“Il grande potere della letteratura sta nello spiegare i sentimenti”. Nel nuovo “Uomini nudi”, Alicia Giménez-Bartlett osserva come la crisi economica possa sconvolgere due vite e innescare un’evoluzione del tutto imprevista (e imprevedibile). ilLibraio.it ha intervistato la scrittrice spagnola, che ha parlato, tra le altre cose, anche di promozione della lettura tra i ragazzi: “Ho insegnato letteratura per un anno, come supplente… La prima cosa che ho fatto non è stata leggere Cervantes, ma portare gli studenti in libreria. Come si fa a leggere, se non sai come si fa? Sembra paradossale, ma molti ragazzi non avevano mai messo piede in una libreria…”

Nel nuovo Uomini nudi (appena uscito per Sellerio), Alicia Giménez-Bartlett osserva come la crisi economica possa sconvolgere due vite e innescare un’evoluzione del tutto imprevista (e imprevedibile). Il quieto, passivo e prevedibile Javier, insegnante di letteratura precario, perde il lavoro e, per un caso del tutto fortuito, si trova a valutare l’ipotesi di fare strip-tease per scampare alla depressione da disoccupazione. Intanto Irene, rispettabile e fredda imprenditrice, vive il divorzio con il marito con totale distacco, mentre si interroga sulle sorti dell’azienda familiare, ormai in decadenza. Non c’è mai stato spazio per la passione, nella sua vita, ma forse è tempo di scoprire che tutto si può comprare, persino la compagnia.

ilLibraio.it ha intervistato a Milano Alicia Giménez-Bartlett.

Nel suo romanzo, i personaggi principali si muovono attorno a poli opposti, la crisi economica innesca una doppia crisi personale e morale; come ha lavorato alla struttura calibratissima dell’opera?
“Ho scritto di tutti i personaggi in contemporanea, in realtà, come in un film che si fa strada facendo. Infatti, non avevo idea del finale; anzi, mi chiedevo spesso: dove andrà a finire questa storia? Ma ho lasciato che fossero i personaggi, con la loro psicologia, a far evolvere la storia e, a un certo punto, è apparso il finale (l’unico possibile, date certe premesse). Se il finale, quindi, l’ho scoperto piuttosto tardi, ho avuto chiaro fin dall’inizio il titolo; mi piaceva per la sua ambiguità: Uomini nudi può alludere al genere umano, o all’uomo che si spoglia da un punto di vista psicologico, o che si mette nudo sul palco (o tutte queste cose insieme)”.

Dunque, questi personaggi hanno avuto per un po’ vita propria. Se adesso potesse incontrarli per strada, cosa direbbe loro?
“Di sicuro, cose cattive! Nessuno è un esempio, né da un punto di vista psicologico, né sociale: Irene è un po’ matta e crudele, egoista, schiaccia la dignità degli altri senza farsi problemi; la sua presunta amica Genoveva è frivola e superficiale, e non è certo più altruista! Iván è un personaggio simpatico, che è nato subito nella storia, perché è un po’ il motore dell’azione: è lui che incontra Javier depresso e decide di aiutarlo, ma ha un’idea delle donne davvero discutibile. Avrebbe dovuto andare in analisi di sicuro! A Javier… Difficile… Forse gli direi: vivi da solo, non hai bisogno di altri!”.

Ognuno di questi personaggi parla con la propria voce; lei gli lascia uno o più paragrafi per esprimersi con la propria lingua, sentendo la realtà raccontata da narratori diversi, ovviamente di parte e omodiegetici. È stato complesso arrivare a questo risultato?
“Non molto, ho lasciato che si esprimessero. Per Iván, ad esempio, ho ascoltato tantissimo i ragazzi per strada, ho cercato di apprendere il loro gergo e quindi l’ho riprodotto per iscritto. Si vede subito, fin dal suo linguaggio, che Iván è molto concreto e ha spirito pratico, ma non ha cultura. Non avrei mai potuto farlo parlare come gli altri!”.

