“Non illudano piccoli spostamenti in più o in meno. In assenza di cambiamenti (e in particolare di innovazioni tecnologiche o di innovazioni nei modelli distributivi), difficilmente il mercato ebook tornerà a crescere a breve termine con i ritmi che qualcuno si aspettava”. Su ilLibraio.it torna la rubrica di Gino Roncaglia, tra i massimi esperti italiani di editoria digitale, con un bilancio approfondito del 2015 e alcune previsioni per l’anno appena iniziato. Nella sua lunga analisi spazio, tra le altre cose, per la mancata affermazione degli abbonamenti a pacchetto e per l’ascesa (oltreoceano, per ora) degli audiolibri. Ma si parla anche di ‘self-fanfiction’, realtà virtuale e giornalismo immersivo…

Editoria digitale: da un anno all’altro, seduti sullo scalino
(con qualche novità in vista)

Per il post di inizio anno mi ero ripromesso qualche riflessione sull’andamento del mercato editoriale (in particolare – ma non solo – in ambito digitale) nel corso del 2015 e qualche previsione sul 2016. Poi il mese di gennaio si è rivelato particolarmente denso di impegni e l’articolo che state leggendo è slittato a inizio febbraio. Un po’ tardi per bilanci e previsioni, forse; ma nonostante il ritardo ci sono tre argomenti che mi spingono a rispettare comunque il proposito iniziale: in primo luogo, qualcosa avevo già cominciato a scrivere e sono troppo pigro per ripartire da zero; in secondo luogo, in questo modo ho il vantaggio di poter scrivere tenendo conto di bilanci e previsioni già proposti da altri; infine, come sa bene chi ha avuto occasione di leggere gli altri articoli che ho scritto per ilLibraio.it, in questa sede l’eccessivo rispetto per forme e convenzioni è programmaticamente messo da parte. Anche in questo caso, dunque, aspettatevi impressioni, esperienze e letture soggettive anziché analisi formali e paludate.

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Seduti sullo scalino

Partiamo dunque da uno dei temi-chiave che tornano in molti fra i bilanci del 2015: un mercato digitale sostanzialmente statico se non addirittura in lieve arretramento, almeno per quanto riguarda gli ebook, a fronte di qualche segnale di ripresa del mercato cartaceo. Una novità inaspettata e sorprendente, come vuole una certa vulgata giornalistica (ecco uno dei tanti esempi)? Per nulla. Il fatto che la crescita del mercato ebook non sarebbe stata lineare e travolgente ma ‘a scalini’ era largamente prevedibile (io stesso ho avanzato questa tesi in diverse sedi e in tempi non sospetti, ad esempio nel supplemento ‘Alfalibro’ di Alfabeta del maggio 2012). E ci sono almeno tre motivi per i quali, oggi, gli ebook sono fermi sullo scalino:

-Innanzitutto – ed è il motivo più generale – dal punto di vista delle funzionalità offerte, l’ebook rappresenta certo un’innovazione rispetto alla carta stampata e consente di fare (molte) cose che su carta non si potevano fare, ma nel contempo è erede a pieno titolo della tradizione della cultura del libro, che è sempre stata una cultura anche tecnologica. Da questo punto di vista l’ebook non è affatto un medium ‘esplosivo’ capace di conquistare rapidamente un territorio prima non presidiato; non è dunque paragonabile, per intenderci, né alla radio, né alla televisione, né a internet, tutti media che al loro apparire erano caratterizzati dal fatto di veicolare contenuti radicalmente nuovi rispetto al passato, in forme altrettanto radicalmente nuove. D’altro canto, l’ebook non è neanche un medium totalmente ‘sostitutivo’ (come il personal computer rispetto alla macchina da scrivere, o il CD rispetto alle audiocassette e – almeno in parte – ai dischi di vinile): molte caratteristiche della lettura su carta – dalle annotazioni a matita all’individualità del supporto fisico, dalla carta effettivamente bianca (e non grigiolina come l’e-paper) alla facilità di scambio della copia acquistata –sono solo parzialmente replicate o replicabili nell’ecosistema della lettura digitale. È semplicemente realistico riconoscere che la lettura digitale ha oggi vantaggi ma anche svantaggi (e comunque differenze importanti) rispetto alla lettura su carta: il singolo lettore potrà dar più peso ai vantaggi o agli svantaggi, e spesso – se è saggio – praticherà a seconda della situazione entrambe le forme di lettura, ma è evidente che almeno per ora non si trova nella situazione di chi all’inizio degli anni ’90 abbandonava senza alcun rimpianto (e senza troppe riflessioni) le audiocassette per i CD. Era insomma facile prevedere che la crescita incontrastata dei media ‘esplosivi’ e di quelli ‘sostitutivi’ non si sarebbe applicata all’ebook.

