ci sta. Non ho mai avuto uomini profondi al mio fianco nella vita. Mio padre non c’è mai stato, i primi baci del tutto inutili, la prima vera relazione è quella che oggi mi sta soffocando. Che ne so io degli uomini?”.
“La storia che racconto è quasi completamente al femminile. Certo c’è la presenza di un uomo, Claudio, ma è una figura passiva che si trascina, non ha slanci, è un inetto privo di un’individualità propria. Credo che gli uomini in questa storia non dovessero starci, volevo lasciare uno spazio solo per le donne, in cui le donne potessero esprimersi e realizzarsi”.

Quale libro c’è adesso sul suo comodino?
“Ho riletto recentemente Fai bei sogni di Massimo Gramellini, in occasione dell’uscita della nuova edizione aggiornata. È un romanzo che mi ha accompagnato durante l’adolescenza ed è stato strano rileggerlo, a dieci anni di distanza. Alcune parti ora non mi risuonavano come un tempo, mentre altre che non avevo compreso adesso hanno assunto un nuovo significato”.

E poi?
“In questo periodo leggo molto le poesie di Franco Arminio, mi rilassa e mi infonde speranza”.

Nel futuro pensa che si dedicherà a un nuovo libro?
“Per ora non lo so. Mi sto concentrando molto sulla musica. Ma non voglio precludermi nulla…”

“Il mio cuore è morto”, scrive a un certo punto nel suo romanzo. Cosa succede quando un cuore muore? E come si fa a reagire, a raccogliere i pezzi di un cuore in frantumi?
“La mia risposta può sembrare semplice, ma ci credo davvero. Quando un cuore muore non c’è niente da fare, non si può evitare. Bisogna avere il coraggio di attraversare il dolore, e accettarlo. Solo così si può andare avanti”.

Fotografia header: Credit foto: Andrea Bianchera

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