Letterina irriverente al “Protagonista del Natale” che non s’atteggiava ad asceta, frequentava gente chiacchierata, a Cana di Galilea trasformò l’acqua in vino e non era neppure vegetariano. Tra appunti di bon ton, improbabili richieste di perdono e frecciatine verso le app dell’amore, un elogio buffo e controcorrente della religione materialista e sensuale per eccellenza: il Cristianesimo…

Caro Gesù Bambino,

sei proprio sicuro di voler tornare anche quest’anno? Non sarebbe il caso di prendersi un anno sabbatico? Se mi permetto di darti un consiglio è perché tu non mi sembri uno che se la tira, anzi. Altrimenti per nascere avresti scelto un hotel quattro stelle con Spa e non una mangiatoia poco confortevole con bue e asinello come riscaldamento.

Accipicchia, però. Ma come ti è venuto in mente di incarnarti? Altro che innovazione «degna di una start up», come dicono oggi di cose più banali e decisamente meno innovative della tua. Non mi pare che tu abbia copiato l’idea dagli dei greci e latini che ogni due per tre, come e quando gli faceva comodo, si rivestivano di sembianze umane più o meno tollerabili ai nostri occhi e facevano il loro ingresso nel mondo come re potenti e anche un po’ dispettosi tipo giudici di X Factor. Tu hai scelto di assumere non la sembianza ma proprio la natura umana. Senza perdere la tua, chiaramente.

Ma che bisogno avevi tu, che sei il Creatore, di farti creatura in tutto e per tutto cominciando con l’essere ovulo fecondato, poi grumo di cellule, poi via via differenziarti e diventare spina dorsale, cuore, fegato, polmoni, braccia e gambe, testa e cervello?

***

Altro che sobrietà. Qui bisogna stappare una bottiglia in più di spumante per brindare. Ecco, tanto per cominciare, ti chiedo di perdonare tutti quei moralisti che a ogni Natale squittiscono indignati contro il «Dio di tutte le cose buone sulla terra», come diceva Chesterton. Non sopportano, questi spiritualisti senza Spirito, le luci colorate, il presepe, l’albero addobbato, i pranzi succulenti, i regali, una bottiglia di vino in più, il panettone perché ingrassa, dicono. A meno che non sia bio, ovviamente. Sai, temo che molta gente abbia smesso di venire da te in chiesa per inginocchiarsi davanti al sesamo e alle radici di curcuma.

I moralisti del Natale, tra i quali ci sono anche molti cattolici, vogliono migliorare e spiritualizzare l’umanità perché non la amano. E non amano neanche se stessi. E confondono il Cristianesimo, la religione del Dio incarnato nata da un colpo di genio di tuo Padre, con uno di quei tanti culti disincarnati e anti sacramentali che disprezzano il corpo e la carnalità.

Niente, non hanno proprio capito che tu a Natale ti sei fatto carne, non spirito, e che qualche anno dopo, alle nozze di Cana, giusto per ribadire da che parte stavi, hai mutato l’acqua in vino e non il vino in acqua. Con buona pace di astemi e salutisti, varianti moderne del neo paganesimo.

Ai predicozzi di questi spiritualisti che fanno solo finta di celebrare la tua incarnazione preferisco Tommaso Moro: «Dammi, o Signore, una buona digestione / ed anche qualcosa da digerire. Dammi la salute del corpo / col buon umore necessario per mantenerla. / Dammi, o Signore, il senso del ridicolo. / Concedimi la grazia / di comprendere uno scherzo, / affinché conosca nella vita un po’ di gioia / e possa farne parte anche agli altri».

Va bene, ho capito. Se il mondo fosse perfetto tu non saresti venuto neanche duemila anni fa. «Nessuno è buono», hai detto una volta. Allora visto che ci sono e che tu tornerai anche quest’anno vorrei chiederti un po’ di cose.

