Akira di Katsuhiro Otomo è un’opera tanto importante quanto complessa, che prende due strade molto diverse ma indivisibili tra loro: il manga e il film. Entrambi fanno parte della storia dei rispettivi generi: colonna portante dell’animazione moderna e vera e propria materia di studio per artisti di tutto il mondo, capace di influenzare fortemente l’industria del fumetto giapponese e non solo

Il 2021 è stato l’anno dell’atteso ritorno di Akira in Italia, edito da Planet Manga in una nuova edizione in 6 volumi, per la prima volta nel nostro Paese con direzione di lettura alla giapponese.

Pubblicata con una nuova traduzione e nuovi effetti di spugnatura, per il resto l’opera è rimasta simile alla precedente, con volumi di grande formato (18,5×25,2 cm), sovraccoperta e alcune tavole a colori.

Akira 2021
Akira di Katsuhiro Otomo è un’opera tanto importante quanto complessa, che prende due strade molto diverse ma indivisibili tra loro: il manga e il film. Entrambi fanno parte della storia dei rispettivi generi, colonna portante dell’animazione moderna e vera e propria materia di studio per artisti di tutto il mondo, capace di influenzare l’industria del fumetto giapponese e non solo. Entrambi, pur non essendo effettivamente i primissimi titoli del genere, hanno contribuito a delinearne gli stilemi, condizionando tutto quello che è venuto dopo. La storia e i temi trattati, infatti, hanno gettato le basi dei canoni del fortunatissimo genere cyberpunk.

Sottolineando la pericolosità della mancanza di memoria dopo una catastrofe, Otomo scrive di corruzione, di isolamento sociale e di potere, sviluppando una denuncia politica e mostrando la distruttiva bellezza e la romantica disperazione di un futuro incerto e fortemente influenzato dalle scelte di pochi eletti al comando.

La Terra è stata devastata dalla Terza Guerra Mondiale. Il mondo è in continua decadenza, presieduto da un Governo indifferente e popolato da un sottobosco di giovanissimi sovversivi che tentano di rovesciare l’ordine sociale dal basso. Nel 2019, a più di trent’anni dalla catastrofe, nelle periferie della città di New Tokyo sorta sulle ceneri della vecchia capitale giapponese, conosciamo un gruppo di motociclisti, una banda (un chiaro richiamo alla sottocultura Bosozoku, protagonista anche in altre importanti opere come Shonan Junai Gumi di Tōru Fujisawa, ovvero gang di motociclisti che tra gli anni ’80 e i ’90 terrorizzavano le strade dell’intero Sol Levante, un inno alla ribellione e alla violenza made in Japan) comandata da Shōtarō Kaneda e di cui fa parte Tetsuo Shima, i due fulcri su cui si appoggia la storia.

Tutto prende una piega diversa quando Tetsuo, dopo esser stato coinvolto in un incidente quasi mortale davanti ai suoi compagni, viene portato via da alcuni misteriosi militari. Il giovane si ritrova soggetto di alcuni esperimenti operati dal Governo, e presto scopre di avere incredibili poteri soprannaturali che prenderanno il sopravvento sulla sua volontà.

Qui entra in scena Akira, un’entità dotata di poteri infiniti e causa, secondo alcune testimonianze, della quasi totale distruzione della Terra trent’anni prima. A tutti gli effetti, fisicamente, non si tratta di nient’altro che un ammasso di tubi criogenici fatti di file, lastre e parti atomiche di un bambino. La popolazione è convinta che sia un Dio, temuto, venerato e invocato.

Per questo Tetsuo, alla costante e ossessiva ricerca di risposte sulle proprie capacità, si mette da subito in competizione scatenando una distruttiva rivalità con questa entità temuta da tutti, finendo per sterminare la propria mente e tutto ciò che incontra sul suo cammino. La paura, la rabbia e l’alienazione, vera piaga della società moderna per Katsuhiro Otomo, portano il ragazzo ad allontanarsi sempre di più da sé stesso e da tutto ciò che è umano. Il disorientamento del giovane Tetsuo, attraverso l’incalzante alternanza di personaggi indimenticabili dal complesso profilo psicologico, diventa il nostro dinanzi al tetro spettacolo del decadimento della società.

Il film Akira, uscito in Giappone nel luglio del 1988 e diretto dallo stesso Katsuhiro Otomo, ebbe un impatto forte tanto in patria quanto a livello internazionale. Il mangaka e regista nato ad Hasama contribuì in modo determinante alla diffusione del manga e degli anime in Occidente: in un periodo in cui il successo del mondo dell’animazione giapponese dalle nostre parti non era paragonabile a quello odierno, Akira mostrò al mondo la profondità e l’eccellenza dei cartoni animati giapponesi, qualcosa di molto di più di semplici combattimenti tra robot spaziali o storie di intrattenimento per bambini.

Il manga, che Otomo inizia a disegnare nel 1982 per la rivista Young Magazine (la stessa che ha serializzato anche Ghost in the Shell di Masamune Shirow, rimanendo in tema di classici del genere), venne completato nel 1990, concludendosi effettivamente due anni dopo l’uscita nelle sale del lungometraggio che, come detto, avviene nel 1988. Il film, infatti, che condensa più di 2000 pagine in poco più di due ore, adatta solo i primi due volumi del fumetto. Non per questo il risultato sarà inferiore, anzi…

Nulla fu lasciato al caso per la realizzazione tecnica dell’ambizioso progetto di rendere Akira un film, e non un film qualunque ma un vero e proprio manifesto dell’animazione nipponica nel mondo: per l’occasione venne istituita la Akira Committee, una società che comprende molteplici compagnie giapponesi tra le migliori del Paese, tra cui Kodansha, Bandai, Tokyo Movie Shinsa e Minichi (vere e proprie istituzioni del settore). Le premesse erano “semplici”: Otomo alla regia e alla sceneggiatura e circa 1 miliardo di yen come budget.

Fu addirittura stipulato un accordo sindacale che avrebbe permesso, tramite l’alternanza di migliaia di lavoratori appartenenti ai diversi studi di animazione, di lavorare al progetto senza sosta, 24 ore su 24. Un lavoro talmente accurato ed estenuante da portare gli animatori stessi a lasciare messaggi di frustrazione nel film: recentemente è stato trovato, dall’utente di Twitter giapponese @HikozaTwi, un frame del film in cui compare proprio uno di questi easter egg:

Akira twitter

Il messaggio, quasi una richiesta di aiuto apparentemente illeggibile, analizzato dall’utente è traducibile con: “Perché dobbiamo disegnare/scrivere ogni piccolo dettaglio in questo modo? Datemi tregua, basta!“.

Quasi tutto il film venne (incredibilmente) disegnato a mano, mentre la computer grafica fu usata praticamente solo per le scene delle esplosioni per calcolare la traiettoria dei detriti. Fu impiegata per la prima volta anche un’innovativa tecnica di doppiaggio: prima registrarono gli attori e poi, in base al doppiaggio, vennero realizzati i disegni, in modo da avere una maggiore coincidenza tra il labiale e le battute dei doppiatori (tecnica largamente utilizzata successivamente dagli studi Disney).

Una trama mutilata e un finale quasi completamente diverso, dunque, che riesce tuttavia a mantenere inalterata l’essenza, l’anima e i temi dell’opera originale, ottenendo un risultato eccezionale, immortale, al pari del manga.

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