“Declinare al femminile è riconoscere la sostanza, la storia delle donne”. Il dibattito è aperto da tempo, e in occasione dell’8 marzo se n’è tornato a discutere…

“Declinare al femminile è riconoscere la sostanza, la storia delle donne”.

Il dibattito è aperto da tempo, e ieri, come racconta Repubblica, in occasione dell’8 marzo, se n’è tornato a parlare in occasione di un seminario alla Camera (dal titolo “Genere femminile e media. L’informazione sulle donne può cambiare”), in cui la presidente Laura Boldrini è tornata sul tema del sessismo nel linguaggio.

Come spiega il quotidiano, Boldrini ha fatto alcuni esempi: “Possiamo dire cameriera e infermiera ma chirurga no. Questione di «scala sociale ». E poi, dicono i portatori di pregiudizio, chirurga suona male, «è cacofonico». L’estetica in realtà non c’entra: «C’è ancora una barriera culturale, sessista, e su questa dobbiamo lavorare. Perché la grammatica ci dice che ogni parola si deve declinare al femminile, la società cambia e il linguaggio si evolve»”.

Al dibattito ha preso parte, tra gli altri, anche la presidente emerita dell’Accademia della Crusca, Nicoletta Maraschio, secondo cui “se è corretto dire la maestra e il maestro, l’operaia e l’operaio, sono corretti, sotto il profilo grammaticale e sociologico, anche l’architetta, l’avvocata o l’avvocatessa”.

LEGGI ANCHE – “Seri ma non seriosi”: come l’Accademia della Crusca usa i social 

Libri consigliati