Infatti Iván aiuta concretamente Javier a trovare un lavoro; e Javier pensa di contraccambiare iniziando Iván alla lettura. Trova equo questo scambio? Lei quale libro consiglierebbe a un non-lettore?
“Oh, davvero equo! Per scegliere il libro, bisogna osservare moltissimo la persona che si ha di fronte. Io do spesso consigli agli amici, ma penso sempre a personalizzarli e non mi rifaccio a un canone. Non mi interessa tanto la letterarietà di un romanzo, ma il messaggio e la piacevolezza, che potrebbero indurre il mio amico a proseguire. Introdurre una persona alla lettura è un piacere e un favore enorme. Alcuni scettici, dopo, mi hanno detto: grazie, è il piacere più grande del mondo! Noi lettori lo sappiamo e ci sembra scontato, perché lo viviamo questo piacere da sempre; invece, se si riesce a mostrare a chi non ha avuto questa possibilità che potere ha un libro, si fa (e ci si fa) un grandissimo regalo!”.

A tal proposito, all’inizio del romanzo Javier osserva la sua classe e commenta: «I classici della letteratura a queste ragazze non interessano, così come vengono insegnati. Per queste ragazze il passato non esiste». Come occorre fare oggi, per avvicinare i ragazzi alla lettura?
“Vi è troppa rigidità, fare gli insegnanti di letteratura è difficilissimo, perché ci sono i programmi con cui lottare giornalmente. Per prima cosa, io sceglierei temi che piacciono ai ragazzi e farei avvertire loro la mia passione; non mi ostinerei a leggere sempre i classici, né obbligherei a fare schemi o interpretazioni scritte. La vera vittoria sarebbe trasformare il piacere di leggere in un’abitudine! Ho fatto l’insegnante di letteratura per un anno, come supplente, mentre di solito insegnavo lingua inglese: è difficilissimo! L’anno è andato benissimo, perché sono stata una professoressa… pessima! La prima cosa che ho fatto non è stata leggere Cervantes, ma portare gli studenti in libreria. Come si fa a leggere, se non sai come si fa? Sembra paradossale, ma molti ragazzi non avevano mai messo piede in una libreria; allora li ho aiutato a scoprire i libri, a maneggiarli e a sceglierli. Si tratta di dare loro gli strumenti giusti; non è difficile pensare a questo: io ad esempio non ero mai entrata in una galleria d’arte e la prima volta avevo paura di fare una figura ridicola. Non facevo che chiedermi: “come posso chiedere il prezzo di un quadro?” I miei studenti hanno fatto la stessa cosa nella libreria, ma poi… Poi abbiamo letto molto in classe: inizialmente li interrompevo di tanto intanto, chiedendo: “Perché dice questo il personaggio?”. Questo interrogarsi continuo, sconvolgeva gli studenti, ma solo per poco: presto hanno iniziato a fermarsi da soli, al momento, per aggiungere commenti e ipotesi.”

In fondo, scrive nel romanzo che i libri valorizzano la vita, pur non abbellendola…
“Sì, il grande potere della letteratura sta nello spiegare i sentimenti. Se io leggo di una donna che ha perso il marito, ecco che il narratore può avvicinarsi, raccontare le emozioni che prova la donna, esporre gli antefatti… Insomma, ci mette nelle condizioni di capire. Invece, se la nostra vicina di casa ci dice di essere diventata vedova, è diverso: non possiamo scavare oltre ciò che vediamo”.

«A volte le persone che amano la letteratura sono attratte da esperienze insolite». Capita anche a voi scrittori?
“Un episodio davvero singolare mi è successo a Novara, pochi giorni fa: dopo un incontro con i lettori, un signore dal buio della sala ha alzato la mano per prendere la parola. Ha iniziato a dire: ‘signora, quando parla della povertà cosa vuol dire?’. Ha raccontato di essere davvero povero, di essersi prostituito per questo e di aver fatto cose di cui si vergognava. Non sapevo che cosa dirgli: avevamo appena parlato di prostituzione maschile, di ricadute anche emotive della crisi ed ecco che questo aveva smosso nel profondo un uomo, portandolo addirittura ad avvicinarsi, a piangere e a chinarsi, sconfitto. Questa cosa mi ha fatto pensare molto: dopo aver sentito parlare di Uomini nudi, ha sentito il bisogno e la forza straordinaria per intervenire e parlare di un discorso così privato davanti a un pubblico. Questo mi ha colpito straordinariamente e, sì, lo ammetto, mi sono sentita impotente e stupida”.

