Matteo Caccia, esperto di storytelling, attore teatrale, conduttore radiofonico e scrittore, torna in libreria con “Il silenzio coprì le sue tracce”, una storia di uomini, boschi, animali e montagne. Per l’occasione, citando autori di oggi e di ieri come Paolo Cognetti, Helen MacDonald, Kerouac, Jack London e McCarthy, su ilLibraio.it riflette sul successo dei libri che raccontano la natura e la montagna

Di natura e montagna, domestico e selvatico

La montagna è natura.
Lo è più della campagna, lo è molto più del mare.
La campagna è la pasquetta per il pic nic, con le mani che rovistano nell’erba.
Il mare è stato la riviera, le abitudini agostane dell’Italia che scopriva le ferie, ora è una pausa breve, per mettere i piedi nella sabbia, o una settimana in Grecia su una barca .

La montagna è sempre stata una fuga ideale per gli occhi e il pensiero. E da qualche tempo lo è anche per chi a quella fuga non aveva ancora pensato.
È lì a un tiro di sguardo, vedi le Alpi in fondo alle vie di Torino, e nei giorni di vento girano tutte intorno a Milano in un cerchio azzurro.

A Bologna senti quell’azzurro scivolare dall’Appennino fino ai portici, a Genova dialoga forte con quello del mare, a Roma lo senti come un miraggio in fondo alla via Tiburtina.

Un pezzo di narrativa si è rifugiata in montagna, portandosi dietro un gruppo sempre più nutrito di lettori. Pietro il protagonista de Le otto montagne di Paolo Cognetti ci trascorre le estati, ma in realtà è la sua intera vita che passa attraverso quelle valli dove tutto prende una forma già segnata dai genitori e dal loro amore per le altezze .

Ma non è solo la montagna e non è solo l’Italia. C’è un’aria selvatica che tira un po’ tra gli scaffali delle librerie di tutto il mondo.

C’è in Io e Mabel, la storia autobiografica di Helen MacDonald che per guarire da una forma depressiva si aggrappa al volo di un astore, uno dei rapaci più feroci che esistano, c’è nei libri di Robert MacFarlane, alpinista e scrittore, che nei suoi Luoghi Selvaggi se ne va a spasso tra isole, vette, brughiere e foreste.

Chiusi in casa la guardiamo dalle finestre, la natura, che sia cima che ci chiama o che sia storia evocata attraverso le parole. Lo aveva capito Jack London oltre un secolo fa quando aveva raccontato l’uomo, la natura e l’animale attraverso un cane che sentiva quel richiamo, dove la foresta non erano i boschi, era la selva, era il selvatico.

C’è in ogni parola di Kerouac, c’è nella lingua affilata di McCarthy e nei suoi uomini, e parassiti che vagano per le lande desertiche e desolate ai piedi di montagne che segnano il confine tra il noto e l’ignoto, tra Stati Uniti e Messico.

I nostri Appennini si sono spopolati negli ultimi decenni. Giovanni Lindo Ferretti dopo una carriera sui palchi di mezza Europa è tornato nella sua casa di Cerreto Alpi e ha fondato la Corte Trasumante di Nasseta (libera compagnia di uomini, cavalli e montagne) attraverso cui racconta come noi, o una parte di noi arrivi dai monti.

Leggiamo di montagna e di natura perché ci riesce più facile nutrire il nostro desiderio di selvaggio entro un confine domestico. Bjorn Larsson che ha più volte raccontato l’avventura del mare aperto e della navigazione d’altura, un giorno mi disse che in Italia amiamo leggere di avventura stando al calduccio, perché sin da bambini nessuno osa scomodarci.

Ma la letteratura non ha il compito di educare, smuovere o incentivare. I romanzi raccontano di chi scrive e di chi legge, i romanzi che parlano di montagna e di natura indicano una strada che porta fuori dalle nostre case, fuori dalle nostre città. A noi che leggiamo decidere se prenderla, seguendo i segnavia di un sentiero alpino o le tracce di un lupo a mezza costa in Appennino.

matteo caccia

L’AUTORE E IL SUO NUOVO LIBRO – Un uomo sale in montagna col proprio cane. Non ne scenderà più. Con sé ha poche provviste e una vecchia pistola. Camminando tra valli, coste e villaggi abbandonati dell’Appennino si lascia alle spalle la sua vita passata e la civiltà, per raggiungere un luogo del padre che ha deciso diventerà suo.
Durante il viaggio incontra uomini e donne che si sono rifugiati in una delle aree più selvagge del nostro Paese – un mondo antico che, pur proteggendoli, li sfida ogni giorno. Il lupo, la specie più saggia e selvaggia rimasta sulle nostre montagne, lo guiderà alla ricerca di una donna incontrata e subito persa, e alla scoperta della parte indomita dell’essere umano.

Quella raccontata da Matteo Caccia ne  Il silenzio coprì le sue tracce (Baldini&Castoldi) è una storia di uomini, boschi, animali e montagne, un romanzo che racconta il ritorno della natura, fuori e dentro di noi, e di quella emergenza selvatica in grado di sconvolgere la quotidianità a pochi passi dalle nostre vite.  L’autore, classe ’75, esperto di storytelling, è un attore teatrale e conduttore radiofonico. Con Mondadori ha pubblicato Amnèsia (2009) e Il nostro fuoco è l’unica luce (2012).

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