“Esistono i libri che si leggono una volta sola e quelli che ti restano dentro come cicatrici interiori, fiamme perennemente accese. Spesso ci ritorni: loro sono sempre uguali. Tu invece non sei più lo stesso. Ripercorri così le stagioni della tua vita. “Guerra e pace” è stato per me uno di questi…”. Per la rubrica #lettureindimenticabili, su ilLibraio.it Eraldo Affinati parla del celebre romanzo di Lev Tolstoj

Esistono i libri che si leggono una volta sola e quelli che ti restano dentro come cicatrici interiori, fiamme perennemente accese. Spesso ci ritorni: loro sono sempre uguali. Tu invece non sei più lo stesso. Ripercorri così le stagioni della tua vita. Guerra e pace è stato per me uno di questi libri: non a caso ho esordito con Veglia d’armi. L’uomo di Tolstoj (Marietti, 1992). Leggerlo in gioventù può risultare determinante. Ricordo che non riuscivo a staccarmi dalle sue pagine, giorno e notte.

Credevo di essere Andrej, idealista kantiano, l’ufficiale ferito sotto il cielo di Austerliz. Solo col tempo compresi che il mio personaggio era Pierre: l’uomo che si sporca le mani nella Mosca incendiata. Stavo dalla parte del generale Kutuzov, anche se Napoleone mi affascinava. Tuttavia, se avessi dovuto scegliere fra il vecchio generale stanco e disilluso e il figlio dell’Illuminismo francese, non avrei avuto dubbi: ero già segnato dal giudizio sprezzante che Giacomo Leopardi aveva formulato nei confronti delle “magnifiche sorti e progressive”. Da ragazzo m’innamorai della principessina Maria, nel momento in cui Nicola Rostov, con forza gagliarda, la libera dall’assedio dei contadini. Natascia era perfino troppo bella, quasi inavvicinabile.

Se oggi ripenso a quel formidabile romanzo, prima ancora del paesaggio russo, che ho poi realmente conosciuto, quasi inseguendo l’emozione letteraria, mi viene in mente la stanza vuota della mia adolescenza, cioè il luogo in cui divoravo l’opera. Si trattava di un Oscar Mondadori in due volumi nella traduzione di Erme Cadei, che ancora conservo quasi fosse il talismano dei miei vent’anni: annotato, sottolineato, consumato. Leggevo disteso a letto, ogni tanto mi alzavo e aprivo la finestra: il panorama era triste. Un casamento spoglio, grigio, privo di ogni attrattiva. Non avevo amici. Non parlavo con nessuno. Avevo abbandonato la pratica di qualsiasi sport. Lasciavo che le giornate scorressero su di me rinunciando a fare progetti. Ero stato conquistato dal genio del maestro di Jàsnaja Poljana. Nel suo capolavoro continuo a trovare ancora tutto quello che la letteratura può concedere: un mondo, uno stile, un modo di essere. Alla fine i Rostov e i Bolkonski si legano: Pierre e Natascia, Nicola e Maria. Ma soltanto nelle ultime pagine il lettore comprende che queste persone dovevano unirsi perché congeniali. Tolstoj, che pure lo aveva previsto, durante la narrazione finge di non saperlo. Ancora oggi, nel momento in cui mi riaccosto al testo, percepisco tale occultamento. È il segno della grandezza.

LA RUBRICA – Letture impossibili da dimenticare, rivelatrici, appassionanti. Libri che giocano un ruolo importante nelle nostre vite, letti durante l’adolescenza, o da adulti. Romanzi, saggi, raccolte di poesie, classici, anche testi poco conosciuti, in cui ci si è imbattuti a un certo punto dell’esistenza, magari per caso. Letture che, perché no, ci hanno fatto scoprire un’autrice o un autore, di ieri o di oggi.
Ispirandoci a una rubrica estiva del Guardian, A book that changed me, rifacendosi anche al volume curato da Romano Montroni per Longanesi, I libri ti cambiano la vita. Cento scrittori raccontano cento capolavori, e dopo il successo dell’iniziativa proposta recentemente sui social da ilLibraio.it, #ilLibroPerMe, in occasione della presentazione della ricerca sul rapporto tra lettura e benessere, abbiamo pensato di proporre a scrittori, saggisti, editori, editor, traduttori, librai, bibliotecari, critici letterari, ma anche a personaggi della cultura, della scienza, dello spettacolo, dell’arte, dell’economia, della scuola, di raccontare un libro a cui sono particolarmente legati. Un’occasione per condividere con altri lettori un momento speciale.

Questa volta tocca a Eraldo Affinati, che nel suo ultimo libro (L’uomo del futuro, Mondadori) ha raccontato l’eredità della rivoluzione di Don Milani mezzo secolo dopo.

Libri consigliati