Da “Chi ha paura di Virginia Woolf?” di Edward Lee (regia di Antonio Latella) a “Avremo ancora l’occasione di ballare insieme” di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, passando per “Aucune Idée” di Christophe Marthaler e… alcuni consigli per rivivere l’esperienza unica e irripetibile del teatro, che nei casi migliori raggiunge picchi d’intensità e pregnanza che poche altre forme d’arte e di spettacolo possono eguagliare

In tempi ardui e defatiganti per tutti, ma in particolare per lo spettacolo (dal) vivo, ancora più forte si percepisce la componente effimera, unica e irripetibile del teatro. Esperienza che già di per sè esiste del momento e in presenza, spesso nell’economia labile di poche repliche, luogo per eccellenza della precarietà, che ne segna l’apparente debolezza mentre ne rafforza il fascino letteralmente insostituibile, la scena è minacciata ultimamente – per soprammercato – da prolungate chiusure, distanziamenti, sospensioni di programmazione e slittamenti al primo elemento di cast positivo.

Quello del teatro è un corpo sempre più difficile da incontrare e da abbracciare. Perciò urgente e necessario è trovare occasioni per farlo. Allora valga rispolverare il più trito dei refrain del marketing, che pur riecheggia il più nobile carpe diem, e con brutale e appassionata assertività, ricordarci (ché il memento mori è insieme invito a una vita più piena): approfittane ora!

Per scongiurare serrate, restrizioni, cancellazioni e rinvii, ammetto/premetto che tre delle produzioni di cui dico qui brevemente le ho già viste, in fortunate e un po’ fortunose trasferte, dunque sono consigli sentiti e fondati, per lo meno sul gusto e sul piacere personali, spettacoli che quasi sicuramente rivedrò, se e quando ne avrò l’occasione (passano tutti per Milano a breve). Gli altri due spettacoli che cito soltanto, sono comunque segnalazioni motivate da esperienze spettatoriali pregresse o giunte da consigli fidatissimi, frutto di quella preziosa solidarietà spettatoriale, fatta di passaparola, dritte all’orecchio e segnali sui social, che è uno dei doni della comunità resistente e avventurosa che ancora frequenta le sale.

Andare a teatro può essere una fatica notevole, una sofferenza urticante perfino, e uno spettacolo di un’ora, se brutto, retorico o banale, può sembrare davvero infinito, ma, quando invece il teatro funziona, diciamo così, con una formula sottilmente ineffabile e tautologica, e può garantirvelo chiunque frequenti qualche volta questi luoghi del passato zeppi di futuro, l’esperienza raggiunge picchi d’intensità e pregnanza che poche altre forme d’arte e di spettacolo possono eguagliare, se non altro perché il teatro se ne nutre con sinestetica potenzialità e inesausta voglia di sperimentazione. E quando avviene un incontro con uno spettacolo speciale (penso per me all’Hamlet di Antonio Latella la scorsa estate o al Faust di Giorgio Streheler, da adolescente), anche 6-7 ore su un trespolo di galleria del Piccolo Teatro Studio di Milano vi sembreranno l’opposto della tortura che potrebbero apparire, in effetti, in prima istanza. Ne vorrete ancora. Sospensione di scomodità. Un’esperienza, se vogliamo indulgere nel luogo comune (ma in fondo il teatro è un primo luogo comune), che lascia il segno.

Ma passiamo ad alcuni rapidi suggerimenti, di cui rivendico assoluta parzialità e soggettività. Eppure, dato che è noto che “lì dove c’è il pericolo cresce anche ciò che salva”, vi invito al contempo a seguire o disattendere queste indicazioni, ma soprattutto a osare e spaziare, cercare e sperimentare, seguendo naturalmente e scoprendo da soli il vostro gusto spettatoriale, esponendovi a performance, storie e visioni le più diverse, ché esistono tante forme, modi e accadimenti del teatro. Se non è con l’inatteso, come può del resto trattarsi di un vero incontro?

