Scrittrice, giornalista, traduttrice e gallerista, Irene Brin ha descritto con brillante ironia il secolo che ha vissuto: il Novecento. “Il Mondo”, in questi giorni in libreria, raccoglie per le prima volta gli scritti ancora attuali di questa figura femminile moderna e audace… – Su ilLibraio.it alcuni brevi estratti

Coniato per lei da Leo Longanesi, Irene Brin è lo pseudonimo della giornalista e scrittrice Maria Vittoria Rossi, figura intellettuale di spicco nel panorama italiano del primo Novecento, collaboratrice delle più importanti riviste dell’epoca, come Il Borghese Omnibus.

Autrice di un famoso Galateo, firmato con un altro pseudonimo, Contessa Clara, Maria Vittoria Rossi era anche un’intenditrice d’arte e del buon gusto, gallerista e cultrice delle buone maniere; come giornalista si occupava soprattutto di cronaca di costume, moda e arte, scritti che vengono per la prima volta raccolti e pubblicati nel volume Il Mondo (Atlantide edizioni). Il volume, curato dalla scrittrice Flavia Piccinni, propone una selezione scelta di opere tratte da Usi e Costumi. 1920-1940, Cose Viste. 1938-1939, Le Visite e Il Galateo.

Irene Brin il mondo copertina

Con occhio moderno e sguardo impietoso, Irene Brin offre uno spaccato della società del tempo, da Coco Chanel a Greta Garbo, da James Joyce ai principi Mdivani, ritraendo non senza ironia l’Italia del dopoguerra non soltanto con gli occhi della giornalista, ma soprattutto dal punto di vista di una donna che è stata protagonista di un’epoca e ha partecipato attivamente alla vita della società, una figura femminile indipendente e spregiudicata.

irene brin

Ingiustamente dimenticata dopo la sua morte, Irene Brin torna alla luce con una raccolta di prose brillanti ed estremamente attuali, che ritraggono con efficacia il carattere audace non solo della sua scrittura, ma anche della sua personalità.

Per gentile concessione dell’editore, su ilLibraio.it alcuni brevi estratti dal libro:

ATTRICI

Le attrici, modellandosi un tempo sulla virtuosa Tina de Lorenzo, sull’affascinante Sarah Bernhardt, sulla regale Ethel Barrymore, portavano nelle loro escursioni salottiere una grazia incomparabile. Attualmente, essendo o fingendosi atterrite dalla folla, frequentano i salotti lo stesso, ma con occhiali neri, orari impossibili, sgarbi di ogni genere. Sappiamo benissimo che, invitandole, non verranno al nostro pranzo; o ci verranno in ritardo; o venendoci sospireranno di continuo: «potrei essere sulla mia montagna, a guardare le vette», e qualche villania del genere; o si faranno accompagnare da un innamorato litigioso, da un marito esasperato. Quale sorpresa, se fossero puntuali, dimesse, riconoscenti per il prestigio ed il denaro che tutti noi, pubblico, prodigammo! Ma non saranno mai capaci di questo sforzo, e si meritano di venir severamente ignorate. Al vostro posto, non le inviterei. Incontrandole in casa altrui direi: «Poverina, malata d’occhi? Conosco un medico eccellente». Frasi da usarsi, ovviamente, anche con quante credono di dissimulare rughe e miopia dietro sinistre lenti affumicate. La grazia sta alla base del galateo rivisitato, esattamente là dove fu il rigore, dove si insinuò la stravaganza.

BACIAMANO

Vecchissima, ma non risolta questione. In teoria, non si bacia la mano di una donna guantata, nemmeno a Corte, nemmeno se è la Regina. Boni de Castellane, inchinandosi davanti ad una sovrana colpevole di non aver scoperto le sue dita, mormorò: «I excuse your gloves, Madame». Non si bacia una mano in tram, in autobus; si può baciarla sulla banchina della stazione, sul terreno dell’aeroporto, in segno di congedo quasi patetico. Non la si bacia se non si è sicuri di sapersi inchinare all’angolo giusto (limitato cioè), e di saper baciare veramente chi si vuole, limitandosi, per le altre, ad una mimica di balletto. Non la si bacia in un clima di affari: l’antiquario elegante si limita a stringere la mano della signora che compra da lui sei poltrone di gobelin. Gliela bacerà, la sera, in casa di lei, in casa di lui, in casa di amici, a teatro, al night-club. Non la si bacia quando questa mano viene tesa bassa, leggermente rigida e diritta: evidentemente la signora ha i suoi principi in materia (o un marito geloso). In alcuni paesi la si bacia anche alle signorine. In Italia solo alle signore, magari ventenni, magari accompagnate da una zia novantenne, ma zitella, e quindi non baciabile.

