Dino Buzzati ha dedicato la sua vita alla scrittura e al lavoro da giornalista al Corriere del Sera. I suoi romanzi più celebri, “Il deserto dei tartari” e “Il segreto del Bosco Vecchio”, riflettono il suo amore per le Dolomiti e un’incessante riflessione sull’esistenza… – L’approfondimento

La storia di Dino Buzzati è prima di tutto una storia milanese: la vita dello scrittore si svolge tra il naviglio di San Marco e viale Majno, dalle redazioni del Corriere della Sera alle vie che lo scrittore batte come inviato di cronaca nera. Tuttavia, nato il 16 aprile del 1906 in provincia di Belluno, dove la famiglia, veneta, ha mantenuto la casa delle vacanze, è dalle montagne che Buzzati trae le sue prime e più forti ispirazioni. Le fresche estati tra i picchi aspri e severi delle Dolomiti lasciano un’impressione indelebile nel ragazzino che diverrà scrittore, aguzzano la sua fantasia, gli fanno sognare spiriti buffi e lande immaginifiche che più tardi riporterà sulla carta sia in forma illustrata, sia narrativa con Bàrnabo delle montagne, del 1933, e Il segreto del Bosco Vecchio, del 1935, i suoi due primi romanzi.

Dino Buzzati: un ragazzo insicuro

Dino Buzzati è un ragazzino schivo, dominato da una serie di insicurezze che gli rimarranno per gran parte della vita adulta. Spietato con se stesso e incline alle fantasticherie, riesce a trovarsi suo agio solo con pochi amici con cui organizza ferrate sulle Dolomiti. Tra questi il suo confidente d’elezione è Arturo Brambilla, a cui scrive lunghe lettere intrise tanto di dubbi quanto di ironia. È a lui che racconta la fine della relazione con il suo primo amore, Beatrice – “Bibi”, alla milanese – Giacometti, ragazza lieve e mal vista dalla madre (con cui Buzzati ha sempre avuto un legame profondissimo e a tratti morboso). Nel rapporto con Bibi, così come Buzzati lo descrive a Brambilla e nelle pagine del suo diario, è già presente il germe della gelosia e della paranoia che lo accompagnerà in tutte le relazioni future: solo con la moglie Almerina riuscirà a trovare, in tarda età, un po’ di stabilità. Ma ci arriveremo.

Il segreto del Bosco Vecchio di Dino Buzzati

Il Corriere della Sera: da via Solferino alla questura di Milano

La stessa insicurezza Buzzati la dimostra nel lavoro, pur essendo stato lui stesso a contattare il direttore amministrativo del Corriere, Balzan, per cui il padre aveva lavorato prima di morire. Sulla pagina di diario del 10 luglio 1928, il primo giorno di Buzzati in redazione, leggiamo: “Oggi sono entrato al Corriere. Quando ne uscirò? Presto, te lo dico io, cacciato come un cane”. In realtà Dino Buzzati passerà tra i muri di via Solferino tutta la sua vita: iniziando dalla cronaca nera, dunque passando a quella musicale, alla bianca e alla terza pagina (e proprio il Corriere, infatti, sta in queste settimane ripubblicando le opere fondamentali dello scrittore). Il suo primo articolo, tuttavia, è sfortunato e doloroso: Buzzati deve dare l’annuncio della morte di un suo caro amico, Alessandro Bartoli, milanese precipitato durante una ferrata sul Vaiolet.

Con gli altri articoli di nera Buzzati ha più fortuna: quella che racconta è una Milano ormai scomparsa, fatta di furti, scommesse e criminali minori, le cui storie sono raccontate in piccoli quadretti e serviranno a formare l’immaginario che andrà a confluire in molti racconti. Buzzati è di casa alla questura di Piazza San Fedele, e sulle pagine del Corriere racconta tutto quello di cui sente parlare nei suoi corridoi: dalla drammatica storia della “belva di San Gregorio” al misterioso ritrovamento di un vecchio teschio umano nel giardino di un teatro.