PAURA

Chi ha paura di Virginia Woolf? di Edward Lee; regia di Antonio Latella

Antonio Latella, nella sua versione del classico di Albee del 1962 (ritradotto con cura, precisione e sensibilità per l’occasione da Monica Capuani), apparentemente fa un passo indietro rispetto alla mano registica magistrale ed esplicita di La valle dell’Eden (da Steinbeck, visto all’Arena del Sole di Bologna, che meriterebbe tanto di girare ancora) e all’ammaliante rilettura personale di Hamlet, quasi una performance site specific per ottanta spettatori al Teatro Studio Melato di Milano, giustamente riconosciuto dal Premio Ubu e da molti spettatori come miglior spettacolo della scorsa stagione. Il suo uso dello spazio era lì stupefacente, e la scena della teoria dei costumi storici del Piccolo nel suo Amleto donna, durante consigli per una buona recitazione, una soluzione-abbraccio da pelle d’oca.

Qui, tornando all’America per via antirealistica, e rinnovando la collaborazione felicissima con la dramaturg Linda Dalisi, ecco nuovamente un classico prendere vita e potenza grazie a una lettura attentissima e libera, con una valorizzazione del testo ma senza alcuna acribia filologica o nostalgia archeologica. Latella esprime una creatività che si esercita nelle piccole scelte, momenti di luce, scelte di suono e di musica, soluzioni di prossemica e décor, un casting perfetto, e non è raro che le sue messe in scena favoriscano epifanie, inattese rivelazione pur all’interno di frequentati classici, di cui pare di sentire nuove eco per l’anima.

C’è, in questa versione, una scena di ballo/seduzione/provocazione/perdizione sulle note di Colors dei Black Pumas (2019), ad esempio, che, con geniale anacronismo, ti entra sotto la pelle, e non se ne va più.

Perché qui non si tratta affatto di mettere in scena Edward Albee in chiave superficialmente realistica o banalmente corretta, ma di farne materia viva e vibrante, e perturbante. E un regista così, insieme ad attori scelti con acume e diretti con disposizione feconda (Sonia Bergamasco perfettamente crudele e persa, Vinicio Marchioni determinante eppure impotente, Ludovico Fededegni e Paola Giannini precisamente e rispettivamente sotto e sopra le righe), coadiuvati dallo scavo alchemico-maieutico propiziato dalla Dalisi, producono esiti che fanno capire di che cosa è (ancora) capace il teatro.

In uno spazio rarefatto, sottilmente o apertamente lynchiano, vuoto e rinchiuso nel tempo della notte (un tardi che si traveste da presto), colorato eppure funereo per allusione, la paura (di guardarsi in faccia? di affrontare il proprio franare, la propria essenza insensata e sterile, l’incapacità d’amare, i lupi, ma quelli dentro?) prende corpo e forma nelle ombre, nella distanza rivelatrice e in una luce allucinata, in voce e lamento, battuta, ironia e risentimento, di un recitazione etilica ed ellittica (di bicchieri bunuelianamente vuoti e mancati) più vera del vero.

Visto uno spettacolo così vorrete anche voi chiedere ospitalità/asilo/residenza nello spazio scenico interiore stupefacente e sconvolgente di Latella/Dalisi.

1 – 2 marzo I Teatro Petrarca di Arezzo
4 – 6 marzo I Teatro Fraschini di Pavia
8 – 13 marzo I Teatro Ivo Chiesa di Genova
15 – 27 marzo I Piccolo Teatro Strehler di Milano
29 – 30 marzo I LAC – Arte e cultura di Lugano

LUCE

Avremo ancora l’occasione di ballare insieme di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini

