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Addio al premio Nobel Dario Fo, artista controcorrente

Dario Fo, l'ultimo Nobel per la letteratura italiano

Era ricoverato da 120 giorni in ospedale, al Sacco di Milano. Si è spento a 90 anni e 7 mesi Dario Fo, l’ultimo premio Nobel per la letteratura italiano, proprio a poche ore dall’assegnazione del Nobel 2016.

Fo era nato il 24 marzo 1926 a San Giano, provincia di Varese, dove suo padre era capostazione. Diplomato all’Accademia di Brera, frequenta il Politecnico, ma scopre in fretta la vocazione per il teatro e per la satira.

Fotografia di Guido Harari, 1998

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Comincia a scrivere testi per la radio, poi debutta in scena con Franco ­Parenti e Giustino Durano. È l’inizio di una fortunata e lunga carriera che lo porterà, tra successi e censure, a venire rappresentato in tutto il mondo, con commedie politiche che attingono alla cultura popolare e alla cronaca di tutti i giorni.

Era legatissimo alla moglie Franca Rame, morta il 29 maggio 2013.

Nel 1997 ha ricevetu il premio Nobel per la letteratura. 

Ecco alcuni dei suoi libri:

Ci teniamo a riproporre qui di seguito gli “auspici per il mondo” che Fo scelse per ilLibraio.it due anni fa.

Auspico un mondo senza corrotti, corruttori e corruttibili. Dove la politica metta finalmente gli occhi e le orecchie a servizio degli italiani.
-Auspico un mondo dove le frontiere siano luoghi di incontro e non di respingimento, delle terre di mezzo dove le culture degli uomini possano abbracciarsi.
-Auspico un mondo in cui la legge serva a proteggere i deboli e gli oppressi, non a permettere ai potenti di opprimere sempre meglio chi non ha possibilità di difendersi.
-Auspico un mondo dove la cultura e il bello siano finalmente riconosciuti come gli unici valori che possono salvare l’umanità dall’abbruttimento e dall’inconsapevolezza.
-Auspico un mondo dove le religioni non siano più motivo di divisione e di guerra e gli uomini sappiano guardarsi negli occhi e confrontarsi serenamente, a prescindere dalle loro apparenti differenze e anzi facendone tesoro.
-Auspico un mondo dove la comunicazione sia il più possibile diretta e umana, e non che si approfitti della facilità con cui la tecnologia riesce a rendere più veloci le relazioni fra gli esseri umani per vendere con maggior scaltrezza e profitto spudorato.

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