BIKINI

Mentre l’atollo su cui cadde la prima bomba atomica viene già dimenticato, il costume da bagno minuscolo che ne trasse il nome di bikini sta giustamente passando di moda. L’uso imprudente della propria nudità può equivalere, per una ragazza in cerca di marito, ai disastri prodotti dalla bomba. In città, la credevamo snella, non scheletrica e la scopriremo, alla spiaggia, simile ad un piccolo, sofferente, invendibile abbacchio. E sua sorella, che giudicavamo florida, si rivelerà straripante e sproporzionata, una giovenca senza Giove. Questi paragoni con le vetrine dei macellai e con i mattatoi pubblici dovrebbero intimorire le maliziose, e indurle a coprirsi.

CHANEL

Grandissima sarta, riabilitò il tessuto maglia ed i gioielli. Nel suo appartamento dell’Albergo Ritz si circondò di paraventi Coromandel, di servizi d’oro massiccio; di occhiali-modello-unico, di bellissime manichine. Amica di Jean Cocteau, di Serge Lifar, delle principesse romane, immaginò vestiti come poemi, e poemi come vestiti, e profumi, e giochi e collane. Ora si dice che sia morta, che lavori in America, che abbia sposato un emigrato russo, e non lavori più, ma forse è sempre là, al Ritz, tra le sue meraviglie spogliate di ogni umano incanto, fantasma di mille eleganze perdute.

ETÀ

Parlatene il meno possibile, non confessate la vostra, non chiedetela agli altri: tutti, uomini e donne, si dicono vicendevolmente una quantità di cose spiacevoli, mentre calcolando amabilmente le reazioni reciproche le potrebbero evitare sempre. E, ad esempio, gli uomini sanno quanto le donne siano sensibili all’età che hanno, che vorrebbero avere, che dimostrano: «Ah, signora Lilli, che adorabile bambina era lei! Mi ricordo che uscendo dall’Università la vedevo giocare al cerchio, vestita di rosa…». Ecco una frase che rende felice Lilli per una settimana, anche e soprattutto, se quando l’Uomo Amabile andava all’Università Lilli era già sposa e madre. «Lei, signorina Ninì, non può ricordarsi esattamente la dichiarazione di guerra, perché probabilmente andava all’asilo…». La signorina Ninì, nel 1940, era già al suo terzo fidanzamento mancato, ma questo discorsino, preferibilmente fatto in presenza di molta gente, le restituirà la gioia di vivere e l’animerà di infinita riconoscenza per chi così l’ha aiutata. Al contrario, ci sono parole atroci. Il giovanotto che, incontrando una signora ancora lontana dalla quarantina, le dice festosamente: «Sa cosa ho scoperto? Che lei è un’amica di infanzia di mia madre», si farà una nemica mortale, anche se la nemica sa, soprattutto se sa, che non è vero e che la madre del giovanotto vuol così ringiovanire se stessa. Calcolate, calcolate: gli anni e gli aggettivi, le frecciate e le buone azioni, ma non sprecate il vostro tempo nel costruirvi degli alibi azzardosi dicendo: «Io, nata durante gli scioperi che precedettero immediatamente il Fascismo…», quando siete nata tra gli scioperi che segnarono la fine del secolo. Talvolta, per vera cortesia, una signora di trent’anni dice alla quarantenne: «Alla nostra età… ». La quarantenne può sorridere, lusingata, senza protestare. Ma non deve, alla prossima occasione, dire: «Noi, che i quarant’anni non li aspettiamo più…», perché la giovane ammette la propria amabilità, non l’insolenza altrui. Non sforzatevi di guardare il passaporto della compagna di viaggio, la patente automobilistica del nuovo conoscente. Ciascuno non ha l’età che dimostra, ma l’età che cerca di dimostrare, e lasciamogli le sue illusioni.

FEDELTÀ

Istinto essenziale oppure decisione ammirevole. Siate fedeli in affari, in amicizia, in politica, in bontà; e, si intende, in amore. Ma non aspettatevi la fedeltà che nessuno vi ha promesso e nulla vi ha garantito. Parlo qui per le ragazze e non per i ragazzi, specifico; per le quindicenni, non per i quindicenni. Sono sempre le mie lettrici che, annunciandomi il loro «fidanzamento ancora clandestino per via di papà» con un coetaneo, mi chiedono di trovar loro un grazioso appartamento, un figurino d’abito nuziale, e forse anche un modello di culla. I lettori, al massimo, vorrebbero sapere come «comunicare a una bellissima fanciulla castana» i loro sentimenti teneri, ma niente affatto solidi.