C’è una parte dei tuoi che ha sequestrato il Vangelo e lo usa come una clava da brandire contro la povera gente. Non potresti dirgli di calmarsi un pochino come facevi con farisei e sadducei? Sai, queste persone si sono messe in testa di difendere Dio. Cioè te. Come se tu ne avessi bisogno! Pare che vogliano pure fondare il “partito di Dio”. A occhio non mi sembra gente di cui ci si può fidare. Organizzano crociate per mettere il presepe nelle scuole e quando parlano degli immigrati che arrivano a Lampedusa dicono cose così: «Non possiamo sparargli. Non ancora».

Un’altra parte dei tuoi che per mestiere o vocazione dovrebbe custodire il fuoco della tua Parola non solo ha spento il fuoco da un pezzo ma ora custodisce la cenere. Temo proprio che tu per loro sia diventato solo una scusa per parlare d’altro. Il bello è che nel fare questo s’atteggiano pure a maestri del senso comune, a moralisti un tanto al chilo. Vedendoli all’opera io non mi meraviglio di quelli che in chiesa non ci vanno più ma di quelli che ci vanno. E a far cosa? A sentire questi tromboni che hanno la stessa vitalità di un becchino nel camposanto? Poveretti, difendono l’Idea, non avendone una. Sono noiosi, sai. E ogni anno per il tuo compleanno ce li dobbiamo sorbire sempre noi.

II

Dunque, se ho capito bene il Natale esiste perché tu, Creatore, ti sei abbassato per innalzare noi, creature. «Benedetto l’Illimitato che si limitò». Non so chi lo dicesse, credo un padre della Chiesa, ma non è male come sintesi.

Se sei venuto per innalzare noi, allora potrai certamente perdonare quelle donzelle che si vestono male e si presentano ai matrimoni con le ballerine, senza tacchi, con l’abito sopra il ginocchio, addirittura con i leggings. E magari per accessorio scelgono improbabili collane color verde pisello che si trovano solo in qualche polverosa bacheca di ex voto o sulle bancarelle di Pontida. Ne vedo tante così, sai. E molte di loro vanno pure a messa! Non hanno afferrato la cattolicità profonda del tacco 12, della minigonna e del rossetto. Come faccio a farglielo capire? Mi dai una mano tu?

Il bello è che quando gli dici qualcosa si offendono pure. «Ma è solo un’etichetta», replicano impudenti. Hai detto niente. A parte che “etichetta” significa “piccola etica”, non vorrei che chi trascura l’abito finisca poi per trascurare tutto il resto. C’è qualcuno che regala l’anello o i fiori alla propria ragazza e lo avvolge nella carta del pesce? Se esiste è un chiaro indizio: meglio fuggire via e non sposarlo. D’altra parte, così ha inizio il male, come dice Amleto alla Regina madre mentre il ciambellano Polonio giace ucciso.

Glielo dici tu che a Natale ti sei incarnato perché nessuna di loro dimentichi di essere creatura e quindi non indossi pantaloni unisex e anfibi ma abiti o abitini, magari quelli vintage disegnati da Emilio Pucci, quelli irresistibili di Comptoir des Cotonniers o di Zadig & Voltaire? Io vado matto per quelli di Luisa Beccaria, per le sue ampie gonne a corolla, i cappelli di paglia, i bouquet floreali stampati su tessuti leggerissimi e quasi impercettibili, le bluse romantiche, i dettagli un po’ retrò. Fanno pensare all’eleganza di un’epoca lontana. E soprattutto mettono una voglia irresistibile di baciare chi li indossa.

Perdona, ti supplico, la mia amica Zelia. È timorata di Dio e cattolica fervente, però fa shopping in qualche improbabile discount. Non ho nulla contro queste griffe, sia chiaro, però costano poco perché altrettanto poco durano. E gli abiti devono essere un po’ come i monumenti e la fede: «espressione tangibile della permanenza», per dirla con le parole di uno che ne sa. Glielo dici tu che non si può anelare l’eterno restando inchiodati al trendy low cost?

E poi, lo sai cosa ha fatto al suo matrimonio? Ha intimato alle invitate di non indossare i tacchi e munirsi di scarpe basse per stare più comode durante il ricevimento. Ma ti rendi conto? Dopo le litanie dei santi, la benedizione del Papa e l’incenso, le havaianas!