Perché? In realtà si misura perfettamente con la crisi e, anzi, spiega come scelte apparentemente incomprensibili abbiano una spiegazione fin troppo razionale. Ad esempio, Javier si definisce un “romantico” per aver scelto la facoltà di Lettere che effettivamente non offre molti sbocchi lavorativi. Il dibattito tra passione e possibilità di occupazione immagino sia molto vivo anche in Spagna. Cosa consiglierebbe, oggi, ai giovani?
“Mi hanno detto in tanti che Javier è in effetti un prototipo contemporaneo: ama la letteratura, odia restare disoccupato. Ma non ha un’ambizione né economica, né politica, né morale: si accomoda facilmente. Si fa trascinare nelle decisioni, e questa è una caratteristica dell’uomo moderno, che non accetta un compromesso né politico né sentimentale. Javier perde Sandra perché non ha un amore vero, una passione; è avvinto da altre cose. L’uomo giovane moderno non è appassionato. Ai giovani non saprei proprio cosa dire, perché la scelta è davvero complessa e attualmente non vedo sbocchi lavorativi certi… Anzi…”.

Sorge spontanea questa domanda. Cos’è il precariato: una pistola carica, una spada di Damocle o un’opportunità?
“Una spada di Damocle, senza dubbio, ‘precariato’ è una parolaccia, come pure l’imperativo ‘reinventati’. Il precariato mette la gente in strada, fa fuori il tuo negozio, fa chiudere la tua azienda e poi arriva sempre qualcuno che dice: è per il tuo bene, reinventati. La risposta? Non la posso dire in un’intervista, ma pensate a un improperio degno. Ormai non c’è niente di sicuro: in Spagna tutti i giovani vanno all’estero, e questa è una responsabilità storica e sociale, mentre mi pare che si tenda a chiudere gli occhi…”.

Allora abbandoniamo l’amarezza del presente per ritirarci brevemente in un ricordo recente davvero incredibile: il premio Planeta, che ha ricevuto lo scorso anno per Uomini nudi, che era stato sottoposto alla giuria coperto da pseudonimo. Come riassumerebbe quello che ha provato?
“Innanzitutto curiosità. Mentre salivo sul palco, non facevo che chiedermi: cosa sta succedendo? Allora ho fatto un discorso un po’ informale: ho detto che era stato un anno speciale per me, perché ho vinto tante cose, dal premio della critica a quello del giallo, addirittura mi hanno chiamato dal mio supermercato di fiducia dicendo che avevo vinto un asciugacapelli… [n.d.r.sorride]. Insomma, ho scherzato, e il pubblico ha riso con me. Allora mi sono sentita a mio agio e ho pensato che non era davvero straordinaria la mia presenza là”.

Per concludere, vuole raccontarci se ha qualche novità in serbo per noi?
“Sì, sto scrivendo in esclusiva per l’Italia, per Antonio Sellerio. Ho ancora un tour lunghissimo che devo affrontare per il romanzo, e a maggio partirò per il tour in Sudamerica, in seguito al Premio Planeta. Tuttavia, per fortuna a marzo ho avuto un mese tranquillo e ho scritto un racconto con Petra Delicado sul calcio. Poi ho scritto un racconto di Natale, che ho quasi ultimato, ed entro l’anno ci sarà un romanzo di Petra, questo lo posso dire, ma non ho ancora un progetto. Ho veramente voglia di tornare a scrivere, non vedo l’ora di tornare nella mia casa in campagna!”.

E in tutto questo periodo convulso, trova ancora tempo per leggere?
“Sempre! Ho perso l’abitudine di guardare la tv, e viaggio sempre con alcuni libri. Mi chiudo nella mia casa in campagna e leggo, leggo… E, pare assurdo, ma scopro che leggere mi piace ogni volta di più!”.

 

 

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