“È da qualche giorno che faccio i conti con me stessa, misuro i miei successi, poi i miei fallimenti, che sminuiscono vergognosamente i primi, sbatto il muso su quegli obiettivi lontanissimi, il tempo troppo vorace, il mio aspetto che detesto, e quel ‘mai abbastanza’ nella mia testa che non tace un momento. Mi capita a cadenza regolare…”: su ilLibraio.it un toccante racconto autobiografico di Giada Sundas, in cui tante madri possono ritrovarsi

È da qualche giorno che faccio i conti con me stessa, misuro i miei successi, poi i miei fallimenti, che sminuiscono vergognosamente i primi, sbatto il muso su quegli obiettivi lontanissimi, il tempo troppo vorace, il mio aspetto che detesto, e quel “mai abbastanza” nella mia testa che non tace un momento. Mi capita a cadenza regolare, la parte più critica di me arriva e fa un’interrogazione a sorpresa. Non ne esco mai troppo bene.

L’insonnia è tornata e solo chi l’ha provata sa quanto è meschina. I pensieri, di notte, non hanno paura di niente. Ma è giovedì, il giorno che dedico ai cattivi sentimenti, il giorno in cui concedo alla parte più nera di me la libertà vigilata. Il giovedì peso cento chili in più.

Esco, mi trascino fuori di casa in silenzio portandomi appresso tutta la mia stanchezza fisica ed emotiva. Devo fare delle cose importanti e spero di intersecarmi con meno persone possibile. Dire solo qualche buongiorno, grazie, arrivederci, e tornare a casa.

Metto in moto l’auto ed esco dal garage. Piove leggero ma costante, quelle piogge minuscole che ti fanno credere di potercela fare anche senza l’ombrello per poi inzupparti strategicamente. Procedo a passo d’uomo oltre il cancello e poi mi fermo. Laggiù, alla fine del mio vialetto, c’è un’altra auto parcheggiata che mi ostruisce il passaggio. Succede almeno due volte a settimana. Abito in pieno centro, tra la chiesa, l’ASL, il centro diagnostico e un bar, una zona molto trafficata della città, per questo motivo, chi non trova parcheggio, si sente in diritto di utilizzare il vialetto privato di casa mia.

Sento salirmi in petto un moto di rabbia, quella brutta, incandescente. Sono sempre stata paziente, mi sono limitata a qualche ammonizione smorfiosa, qualche colpo di clacson, magari qualche gesto scocciato, ma non mi sono mai arrabbiata veramente. Ma oggi è giovedì, anzi, il peggiore giovedì della storia dei miei giovedì. Sono nervosa, frustrata, infastidita da qualsiasi cosa. Ho fretta, ho sonno, mi fa male la testa e tu, chiunque tu sia, sei la mia goccia di troppo. Stringo forte il volante, sono rabbiosa. Questa volta mi incazzerò tanto da far vibrare la terra. È la tua giornata sfortunata, caro avventore, perché urlerò con la bava alla bocca, tu sei il mio capro espiatorio, ti riverserò addosso cinque anni di vialetto ostruito. Sei il prescelto, sfogherò su di te tutto il mio schifoso giovedì.

Tiro il freno a mano, sento la rabbia raggiungere ogni estremità del mio corpo, ma un istante prima di attaccarmi al clacson con foga, arriva. È una donna, ma questo non fa nessuna differenza.

Scendo dall’auto con un balzo e sbatto la portiera tanto forte da attirare la sua attenzione. Non più di dieci passi ci separano.

Muovo la prima rabbiosissima falcata nella sua direzione. Sono tutti cavoli tuoi, bella.

Secondo passo. Noto che con lei ci sono due bambini. Anzi tre, tiene in braccio un neonato e spinge in modo disordinato un passeggino vuoto con l’altra mano. Tiene la testa chinata da un lato, i capelli incastrati sotto la cinghia della tracolla.

Il terzo passo ha già perso tensione. Il piccolo piange inconsolabile. Avevo dimenticato il suono del pianto dei neonati.

Quarto passo. La mia rabbia si sente fuori luogo ma non mi abbandona per orgoglio. Lei sta cercando di chiudere il passeggino con una mano sola strattonandolo con forza.

Quinto passo. I grandi avranno cinque e tre anni. Il più piccolo dei due alterna lagne a copiosi colpi di tosse grassa. Il fratello maggiore lo indispettisce spostandogli l’ombrello da sopra la testa.

Sesto passo. La sento dire salite, dai, che è tardi. La sua voce è supplichevole e severa contemporaneamente.

Settimo passo. I due la ignorano. Il grande ora sta sbattendo i piedi in una pozzanghera e schizzando il fratello che, di tutta risposta, intona una sequenza di lagne ancora più forti.

Ottavo passo. Ha chiuso il passeggino e, sempre con una mano, lo carica a tentoni nel bagagliaio dell’auto, nel frattempo dondola appena e ripete “ssshh” al neonato che tiene con l’altra.

Ogni mio passo perde velocità dal precedente. Sto avanzando incerta.

Nono passo. Il fratellino schizzato, stanco dei soprusi, spinge con forza il grande contro la carrozzeria. Lei ha appena chiuso il bagagliaio e assiste alla scena. Urla un “basta” che zittisce la città intera per un secondo. Mi ci rivedo.

Decimo passo. Sono da lei. Ha i capelli un po’ bagnati e spettinati. Si volta appena verso di me, evita il contatto visivo, so che mi ha vista arrivare. Scusa, mi dice, me ne vado subito. Acchiappa uno dei due per una manica e cerca di spingerlo dentro l’auto. Ascolto le sue giustificazioni, dice “di corsa”, “pediatra”, “pioggia”, non smette un attimo di parlare, prima con me, poi con i figli, poi di nuovo con me. Alza la voce, è frettolosa, esagitata. Dovrei dirle che non me ne frega niente, eppure mi esce un “ti aiuto” che stupisce anche me. Mi guarda in faccia per la prima volta, sorride un poco, dice grazie. “È durissima, lo so” dico, e mentre l’aiuto è più rilassata, distesa.

Prima di andarsene si scusa ancora, mi ringrazia, poi sale e sparisce.

Io resto un attimo lì. Si è portata via anche il mio cattivo umore.

L’AUTRICE – Giada Sundas è una giovane madre molto seguita in rete. Sui social racconta la sua esperienza di “madre imperfetta ma imperterrita” con freschezza e ironia. Il suo romanzo d’esordio, edito da Garzanti nel 2017, si intitola Le mamme ribelli non hanno paura, e racconta la storia di Giada dal giorno in cui la piccola vita di Mya, sua figlia, ha cominciato a crescere dentro di lei. Nel 2018 è uscito il suo secondo, atteso libro, Mamme coraggiose per figli ribelli, in cui l’autrice torna a parlare del mestiere più difficile del mondo: fare la madre. Con la sua inconfondibile vena ironica…

Qui tutti gli articoli di Giada Sundas per ilLibraio.it.

Abbiamo parlato di...