Si sta tornando a parlare di afrosurrealismo, una corrente artistica (nata negli anni ’30 del secolo scorso) che racconta la condizione afroamericana attraverso un registro straniante, onirico e, appunto, surreale. Film come “Sorry to Bother You” e “Get Out”, e serie come “Atlanta”, mostrano l’interesse dei registi di parlare, attraverso metafore e allegorie, delle diseguaglianze che ancora oggi vivono gli afroamericani

Si sta tornando a parlare di afrosurrealismo, una corrente artistica del Novecento che racconta la condizione afroamericana attraverso un registro straniante, onirico e, appunto, surreale. Ne ha scritto recentemente il Guardian, come pure Esquire Usa, il Post e altre testate, partendo tutti dall’analisi di un film uscito in America quest’anno (e che non si sa ancora se arriverà in Italia): Sorry to Bother You.

Il film racconta la storia di Cash, un uomo alla disperata ricerca di un lavoro che si rivela inaspettatamente un mago delle vendite telefoniche. Questo perché Cash, pur essendo nero, è in grado di imitare perfettamente il modo di parlare dei bianchi, ed è proprio questo a renderlo il venditore perfetto, capace di rassicurare e conquistare chi sta dall’altra parte della cornetta. In poco tempo Cash diventa sempre più bravo e convincente, sale di livello, guadagna più soldi, viene invitato a cene prestigiose che potrebbero offrirgli importanti occasioni per la sua carriera.

Fin qui, penserete, nulla di strano. Effettivamente sembrerebbe la classica commedia basata sull’equivoco, se non fosse che, proprio durante una di queste cene, Cash si trova di fronte a un uomo-cavallo che urla chiedendogli aiuto. L’atmosfera si fa più cupa e misteriosa, e l’intero film prende un’altra piega. Cash scopre che per risparmiare e ottenere il massimo del profitto, la sua azienda trasforma i lavoratori in equi-sapiens, creature metà uomini e metà cavalli che sono in grado di lavorare di più e di lamentarsi di meno. Il progetto è trasformare lo stesso Cash in un equi-sapiens, per farlo diventare una sorta di Martin Luther King che guidi e controlli gli altri lavoratori.

Ora, quello che succede in Sorry to Bother You può essere preso come esempio dell’afrosurrealismo, perché il film inizia con delle premesse chiare e semplici per poi diventare, improvvisamente, tutt’altro. L’utilizzo dell’assurdo e del surreale è un filtro per parlare di una situazione estremamente reale, esasperandola dal punto di vista del tono, ma non alterandola per quanto riguarda il messaggio. Non si sa come reagire di fronte a una rappresentazione di questo genere, non si sa se ridere, piangere, se averne paura. Insomma, l’effetto, come si diceva all’inizio, è completamente straniante.

Oltre a Sorry to Bother You ci sono stati anche altri prodotti che hanno iniziato a far parlare di rinascita dell’afrosurrealismo, tra cui il film horror Get Out e la serie di Donald Glover, Atlanta, entrambi molto apprezzati sia dal pubblico sia dalla critica.

Infatti non siamo di fronte a una corrente nuova, l’afrosurrealismo risale agli anni ’30 del secolo scorso, se si considera che il surrealismo francese fu ispirato in parte dall’arte e dalla cultura africana e caraibica. Ma è il movimento artistico e letterario della negritudine, nato nelle colonie francofone proprio durante quel periodoa essere il vero genitore dell’afrosurrealismo contemporaneo.

Tra gli esponenti più importanti di questa corrente ci furono i poeti Aimé Césaire, martinicano molto vicino al surrealista André Breton, e Léopold Sédar Senghor, senegalese e socialista, eletto presidente del Senegal nel 1960. In quegli stessi anni, lo scrittore americano Henry Dumas stava lavorando a un’opera che lo avrebbe definito un “espressionista afro-surreale“, come disse l’intellettuale statunitense Amiri Baraka, che fu il primo a utilizzare questo termine.

I racconti di Dumas, come i film e le serie di adesso, hanno una natura introspettiva e ricorrono a metafore e allegorie per denunciare il razzismo, la violenza e le diseguaglianze che sono costretti a vivere gli afroamericani. Hanno la capacità di ricorrere a immagini oniriche per esplorare e analizzare verità dolorose, di cui spesso non si riesce a parlare in modo abbastanza efficace. E probabilmente è proprio per questo che l’afrosurrealismo sta tornando in questo periodo.

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