Sinossi
Umberto Galimberti prende le mosse dai vizi capitali: Accidia, Avarizia, Gola, Invidia, Ira, Lussuria, Superbia. Identificati come "abiti del male" da Aristotele, come "opposizione della volontà dell'uomo alla volontà divina" nel Medioevo, come espressione della tipologia umana nell'Età dei lumi, appaiono infine come manifestazione psicopatologica nel Novecento. "E così, fuoriescono dal mondo morale per fare il loro ingresso in quello patologico. Non più vizi, ma malattie dello spirito." Alla luce di questa sequenza storica, Galimberti "ambienta" i vizi nel panorama contemporaneo conflittualmente compresi fra la funzionalità (anche del male) propria dell'età della tecnica e l'urgenza dell'etica. Segue un'ampia ricognizione su quelle tendenze o modalità comportamentali per le quali suona efficace (e impropria) la definizione di "nuovi vizi": la sociopatia, la spudoratezza, il consumismo, il conformismo, la sessomania, il culto del vuoto, la voluttà dello shopping, la dipendenza dalla merce, la meccanicità del sesso hanno a che fare con il dissolvimento della personalità. Sono di fatto la negazione del modello "vizioso". Inquadrarli come vizi fa sì che si possa parlarne, onde "esserne almeno consapevoli e non scambiare per 'valori della modernità' quelli che invece sono solo i suoi disastrosi inconvenienti".
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- Pagine: 128
- Data di uscita: 07-01-2015
Recensioni
In questo libro Galimberti sfrutta una sua interessante intuizione non per portare avanti in modo consistente la sua riflessione sulla modernità, ma penso soprattutto per invitare i lettori comuni, disabituati ormai al pensare impegnato, ad una importante riflessione.. Non è difficile avere la percez Leggi tutto
Il manifesto della società in cui viviamo, dove i "nuovi vizi" sono piú pericolosi di quelli capitali, a mio parere. É il manifesto dell'evoluzione della civiltà, dove il diniego e il vuoto fanno da padroni. É il manifesto di un mondo fragile, che cerca di conformarsi ad un modello, dimenticando l'i Leggi tutto
lo rileggerei ancora e ancora
«[…] i vizi, da espressione di una “tipologia” umana, diventano manifestazione della sua “psicopatologia”. E così fuoriescono dal mondo morale per fare il loro ingresso in quello patologico. Non più vizi, ma malattie, malattie dello spirito» (U. Galimberti, I vizi capitali e i nuovi vizi) Sembra che Leggi tutto
Buone le premesse. Male il libercolo . Il mio primo Galimberti, e già non son d'accordo con molti suoi pensieri, a parer mio boriosamente qualunquisti (vedesi anche l'inserimento continuo di citazioni di Marx) e comunicate in tono di valenza universale e incontestabile (es. « L'identità, ognuno lo sa: Leggi tutto
Libro con molti spunti di riflessione interessanti. Molti vizi sono stati repressi in funzione di necessità di ordine sociale, come nel caso della repressione sessuale dell'età vittoriana legata alle malattie veneree. Molto interessante anche la riflessione sull'ira che viene manifestata e giudicata Leggi tutto
Tanti spunti di riflessioni, interessanti i capitoli su: consumismo, conformismo, spudoratezza e diniego. Il diniego. Come reagiamo quando al mattino leggiamo nelle pagine degli esteri dei nostri giornali le atrocità perpetrate a Timor Est, In Uganda, in Ruanda o in Guatemala? Che atteggiamento assumi Leggi tutto
Una volta i peccati erano mappe. Ti dicevano dove non andare, e tu ci andavi lo stesso, per il gusto di perderti. Oggi non ci sono più mappe, solo territori infiniti e senza nome. I vizi capitali e i nuovi vizi è il viaggio dentro questo smarrimento: Galimberti ti prende per mano e ti mostra come il Leggi tutto
Analisi, secondo me perfetta della ricaduta sociale dei peccati ritenuti capitali. Come il peccato o meglio il vizio relaziona l'individuo verso se stesso e verso la sua collettività. Ancora più vera e tagliente l'analisi dei nuovi vizi ritenuti "sociali" perché coinvolgono non più l'individuo nella Leggi tutto
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