Lo Xenofemminismo è “una forma di femminismo tecnomaterialista, antinaturalista e abolizionista del genere”, scrive Helen Hester, tra le fondatrici del collettivo femminista Laboriamo Cuboniks, nel saggio omonimo. E propone visioni “aliene”… – L’approfondimento

“Lo xenofemminismo deve insistere su una concezione necessariamente collettiva dell’agentività politica, e dunque su una concezione apertamente e intrinsecamente coalizionale della politica emancipatoria”, scrive Helen Hester, tra le fondatrici del collettivo femminista Laboria Cuboniks, in Xenofemminismo (Not, traduzione di Clara Ciccioni).

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Nel saggio – che continua il lavoro iniziato con Xenofeminism: A Politics for Alienation firmato dal collettivo Laboria Cuboniks (composto da Amy Ireland, Diann Bauer, la stessa Helen Hester, Katrina Burch, Lucca Fraser e Patricia Reed) – Hester analizza un possibile futuro femminista in un mondo sempre più tecnologico e globalizzato. A partire dal passato e dal femminismo degli anni Settanta, Hester, che insegna teoria dei media e della comunicazione alla University of West London, tratteggia il domani dello xenofemminismo, “una forma di femminismo tecnomaterialista, antinaturalista e abolizionista del genere”.

Antinaturalista perché contesta i limiti biologici. A partire dal binarismo di genere. Lo xenofemminismo, infatti, è intersezionale: critica il femminismo storico che si è occupato del corpo della donna, immaginato solamente bianco, cisgender e non-disabile. Ed è ibridato da decenni di attivismo queer.

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Dal femminismo degli anni Settanta, del DIY e dalle esperienze di autogestione del corpo – a partire da tecnologie come lo speculum, fino alla pratica dell’estrazione mestruale – trae “quattro principi fondamentali: l’aggiramento dei gatekeeper, il repurposing, la scalabilità e l’intersezionalità”. Infatti, il difficile accesso a cure mediche da parte di alcuni gruppi, come da parte della comunità trans*, impone una serie di nuove soluzioni, che riportano all’auto aiuto e a spostare l’attenzione dall’individuo alla comunità che lo circonda. E, come scrive Helen Hester, “il risultato è un femminismo tecnologicamente alfabetizzato e ri(propositivo) che si rivolge ai bisogni sanitari specifici delle persone, anziché a un’idea di genere naturalizzata e dicotomica”.

Helen Hester muove anche un’aspra accusa al futuro visto attraverso la “figura del Bambino come icona della propagazione di valori razzisti, eteronormativi e di classe”. Il Bambino – inteso come idea platonica proposta da numerose campagne che mirano a promuovere visioni futuribili – viene spesso usato come portavoce di valori e significati che però rispecchiano una società volta unicamente alla procreazione e a una concezione eterosessuale e binaria. Oltre che razzista: perché, come scrive Hester, il Bambino raffigurato in questa propaganda è sempre bianco.

Spazio nel saggio viene dedicato alla riproduzione: al paradigma della donna come portatrice di vita da mitizzare nel contesto di una famiglia-coppia eterosessuale, e quindi capace di generare autonomamente una prole, Hester contrappone il “generare parentele…come un riorientamento dei vincoli genetici e non genetici, un modo di privilegiare la xeno-ospitalità rispetto e in contrapposizione sia al controllo della popolazione sia al futurismo riproduttivo naturalizzato”.

Non a caso, davanti a femminismo, Laboria Cuboniks introduce xeno-, termine che in greco antico significa straniero e già Omero usava con l’accezione di ospite, amico straniero. In questo modo la visione proposta da Hester, da un lato va a sottolineare l’identità aliena del movimento, dall’altro amplia l’idea di comunità, aperta (come le strutture e le tecnologie open source che promuove e di cui si fa utilizzatrice) e inclusiva. In contrapposizione con l’individualismo promosso dal capitalismo e dalle politiche xenofobe.

La versione del futuro vista attraverso le lenti di Laboria Cuboniks e di Helen Hester è colta e tecnologica, ma è anche attenta a quelle realtà in cui la famiglia nucleare non può esistere, e risponde a problemi distruttivi come la crisi che stiamo vivendo con proposte “aliene” e rivoluzionarie.

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