Sai, sono un banale materialista io. Guardo l’abito, il trucco, l’acconciatura, mi rallegra una bella mangiata in compagnia. Dopotutto, non eri tu che ti sei fatto accarezzare i piedi dai capelli di Maria di Betania mentre i soliti farisei ti bofonchiavano contro? E non eri sempre tu che andavi a cena con gente chiacchierata, bevendo vino e mangiando pesce arrostito senza mai darti arie da asceta o da vegano?

Non ci posso fare nulla, gli spiritualisti mi puzzano di fregatura. Ho il sospetto che Satana sia un tipo molto spirituale sai, etereo, pauperista, snob, senza nessuna propensione per il materialismo banale.

Perdona quelli che quando gli chiedi cosa fanno nella vita ti rispondono: “organizzatore di eventi” oppure “networking”. Sono manager dell’ovvio, mi sa. Ma un evento mica si può organizzare? Innamorarsi non è forse un evento? E la nascita di un figlio? Mica sono cose che si organizzano queste.

Perdona, già che ci sei, anche Isabelle Tessier, la blogger teorica dello sharing fidanzamento. Sì, proprio così. Ha scritto pure un post, Voglio essere single, ma insieme a te che pare sia diventato un manifesto sentimentale. In pratica vuole fare la compagna a giorni alterni, come le targhe anti-smog. Dici che esagero? Ma no, leggi qua: «Voglio essere tua amica, la persona con la quale ami uscire e divertirti. Voglio che non perda il desiderio di flirtare con altre donne, ma che torni da me sempre, quando la serata volge al termine. Voglio qualcosa che sia, allo stesso tempo, semplice… ma non troppo. Voglio avere una vita da single, ma con te. Così la nostra vita di coppia potrà essere uguale a quella che abbiamo oggi, come single, ma vissuta insieme». Il bello è che spera pure di trovarlo, lo sharing fidanzato!

Perdona, se puoi, quelle donne che si sottomettono ai turni degli uomini conosciuti su Tinder. Sai cosa mi ha detto una mia amica una volta? «Ha molte donne che fa turnare», riferendosi all’amante trovato sulla cliccatissima applicazione per incontri. Già io m’innervosisco quando vado al ristorante in compagnia e devo mangiare in un’ora e diciotto minuti netti perché poi scatta il secondo turno (succede davvero, a Milano), figuriamoci se devo fare i turni con l’amante e andare a letto con una ragazza guardando l’orologio o il segnale di Tinder.

«È quasi eternità quel che vi promette l’amplesso», diceva Rilke. Ecco, appunto. E mica si può bramare l’eterno facendo di fretta? Peraltro non ho capito bene se alla mia amica le sia toccato il lunedì o il giovedì. Poverina, la dici tu una preghierina per lei? Non vorrei che di questo passo avesse ragione quel filosofo che diceva che «la destinazione della tecnica al dominio è la destinazione al tramonto dell’umanesimo».

Perdona quelli che credono che grazie alle app è possibile finalmente l’amore “sicuro e senza complicazioni”. Glielo dici tu che l’amore, per fortuna, non è come prenotare il taxi? E che non si può pianificare e organizzare attraverso una app o trafficando sui social network? Siamo uomini, quindi allegramente complicati. Ed è meglio che in queste cose qua resti un po’ di slancio romantico, il vento nei capelli, un mazzo di fiori, il brivido di non sapere come andrà a finire.

Perdona quelle ragazze che quando ti mollano se ne escono con frasi così: «Ho incontrato una persona» anziché dire: «Ho incontrato un uomo». Forse perché ormai un uomo, un uomo vero, si dà per scontato che non possa più esistere.

Perdona tutti quelli che si lamentano che non esistono più uomini e donne “normali” con cui uscire. Sono gli stessi che quando poi ne trovano uno o una se la fanno sotto e non vogliono rischiare. Forse aveva ragione il Poeta: «Una, dice l’amico al volante, / che valga starci insieme per sempre / non l’ho ancora trovata. / Tutte o quasi lo varrebbero, rispondo, / se lo valessi tu».