La costanza è parte integrante del carattere femminile, nonostante le opinioni personali del duca di Mantova. La donna non è mobile. La donna, anche inesperta, ingenua, ignara, sviluppa strane doti di praticità, non appena pensa al matrimonio. Il compagno di scuola l’ha guardata? Significa che l’ama, la vuol conoscere, conquistare, sposare. Se lui si limita a sparlare di sport, di studio, o di qualsiasi altro argomento, la Delusa e Scoraggiata mi interroga convulsa: «Quali sono le sue intenzioni?». Se le rispondo: «Discutere con te gli argomenti che lo interessano», la Delusa Scoraggiata Disperata Infranta replica: «Allora, non mi ama?». Se le garantisco che già il desiderio di chiacchierare con lei e non con un’altra indica un minimo di preferenza, la Delusa Forse Rasserenata esulta: «Se mi preferisce, mi ama. Se mia ama, mi sposa. Se mi sposa, sarà mio, per sempre!». E qui sarebbe assurdo rammentarle che una vita dura facilmente settantacinque anni, e che lei non può ora ipotecare i prossimi sessanta; e nel suo stesso interesse, le conviene aspettare, limitarsi alle conversazioni, non esigere e non imporre promesse esterne. No, già trasformatasi in Sposina Bambina Adorata, la mia corrispondente sta spiando, furiosamente, le reazioni dell’ignaro studentino che, tra un anno, figurerà nell’archivio sentimentale di lei come il Primo Mascalzone Traditore.

GRETA GARBO

Offrì ai suoi innumerevoli biografi, ai suoi innamorati, alle sue nemiche, ugualmente avide di indiscrezioni, dettagli, pettegolezzi, capaci finalmente di spiegarla, l’impenetrabilità di un’infanzia, di una giovinezza, di una maturità, completamente qualsiasi, lisci, opachi, segreti. Bambina, spazzolava i clienti, spazzava i piantiti, in un negozio di parrucchiere; giovinetta, e purtroppo filodrammatica durante le sere libere, era commessa in una modisteria, e, con altre ragazze, fotografata per presentare vantaggiosamente i cappellini nuovi. Tali i suoi debutti nell’arte: bastarono a Stiller per scoprirla, condurla a Berlino, a Nuova York, a Hollywood, dove quasi rabbiosamente morì, lasciandola sola. Il resto, vorremmo dire, è silenzio: ma Shakespeare non avrebbe avuto fortuna in America, e si cercarono invece innumerevoli e vane parole, confermate da idilli pubblicitari, con John Gilbert o con Stokowsky. Ancora, per reagire ai fotomontaggi dove il capo di Greta era posto sulla vastità della sfinge, si disse che Garbo mangiava vigorosamente, che prediligeva le alici in scatola, che la sua camera da letto era piena di provviste supplementari per la merenda notturna. Dedestò, sembra ragionevolmente, la folla: i pochi che l’accostarono ne parlano come di donna attenta, devota, severissima verso se stessa. Tutti noi seguitiamo ad amarla.

GERTRUDE STEIN

Dichiara di avere con How to write insegnato a scrivere; e con The Making of Americans le pare di avere inaugurato la vera letteratura moderna. A chi le diceva, un giorno, di aver accertato che i tre genî della nostra epoca sono Gide, Picasso e Gertrude Stein, rispose, sinceramente stupita: «Giustissimo, ma perché volete metterci ànche Gide?».

Compose migliaia di ritratti, naturalmente ermetici, e tra questi anche il suo proprio, attraverso una supposta segretaria che finge di raccontarla, senza aver l’obbligo di spiegarla: la casa parigina decorata, su muri, tappeti e piatti, di un solo motto, infinito, «una rosa è una rosa, è una rosa», gli amici di Getrude, Pablo Picasso, Juan Gris, Braque, Anderson, van Vechten, i suoi viaggi in Ispagna, in Italia, a Palma di Mayorca, o sui campi di battaglia della Marna, appaiono nella «Autobiografia di Alice Toklas» spesso divertenti anche troppo. Quanto al viso di Gertrude, alle sue curve spalle, alle sue mani spiritose, Picasso ce li ha già lasciati intendere: questa donna che sembra intagliata in una vecchia radice d’albero morto.

Indubbiamente i giovani scrittori americani hanno imparato da lei moltissimo: ed il suo desiderio di barocca banalità, ottenuta attraverso un filtro sottilissimo di squisitezze, si ritrova negli scritti di ragazzi fortunati, che alla banalità giunsero senza sforzo o transizione.

Getrude Stein è anche piuttosto mondana, legata al clan di Lady Mendl e di lady Ashley.

(Continua in libreria…)

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