Sessanta racconti, vincitore del Premio Strega

Buzzati: Giovanni Drogo con la macchina da scrivere

Buzzati, per il Corriere, si occupa anche della corrispondenza fascista: annunci di eventi, feste e comizi che ogni sera deve preparare per il giorno dopo. Sostanzialmente apolitico, collabora anche con il Popolo di Lombardia, giornale della Federazione fascista. Nonostante questo, Buzzati non si definirà mai fascista e sarà proprio lui a scrivere l’editoriale del Corriere della Sera all’indomani della Liberazione. Il salto di carriera, in via Solferino, avviene in questi anni: complice la pubblicazione di Bàrnabo delle montagne, l’allora direttore Borelli lo manda come inviato fuori dall’Italia, in Palestina, Siria, Grecia, Libano e Africa.

Questa fascinazione per l’amor di patria e l’ambiente militare è indubbiamente in contraddizione con la quotidianità di Buzzati, che, fatta eccezione per il periodo da reporter di guerra, è estremamente ordinaria. Gli eroici furori del tenente Drogo, protagonista del suo capolavoro del 1940, Il deserto dei tartari, non sono altro che le scalpitanti agitazioni che si muovono nel petto del suo inventore. Costretto a una vita casalinga e a un ripetitivo lavoro d’ufficio, Buzzati non si sente tanto diverso da Drogo, imprigionato in una fortezza in capo al mondo in attesa di un nemico invisibile che spezzi la monotonia delle giornate.

Il deserto dei tartari, romanzo di Buzzati

Leida e Almerina: i grandi amori di Dino Buzzati

Direttore ombra della Domenica del Corriere dal 1950, Buzzati collabora con il musicista Luciano Chailly e pubblica diversi volumi di racconti, tra cui la fortunata selezione dei Sessanta racconti del 1958, con cui vince il Premio Strega. Sono anni di grandi trionfi: Buzzati è inarrestabile e inaugura la prima mostra di pittura personale: Le storie dipinte, in cui trovano posto tele immaginifiche, accomunate da un tratto particolare ed estremamente riconoscibile, già scoperto dal pubblico con il libro illustrato per l’infanzia La famosa invasione degli orsi in Sicilia, del 1945.

Dino Buzzati, che dalla sofferta morte della madre ha cominciato a esplorare un nuovo lato della sua creatività, più oscuro e conturbante, nel 1963 manda alle stampe un romanzo che desta scandalo, direttamente ispirato alla sua esperienza personale: Un amore. La storia viene scritta di getto da Buzzati per lenire il profondissimo dolore causato dalla passione non corrisposta per una giovane donna: lo scrittore cinquantenne è dominato dall’angoscia, non dorme, scoppia a piangere nei momenti più impensabili. Il romanzo viene profondamente criticato, per i toni diretti e l’argomento scabroso e per la profonda lontananza tematica con i precedenti libri, un torto che i suoi lettori faticano a perdonargli. Ma, in ogni caso, le vendite sono un successo.

Buzzati e Un amore

A farlo rinascere è l’incontro nei primi anni Sessanta con Almerina Antoniazzi, giovanissima modella che sposerà anni dopo, quando lei sarà ormai venticinquenne. Il rapporto con Almerina è sereno, e i due sono legati da un profondo rispetto e da una forte complicità. Il volto della donna sarà d’ispirazione per l’Euridice di Poema a fumetti, un’opera visionaria per il 1969 che, come dice Buzzati stesso in un’intervista, aspira a dare al fumetto la dignità di un romanzo: è il primo graphic novel italiano. Almerina starà accanto a Buzzati fino alla sua morte, causata da un tumore al pancreas nel dicembre del 1972. Dopo un ultimo incontro in ospedale con la donna che gli aveva spezzato il cuore, cercata da Almerina stessa, Buzzati sarà lapidario e dirà alla moglie che sarebbe stato lo stesso se avesse incontrato la propria stiratrice.

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