Perdona quelli che dicono che il peccato è la trasgressione di una legge, fosse pure quella divina. Confondono il peccato con il reato. Peccato è l’occasione non colta, la carezza non data, il bacio trattenuto, il rischio non corso, la palla rispedita al mittente. E la vita di palle decisive ne manda due, tre. Poi nisba. «Peccare non significa fare il male: / non fare il bene, questo significa peccare. / Quanto bene tu potevi fare! E non l’hai fatto: / non c’è stato un peccatore più grande di te». Pasolini, lui sì che c’aveva azzeccato!

Perdona, se non è troppo, quelli che ogni due per tre usano la parola “eccellenza”. Non ne posso più. Ma se persino tu, che sei figlio d’arte, hai deciso di farti carne ed esporti alle malattie e al freddo, alle persone moleste e alla morte, perché dovremmo considerarci eccellenti noi che non lo siamo proprio per niente? Glielo spieghi tu, ai crociati dell’eccellenza, che non siamo chiamati a oltrepassare la nostra finitezza ma ad abitarla?

Perdona, ti scongiuro, la mia amica Elena che l’altro giorno mi ha detto che «è ipocrita farsi i regali a Natale» e quindi lei non li fa a nessuno. Pensa di essere coerente e spiritualista, sai. Eppure, non mi risulta che a Betlemme i Magi arrivati dall’Oriente ti abbiano offerto la Pace nel mondo, l’Amore o la Verità ma concretissimi (e sensuali) oro, incenso e mirra.

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Come devo fare con la mia amica Francesca che dopo una delusione amorosa voleva prendersi un cagnolino? Glielo dici tu che, nonostante tutto, è meglio cimentarsi con i cuccioli d’uomo e lasciar perdere quelli di cane? Lo so, non di rado, quanto a quoziente intellettivo, stravincono i secondi, ma non è una giustificazione sufficiente per desistere con gli uomini. Non credi?

La mia amica Chiara, invece, non si decide a frequentare un uomo perché, mi dice, ha paura di «perdere la sua libertà». Glielo dici tu che l’amore è un rischio da correre prima che sia troppo tardi? Come faccio a convincerla?

E come devo fare con la mia amica Valentina che trasecola quando le dico che chi regge il mondo sono quelli che pregano? Lei non ci crede, sai. Le ho detto che la preghiera è l’unico antidoto alla superbia perché ci consente di capire esattamente chi siamo: una via di mezzo tra gli angeli e le bestie. E che gli uomini che non pregano o sono presuntuosi o sono disperati. E quindi, in entrambi i casi, pericolosi e capaci di tutto. Niente, non riesco proprio a convincerla. Dici che devo provare con una scatola di cioccolatini e un invito a cena? Lei pensa che occuparsi di start up, pierre e cose così salverà il mondo. Campa cavallo.

Perdonaci perché siamo diventati troppo aridi di noi stessi. Parliamo tutto il giorno di cibo e non mangiamo, di sesso e non lo facciamo, di emozioni e non ne conosciamo nemmeno una di quelle vere, di quelle che non c’entrano con la velocità della fibra ottica, con l’ultimo modello di iPhone o con il cibo bio.

Perdonaci perché avendo smesso di credere a te ormai crediamo a tutto. Chiamiamo «bomba d’acqua» una pioggia d’autunno, scorgiamo veleno nel cibo («la tracciabilità, la tracciabilità!») e pure nei vaccini, consideriamo i figli un diritto, ci illudiamo che la natura non toccata dalla chimica possa salvarci, scorgiamo pericoli ovunque: nei film che vediamo, nell’aria che respiriamo e nelle parole che adoperiamo.

Alla prossima. E buon Natale!

 

L’AUTORE – Antonio Sanfrancesco, salentino, classe 1984, è giornalista di Famiglia Cristiana. Si occupa di cronaca e temi religiosi. È convinto che l’abito faccia il monaco e detesta la sciatteria nel vestire…

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