Tra le stanze silenziose di una casa olandese degli anni ’60, Isabel vive senza rumore, finché l’arrivo di Eva – viva, luminosa, ambigua – incrina ogni sua convinzione. “Estranea” di Yael Van Der Wouden, libro premiato e acclamato da pubblico e critica, esplora il fragile confine tra solitudine e desiderio, tra controllo e caos emotivo. Un romanzo sui sentimenti tipicamente più umani: sul perdono, sulla potenza dell’amore che non chiede permesso e non risparmia nessuno, e sul vuoto che è in grado di lenire. Senza dimenticare le ombre del passato, legate alla Seconda Guerra Mondiale…

Che cos’è la gioia?

Un cane che rincorre il bastone, un abbraccio fraterno, una storia d’amore giovanile, forse? Ma se il cane muore di tumore dopo pochi anni, se l’abbraccio viene interrotto dai fischi degli aerei e dal fumo delle bombe, se un giorno ci si sveglia e non si ama più, quella gioia momentanea – quegli attimi, minuti, anche gli anni – vale tutto il dolore che lascia e che si spalma su un tempo disperato e interminabile? Che valore ha “una felicità che lascia dietro di sé un cratere grande il triplo del suo impatto”?

copertina libro Estranea

Su tutto questo si interroga Isabel quando Eva, spudorata, le chiede “non c’è niente che ti dia gioia, Isabel?”. E su tutto questo Estranea di Yael Van Der Wouden (edito da Garzanti, nella traduzione di Roberta Scarabelli), spinge chi legge alla riflessione, pagina dopo pagina.

Gioia, dolore, il vuoto gelido della solitudine e il colore che un tocco può portare a chi toccato non è stato mai: romanzo dal carattere ibrido – storico nel suo scheletro, rosa nel suo nucleo e bildungsroman sempre – Estranea è uno scrigno di emozioni e sentimenti umani.

Da districare, certo, come da districare sono le collane e i bracciali che si gettano alla rinfusa nel portagioie sopra il comodino. Ma sciolti i nodi e sbrogliati i fili, quello che emerge è il ritratto di un’umanità fragile e ferita, affamata d’amore.

Paesi Bassi, 1961. Isabel non sa che cosa sia la gioia, ma è sicura che questa parola, gioia, sia quanto di più simile c’è alla sua casa – la casa di sua madre – tenuta in ordine, silenziosa e pulita. Il suo rigore è maniacale e il suo desiderio di solitudine, imposto e ormai abituale, traccia una linea di separazione netta tra la casa, il suo unico vero posto nel mondo, e il resto della civiltà.

Isabel non conosce l’amore, non sa che cosa sia il calore di una mano che sfiora la pelle.

Scopri il nostro canale Telegram

Seguici su Telegram
Le news del libro sul tuo smartphone

Ogni giorno dalla redazione de ilLibraio.it notizie, interviste, storie, approfondimenti e interventi d’autore per rimanere sempre aggiornati

Inizia a seguirci ora su Telegram Inizia a seguirci ora

In quella casa, che vent’anni prima aveva protetto lei e i suoi fratelli dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale, ogni dettaglio deve essere sotto controllo: il servizio di porcellana lucidato, le posate contate e allineate, il rabarbaro raccolto in giardino con cestino e forbici. È l’arrivo di Eva, la fidanzata del fratello, a incrinare quell’equilibrio immacolato, a sottrarre il silenzio di Isabel e a restituirglielo in forma di musica. Eva è l’opposto di Isabel: è vivace, appariscente, inafferrabile.

Le sue risate riecheggiano tra le pareti della casa e le scuotono di una vitalità che sfinisce Isabel, la devasta, la destabilizza. Dopo Eva, niente nella vita di Isabel è più come prima. Eppure, c’è qualcosa in quella ragazza che impone di rimanere vigili, di non abbandonarsi completamente a quel calore che prima non c’era e che ora irradia di luce ogni stanza. Un segreto si fa strada tra l’armadio, il secrétaire in legno e le pareti di quella villa, che non sono silenziose come Isabel le aveva sempre considerate.

Yael Van Der Wouden nella foto di Roosmarijn Broersen

Yael Van Der Wouden nella foto di Roosmarijn Broersen

Scopri le nostre Newsletter

Iscrizione alla Newsletter
Il mondo della lettura a portata di mail

Notizie, approfondimenti e curiosità su libri, autori ed editori, selezionate dalla redazione de ilLibraio.it

scegli la tua newsletter Scegli la tua newsletter gratuita

Vincitore del Women’s Prize For Fiction, finalista al Booker Prize e da mesi in vetta alle classifiche internazionali, Estranea è un romanzo capace di tratteggiare il dramma della Seconda Guerra Mondiale senza cedere alla banalità o alla ridondanza, e senza che questo finisca per permeare tutta la narrazione.

La guerra c’è, è una presenza che seppur lontana nel tempo è persistente e ingombrante, ma non è il nucleo del romanzo. Al centro della narrazione troviamo l’universo interiore di due donne, diversissime tra loro eppure egualmente affamate d’amore.

L’amore: ecco chi è il vero protagonista del libro, un ospite inatteso, ciò che lo scrittore islandese J. K. Stefànsson definisce, in un libro altrettanto toccante (I pesci non hanno gambe, Iperborea), “un’esplosione solare che distrugge la vita, che rende abitabili i deserti”.

Eva vede Isabel e scrive di lei che nemmeno il miele avrebbe potuto addolcire quell’aceto. Ma nessuna delle due sa ancora che l’amore non ha rispetto per nessuno. Davanti a lui sono tutti uguali, perché con la stessa facilità si insinua in un sedicenne dal cuore che salta come un cervo, in un settantenne dal viso rugoso e il cuore attempato, o in una donna glaciale che non conosce carezze e non sa distinguere un bacio dall’altro. Una donna fino a quel momento imperturbabile, che mai prima di allora avrebbe pensato di poter non solo ridere sulla riva di un lago o cucinare davanti a un fuoco che in due si fa più caldo, ma di non esserne mai sazia. Di non averne mai abbastanza di tutta quella vita, dopo anni ad aver creduto di essere morta.

Attraverso la penna decisa quanto delicata di Yael Van Der Wouden, il lettore non dimentica l’atrocità che la guerra ha rappresentato per migliaia di persone, e i segni che queste portano ancora a distanza di anni, se non addosso, dentro di sé. Ma, contemporaneamente, offre anche una lezione preziosa: l’amore non guarda in faccia a nessuno, non chiede se sei felice, se sei sposato, se mantieni un invidiabile equilibrio; se ne infischia se, come Eva, pensi che dolore e rabbia ti rendano immune dal contrarlo, o se, come Isabel, sei assolutamente convinto che quel genere di travolgimento non sia destinato a te. Ti viene addosso e basta.

Ed è a quel punto, quando si cade, quando si precipita nel vuoto, che spesso ci si accorge di essere rimasti seduti per tutta la vita.

Scopri la nostra pagina Linkedin

Seguici su Telegram
Scopri la nostra pagina LinkedIn

Notizie, approfondimenti, retroscena e anteprime sul mondo dell’editoria e della lettura: ogni giorno con ilLibraio.it

Seguici su LinkedIn Seguici su LinkedIn

Libri consigliati

Abbiamo parlato di...