-In secondo luogo, l’ecosistema della lettura digitale è ancora diviso in due famiglie di tecnologie fra loro assai diverse: i lettori basati su carta elettronica e inchiostro elettronico (che cercano di offrire, senza riuscirci del tutto, una esperienza di lettura il più vicina possibile a quella tradizionale, ma sono oggi tecnologicamente ancora del tutto inadeguati rispetto a possibili integrazioni multimediali del contenuto), e la famiglia a sua volta assai composita che vede insieme tablet, smartphone e PC, certo più adatti a contenuti arricchiti ma con i limiti dei display retroilluminati (scomodi sotto la luce diretta) e pensati in primo luogo per funzionalità diverse dalla lettura. In questa situazione, mancano stimoli di mercato alla sperimentazione nel settore degli ebook arricchiti (che sembra quasi fermo) e domina la ricerca della massima compatibilità, che si traduce nel calco più banale del modello cartaceo.

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-Infine, i modelli commerciali di distribuzione e quelli di protezione dei diritti (DRM) sono a loro volta fermi o quasi: a livello di DRM le protezioni forti sono preferite da quasi tutti i maggiori editori, in Italia e all’estero, rispetto a meccanismi più comodi per l’utente ma percepiti come insicuri, e il risultato è che molte operazioni che sarebbero o dovrebbero essere banali (come la continuità dell’esperienza di lettura da un dispositivo all’altro) diventano frustranti e complesse. Una novità sarebbe potuta venire, a livello di modelli distributivi, dagli abbonamenti a pacchetto. Ma anche in questo caso, come vedremo fra un attimo, il 2015 è stato piuttosto deludente, e le prospettive 2016 non sembrano molto migliori.

Lo scalino ha altezze diverse in situazioni diverse: negli USA corrisponde più o meno (a seconda dei metri usati, che possono variare anche molto) al 25-30% del mercato; da noi è certo più basso, fra il 5% e l’8-9% (anche qui, sulla base di criteri di misura che possono essere molto diversi). Ma scalino è: non illudano piccoli spostamenti in più o in meno, in assenza di cambiamenti (e in particolare di innovazioni tecnologiche o di innovazioni nei modelli distributivi), difficilmente il mercato ebook tornerà a crescere a breve termine con i ritmi che qualcuno si aspettava.

Le case editrici non sembrano preoccuparsene troppo: i numeri più rilevanti continuano a venire dal cartaceo, e in fondo lo scalino digitale non dispiace: è percepito come un modo per rallentare (o, nelle speranze di qualcuno, evitare) cambiamenti tutt’altro che indolori. Ma non è affatto detto che lo scalino faccia davvero bene agli editori tradizionali: se le quote complessive del mercato ebook restano ferme, all’interno di questa nicchia ancora abbastanza limitata di mercato qualcosa si sta indubbiamente muovendo: guadagnano spazio il self-publishing e l’editoria indipendente, avvantaggiati da prezzi più bassi e meccanismi DRM meno invasivi. Questo significa che i lettori che presidiano la frontiera digitale cominciano a guardare, anche a livello di offerta di contenuti, in direzioni diverse rispetto ai lettori abituati alla carta. Un fenomeno che non dovrebbe essere sottovalutato.

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Abbonamenti a pacchetto: ancora troppo presto?

A inizio 2015 la grossa novità era rappresentata dai modelli di abbonamento a pacchetto, e in particolare da Kindle Unlimited (lanciato negli USA a luglio 2014 e progressivamente esteso ad altri paesi, Italia compresa). A un anno di distanza, l’impressione è che la novità rappresentata dagli abbonamenti a pacchetto si sia in parte sgonfiata: Amazon, al solito, fornisce pochi numeri, ma sembra abbastanza chiaro che almeno per ora il modello non abbia riscosso il successo sperato.

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Non possiamo però concludere che il modello rappresentato dagli abbonamenti a pacchetto non funzioni: piuttosto, non funzionano offerte troppo limitate, che lasciano fuori molti fra gli autori e gli editori più noti. Amazon ha puntato sui numeri più che sulla rappresentatività: non l’ha fatto per scelta (avrebbe sicuramente preferito avere un’offerta più rappresentativa), ma la decisone dei grandi editori di restare alla finestra non è ingiustificata: i modelli di abbonamento a pacchetto hanno infatti il problema di sostituire, nel determinare la redditività del libro per l’editore, la lettura effettiva al desiderio di lettura che guida tradizionalmente i nostri acquisti di libri (e di ebook). Ma gli editori vivono di lettori forti, e del carattere spesso velleitario dei loro acquisti: l’idea di essere pagati (anche se di più) solo per le pagine effettivamente lette li preoccupa molto, e probabilmente a ragione: il mercato editoriale trova i suoi equilibri – non facili – grazie al fatto che vengono comprati molti più libri di quanti non ne vengano effettivamente letti; scardinare questo meccanismo vuol dire mettere in discussione questo equilibrio, ed è comprensibile che prima di fare un salto del genere si cerchi di essere sicuri che non si tratti di un salto nel buio.

