Un noto autore televisivo, Giovanni Benincasa, per un libro che mette in scena la battaglia che molti combattono e quasi tutti perdono: quella con sé stessi quando si decide di smettere di fumare. Su ilLibraio.it un brano inedito dell’autore di “Smettere di F. – I deliri di un tabagista”

Nato nel 1960, Giovanni Benincasa ha fatto la storia della televisione italiana (e non solo), in particolare nella stagione d’oro di Raffaella Carrà. Ha lavorato, tra gli altri, con Fiorello, Fabrizio Frizzi, Gianni Boncompagni, Renzo Arbore, Teo Mammucari e Valerio Lundini.

Smettere di f. I deliri di un tabagista di Giovanni Benincasa

Ora arriva in libreria per Bompiani con Smettere di F. – I deliri di un tabagista, manuale ospitato dalla collana di testi umoristici “Amletica leggera“, diretta da Stefano Bartezzaghi. Un libro che mette in scena la battaglia che molti combattono e quasi tutti perdono: quella con sé stessi quando si decide di smettere di fumare.

Con chi ce l’ha Giovanni Benincasa? Che scrive: “Se io smetto di fumare, io ti odio in generale. Io ti odio a priori”. Eppure smette. Non smette però di interpellarci. Scrive a un tu che è la ragazza di cui è cotto, che è un nessuno, che sei tu che stai leggendo, che è lui che sta scrivendo. Qualcuno che non sa cosa sia fumare. “Tu riesci a leggere senza fumare?” gli chiede. “Dimmi tu come fai a mangiare, a passeggiare, a parlare senza una sigaretta in mano”. Eh già, perché “la sigaretta, per me, è il sesto dito”. Ma bisogna smettere. Come si farà?

Questo manuale insegna che innanzitutto bisogna decidere. E poi bisogna dirselo, ma non proprio del tutto. Conoscere spacciatori di animali esotici aiuta. Istituire una cerimonia occorre. Sapere che sei tu che manchi alla sigaretta può sorprendere ma, giura l’autore, è la verità. La vita è quello che succedeva mentre stavi fumando, è quello che succede ora mentre di fumare hai felicemente smesso. Ma di ridere, con Benincasa, non si smette…

Giovanni Benincasa foto di Alessio Viola

Giovanni Benincasa (foto di Alessio Viola)

Per gentile concessione dell’autore, su ilLibraio.it un suo testo inedito:

Per spiegartela bene, questa teoria delle mode e dei flussi, voglio rivelarti un fatto non da tutti conosciuto. È lo “strappo” che fece Bruno (nome di fantasia) a un altro tipo di intervallo sociale. Sempre, sempre, legato al fumo.

Bruno era un tizio di 43 anni che verso la fine degli anni Ottanta, in un Cinema di Roma, a pochi secondi dalla fine del Primo Tempo, senza un motivo che giustificasse questa sua azione, si alzò per andare dal ragazzo dei popcorn e dei gelati che stava in fondo alla sala, al buio. Quel ragazzo dei gelati si chiamava Mariello e aspettava che si accendessero le luci per passare lungo i corridoi della platea con la sua cassetta di bibite e di gelati, di popcorn e di caffè nel termos, come per tradizione da decenni aveva fatto lui, suo padre, suo nonno, suo bisnonno, dall’invenzione del Cinematografo.

Invece Bruno, per la prima volta nella vita, lo anticipò.

Ti giuro: Bruno si alzò e uscì dalla sua fila che il film era ancora in proiezione, si alzò cioè che era ancora buio in sala.

Ti ripeto: buio.

Quando finì il Primo Tempo e si accesero le luci, il pubblico, ancora seduto, vide che uno (cioè Bruno) stava già comprando un caffè dal bibitaro, in piedi, sul fondo della platea. E che un altro s’era già messo dietro di lui. E poi un altro ancora. E che insomma si era già creata una fila di cinque persone. Anzi, anzi. Le persone erano diventate otto e adesso, guarda te che storia incredibile, si erano accodati in dodici.

Dopo quella incauta iniziativa di Bruno prima dell’Intervallo, nessuno del pubblico rimase mai più seduto ad aspettare il ragazzo dei gelati: gli spettatori che volevano un cornetto si alzavano, a uno a uno, andavano in fondo alla sala e si mettevano in fila.

Lo fecero da quel giorno lì. E per parecchi anni.

Di questo “strappo” se ne discusse molto, all’uscita del Cinema, soprattutto nei primi periodi. La gente fumava sigarette liberatorie facendo lunghe boccate di rabbia: «che infamata» dicevano «che infamata strappare la tradizione di Mariello mettendosi in fila». E a Bruno, aspirando e risoffiando nuvole dalla bocca, fu salvata la vita.

Negli anni, sono arrivate le Multisala. Alcune grandi, altre con  vergognosi schermi da box auto. I gelati, le bibite e i popcorn venivano spesso venduti all’esterno delle platee.

Bruno, se vive ancora, sarà molto vecchio. Lui è la dimostrazione pratica che nella vita, se ti va di “alzarti”, se davvero ti va di fare il capofila, o il pastore, qualcuno ti viene sempre dietro. Nel tempo può diventare un cane, una mandria, un gruppo o un popolo. Però devi avere delle cose da dire, secondo me. O da cantare.

Bruno invece non aveva niente da dire. Voleva un caffè e lo voleva subito. Perché dopo il caffè voleva uscire a fumare e prima di fumare voleva “acconciarsi” la bocca: la voleva cioè preparare per godersela meglio, la sua sigaretta. Un capriccio, dai. E questo succede spesso, mannaggia. Succede che tu pensavi di essere dietro a un flauto magico e scopri di essere stato dietro a un cannolo.

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Fotografia header: Giovanni Benincasa, nella foto di Alessio Viola

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