Daria Deflorian e Antonio Tagliarini sono autori e attori di un personalissimo modo di fare teatro che merita il riconoscimento internazionale ottenuto in questi anni e il fatto che il loro repertorio viva come pochi altri nel tempo e non si esaurisca nello spazio di una stagione, o nei confini nazionali, in un continuo dialogo interno e col mondo che fa della loro opera un repertorio/oggetto/percorso/sistema insieme coerente e inesauribile, profondo e vivo, del quale mi innamorai qualche anno fa e che seguito a inseguire (perché, magicamente, mi sfugge ancora la sua essenza) con l’ossessione maniacale dello stalker, l’entusiasmo gioioso (e spero contagioso) della pon pon girl e le attese di un neo fidanzato adolescente. Come delle grandi cotte, non è semplice dire perché, ma se volete, in questi tempi bui, riflettere sul senso e il fascino del teatro (del teatro di parola e di domande?), scoprire come sia possibile toccare corde nascoste e scoprire prodigi luminosi (come quelli della ghost light) in una sala buia, Avremo ancora l’occasione di ballare insieme è una via d’accesso a questo modo unico di scavare a fondo (D/T impiegano mesi a produrre le loro apparentemente spontanee restituzioni), qui a partire dalle suggestioni di Ginger e Fred di Fellini. Conoscete questa coppia creativa unica. Fatevi un regalo e incontrate anche voi Defolrian/Tagliarini. Qui ho provato più diffusamente a dire che cosa del loro mondo mi ha conquistato, ma non perdete tempo e prenotate i biglietti.

20 – 23 aprile I Teatro Triennale di Milano

GIOCO

Aucune Idée di Christophe Marthaler

Oggetto non identificato del miglior tipo è anche il teatro surreale e giocoso, musicale e nonsensico del creatore e regista svizzero Chrsitophe Marthaler. Al festival FOG, in Triennale, ci sarà modo di assistere alla sua ultima provocazione: scordatevi una trama, si tratta più di situation comedy e slapstic, musica fatta con le parole e le cose. Su un pianerottolo sospeso fra Keaton e Beckett, il teatro di Marthaler si offre come un’esperienza che non ha equivalenti, comica e frustrante, assurda e illuminante, giocosa e coltissima. Qui, con un tentativo goffo e inadeguato di critica mimetica dell’oggetto, tento di darne conto: anche in questo caso, potete solo andare a vederlo per farvene una certa idea.

15 – 16 marzo I Teatro Triennale di Milano

TEMPESTA

La tempesta di William Shakespeare; regia di Alessandro Serra

Se avete visto il suo Macbettu, Shakespeare intensificato, trasfigurato e rivelato in sardo, sapete di che cosa parliamo, e della forza visionaria di questo regista. Alessandro Serra, da recuperare anche il suo sognante, magico e rarefatto Giardino dei ciliegi di Cechov, è assolutamente da non perdere di vista. Non si può dunque certo non correre alle Fonderie di Moncalieri a vedere come avrà deciso di illuminare, interpretare, ri-portare in scena e a galla, è il caso di dirlo, quel testo ultimo e seducente che è La tempesta shakespeariana.

15 marzo – 3 aprile I Fonderie Limone di Moncalieri (To)
5 – 6 aprile I Teatro Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia
28 aprile – 15 maggio I Teatro Argentina di Roma

RIPARO

When the Rain Stops Falling di Andrew Bovel; regia di Lisa Ferlazzo Natoli

Produzione ERT, premiatissimo agli Ubu, costretto a uno stop forzato due anni fa, torna uno spettacolo che, perduto l’attimo, ho molta voglia di vedere, perché me ne hanno detto un gran bene persone a cui voglio bene. E perché, per citare il Corvo, dovrà pure smettere di piovere. E il teatro/casa è anche un luogo, con le tante intemperie, dove ripararsi in tempi complicati.

3-4 marzo I Teatro Verdi di Pordenone
6 marzo I Teatro Comunale di Casalmaggiore (Cremona)
9 – 13 marzo I Centro Teatrale Bresciano di Brescia
18 – 20 marzo I Teatro Fraschini di Pavia
25 – 27 marzo I Teatro Galli di Rimini
29 marzo – 3 aprile I Teatro Franco Parenti di Milano
5 – 10 aprile I Teatro Bellini di Napoli
19 – 24 aprile I Teatro Stabile di Torino

 

 

 

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