Insomma, al momento gli abbonamenti a pacchetto non offrono abbastanza al lettore (in termini di rappresentatività, non di quantità), e lasciano perplessi gli editori. Eppure, per molti versi, si tratta di una prospettiva che sul lungo periodo pare quasi obbligata: l’‘acquisto’ di un ebook corrisponde in realtà, come sappiamo, all’acquisto di una licenza d’uso, e ‘giocare’ sulle diverse forme di licenza anche attraverso formule forfetarie corrisponde a sviluppi ben conosciuti e praticati in altri settori (dalla musica ai contenuti video). L’integrazione all’interno di offerte via via più ampie di consumi culturali diversi sembra prima o poi quasi inevitabilmente destinata a coinvolgere anche i libri.

Di abbonamenti a pacchetto, dunque, si continuerà a parlare. E vale la pena notare che uno dei modelli più interessanti viene proprio dall’Italia: l’incontro fra digital lending bibliotecario e abbonamenti a pagamento individuali sperimentato da MLOL+, che paradossalmente – pur nei limiti del panorama editoriale italiano – riesce a proporre un’offerta assai più rappresentativa di quella proposta da Kindle Unlimited, e allargata anche a uno dei principali quotidiani nazionali (Il Corriere della Sera, anche se solo per 4 giorni la settimana). È difficile fare ipotesi sull’effettivo successo di questo modello: da un lato, la nicchia dei lettori digitali in Italia è probabilmente ancora troppo ristretta per permettere grandi numeri; d’altro canto, il modello ha il vantaggio di ‘innestarsi’ come opzione aggiuntiva su un sistema nato per altri scopi (il prestito digitale bibliotecario [1]), e risulta dunque più facilmente sostenibile. Il rischio è che un eventuale successo del modello, per ora visto dagli stessi editori in primo luogo come un esperimento, porti a richieste economicamente più onerose: uno dei settori da seguire con più attenzione nel 2016 sarà dunque proprio quello, apparentemente ‘specialistico’ dell’e-lending bibliotecario e dei suoi collegamenti con abbonamenti a pacchetto individuali.

Tre tendenze d’oltreoceano

Se guardiamo ai bilanci 2015 proposti a livello di mercato editoriale USA [2], troviamo spesso riferimenti a tre fenomeni tra loro assai diversi ma tutti interessanti.

Innanzitutto, l’espansione travolgente che in questi mesi sembra caratterizzare il mercato degli audiolibri. Per moltissimi lettori d’oltreoceano è l’audiolibro, più che l’ebook, a essere sinonimo di lettura in mobilità.

In Italia gli audiolibri sono assai meno popolari, ma sarà molto, molto interessante vedere se nel 2016 saremo toccati anche noi dall’onda lunga di questo fenomeno. Personalmente, spero di sì: gli audiolibri, per chi si abitua a usarli, hanno un fascino enorme e permettono un viaggio all’interno del testo spesso diverso (e non meno approfondito) di quello possibile attraverso la lettura tradizionale. Viaggio parecchio, in macchina ho sempre un audiolibro a portata di mano, e nel 2015 ne ho ascoltato una decina, fra i quali almeno tre mi sono piaciuti davvero molto: la magistrale lettura del Pasticciaccio di Gadda ad opera di Fabrizio Gifuni (Emons audiolibri), Grandi ustionati di Paolo Nori (Marcos y Marcos – Paolo Nori è uno di quegli autori che è indispensabile sentir leggere a voce alta almeno una volta, se si vuole entrare davvero nei i suoi libri) e soprattutto il vero e proprio tour de force rappresentato dalla lettura integrale de I Miserabili ad opera di Moro Silo (Il Narratore – il cofanetto del 2009, ma è possibile acquistare anche la versione MP3 scaricabile): 60 ore e 14 minuti di lettura, che mi ha accompagnato per cinque mesi buoni (mi sono scoperto più volte seduto nella macchina ferma, dopo aver parcheggiato, per aspettare la fine di un capitolo o di un passaggio del libro…).

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Se non avete mai ascoltato un audiolibro e siete spesso in viaggio, provate: un minimo di costanza iniziale viene poi abbondantemente ripagata. Senza contare che gli audiolibri permettono di tenere allenate le lingue straniere: il mio audiolibro inglese del 2015 è stato The FryChronicles di Stephen Fry, e valeva decisamente la pena (ne esiste anche una versione in forma di enhanced ebook, il testo è adattissimo a essere integrato da contenuti multimediali, e so già che sarà uno dei miei prossimi acquisti).

Secondo fenomeno, che ha fatto molto discutere: i libri da colorare per adulti. Ok, personalmente qui sarei portato ad alzare le mani e passare ad altro (sarà anche rilassante, ma solo l’idea di passare tempo a colorare un elaboratissimo disegno fatto da altri mi innervosisce…). E tuttavia c’è qualcosa di interessante anche qui: libri su cui agire. Parlando di ebook aumentati, ho sentito spesso l’obiezione secondo cui in un libro ci si deve in primo luogo immergere, e che non è naturale ‘fare delle cose’ con/su un libro. Il successo dei libri da disegnare – ovviamente tutt’altro che digitali, eppure in qualche misura ‘tecnologici’ (anche il disegno presuppone le sue tecnologie, in forma di matite colorate, pennelli, pennarelli…) – suggerisce che non sia sempre e necessariamente così. Ma sono poi libri, i libri da disegnare? Anche questa sarebbe una discussione interessante…

Infine, terza tendenza, la ‘self-fanfiction’: un autore crea un universo narrativo, e poi, anziché proseguirlo in forma tradizionale, lo esplora attraverso variazioni: variazioni di punti di vista (E.L. James riscrive Fifty Shades of Grey dal punto di vista di Christian, S. Meyer riscrive Twilight invertendo il genere dei protagonisti…), variazioni di codice comunicativo o di formato (J.K Rowling scrive un pezzo teatrale basato sull’universo narrativo di Harry Potter): tutte sperimentazioni tipiche della fan fiction, che sono entrate fra le pratiche adottate da molte scuole di scrittura più o meno creativa e che ora vengono in qualche misura ‘assorbite’ dagli stessi autori. Fenomeno interessante, indipendentemente dalla qualità dei testi di partenza e di arrivo (infima nel caso di Fifty Shades e di Twilight). Anche in questo caso, l’impressione è che il mondo degli ebook aumentati offrirebbe una palestra magnifica per sperimentazioni non meno interessanti.

(No, non credo che il 2016 sarà finalmente l’anno degli ebook aumentati: prima bisogna superare la divisione delle due famiglie di dispositivi di lettura. Ma prima o poi ci si arriverà.)

Per finire: realtà virtuale e giornalismo immersivo

Lascio per ultimo un accenno a un fenomeno che mi sembra per certi versi il più interessante degli ultimi mesi del 2015, e di cui credo sentiremo molto parlare nel 2016: la diffusione dei sistemi ‘economici’ di realtà virtuale basati sull’uso degli smartphone di ultima generazione assieme a ‘montature’ di cartone o di plastica che permettono di usarli come occhiali-visori. Se non sapete di cosa sto parlando, date un’occhiata a questo articolo del Guardian. Due mesi fa, il New York Times ha distribuito gratuitamente ai suoi abbonati un milione di Google cardboard, la versione Google della scatoletta-visore (costano una decina di euro), e ha aperto una intera sezione del proprio sito a contenuti e servizi in realtà virtuale. L’idea è quella del giornalismo immersivo: lo spettatore è posto al centro di un ambiente che può esplorare guardandosi intorno in tutte le direzioni: davanti, dietro, a destra, a sinistra, in alto, in basso.

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Il NYT ha realizzato servizi di questo tipo su temi di grande attualità giornalistica, dagli attentati di Parigi ai campi di migranti, e il risultato è sicuramente assai suggestivo. Le montature di cartone o di plastica usate per ‘guardare’ il campo visivo creato dallo smartphone sono scomode e ingombranti, ma bastano a intuire che queste sperimentazioni avranno un futuro. Intanto, i vari ‘App store’ Apple e Android si stanno riempiendo di applicazioni dedicate a questa forma ‘casalinga’ di realtà virtuale.

I libri c’entrano poco? Non è detto: in fondo, quel che suggerisce il NYT (e va sottolineato che a fare questo passo è stato un giornale, cioè un soggetto editoriale tutto sommato tradizionale) è che il telefonino possa essere usato come una sorta di ‘second screen’ non solo da parte dei fruitori di contenuti strettamente televisivi (rispetto ai quali l’idea di ‘second screen’ è stata inizialmente elaborata) ma anche da parte dei lettori di un giornale cartaceo. E l’idea di libri ed ebook ‘aumentati’ non solo attraverso l’inclusione diretta di contenuti multimediali ma anche attraverso l’uso del ‘second screen’ rappresentato dallo smartphone o da dispositivi di realtà virtuale non manca di interesse.

[1] Su questo tema si veda il vol. 33 ( 2015) – novembre di Biblioteche Oggi, che comprende anche un mio articolo introduttivo, scaricabile su Biblioteche oggi.

[2] Si veda ad es. l’articolo di Alexandra Alter Looking back at 2015 in Book Publishing, pubblicato dal New York Times.

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