“Nora mi era entrata nella pelle e per quanto respingessi le sue bugie ne ammiravo il coraggio…”. Torna su ilLibraio.it la rubrica #lettureindimenticabili, con Sara Rattaro (premio Bancarella 2015, in libreria con “Splendi più che puoi”), che parla dell’importanza che ha avuto per lei un testo come “Casa di bambola” di Ibsen, “un dramma di un’attualità disarmante” (di recente proposto a teatro nell’adattamento di Andrée Ruth Shammah, con Filippo Timi e Marina Rocco – nella foto)

“Tu sarai Nora”.

Il dito di Massimo, l’insegnante di recitazione, era puntato verso di me. Avevo ventiquattro anni, una laurea, un lavoro e un grosso vuoto senza nome. Era per quello che mi trovavo lì, a un corso di recitazione amatoriale e serale.

Eravamo un gruppo eterogeneo di persone ammucchiate nel retro di una chiesa: uno spazio per gridare, improvvisare, imparare a parlare e ascoltare. Potevi buttarti per terra, gridare di essere stufo del mondo o scoppiare in lacrime senza che nessuno ti desse del pazzo. Bastava solo aspettare che fosse il tuo turno.

“Io sarò Nora!” risposi alle parole di Massimo.

La verità era che non avevo la più pallida idea di chi fosse Nora. Così, quasi spinta dalla paura di non sapere mai abbastanza, decisi di fare la sua conoscenza.

Bussai alla porta, chiesi permesso ed entrai in Casa di bambola.

Casa di bambola

Nora la riconobbi subito. Era allegra e deliziosa. Sembrava volteggiare ad ogni movimento. Mi offrì un tè e mi fece accomodare. Nella casa si respirava una sottile aria borghese da subito famigliare che mi mise a disagio. C’era qualcosa che non quadrava in tutta quella perfezione, dietro l’ingenuità e il sorriso di Nora. Come un fischio alle orecchie o la sensazione di presagire qualcosa.

Poi il sipario si aprì davvero e sul palco apparvero tutti i protagonisti di quel dramma di vita normale. C’erano i pregiudizi; i ruoli stereotipati di uomo e donna all’interno del matrimonio con un marito egoista  e una moglie che sceglie di non esprimere le sue idee per non rischiare di avere la peggio; una società moralista che non si riesce mai a chiudere fuori dalla porta.

Leggevo, ingoiavo parole e rabbia e le ripetevo ad alta voce.

Poi Massimo mi chiese di leggere il monologo di Nora.

“Quale?” domandai tentennando.

“Quello finale” mi rispose sicuro.

“Ma non è un monologo. È un dialogo. Nora parla con il marito…”

“Se togli le battute di Helmer, diventa un monologo. Uno dei più potenti!”

Eccola lì la verità. Limpida, tranchant e chirurgica. Noi donne per essere noi stesse dobbiamo togliere qualcosa. Che sia un valore morale, una voce che ci parla dall’anima, un modello educativo o quello che dicono gli altri non importa. Ibsen l’ha raccontato alla fine dell’ottocento, io ci provo nel duemila.

Quella sera mi misi al centro della sala e ci provai.

Le parole di Nora mi erano finalmente chiare e in quell’istante esatto era come se anche io dovessi riuscire a capire chi avesse ragione, se la società o io. Anch’io avevo il disperato bisogno di parlare seriamente ed ero stufa di condividere le idee degli altri ed essere trattata come una bambola. Nora mi era entrata nella pelle e per quanto respingessi le sue bugie ne ammiravo il coraggio.

Il coraggio di occuparsi da sola del suo segreto, di prendere coscienza del suo valore e di restituire l’anello quando si è accorta che l’uomo che aveva davanti era più preoccupato di salvaguardare la sua reputazione che di proteggerla.

Molte delle sue parole sul palco le improvvisai ma, vi assicuro, la sua voce la feci risuonare fino all’ultima fila.

Quella storia mi è rimasta nel cuore. Non so se sia possibile cambiare davvero dopo aver letto un libro e tanto meno se questo si possa spiegare, quello che so è che quella lettura aveva qualcosa di diverso. È come se mi avesse aperto gli occhi su qualcosa che non vedevo o che ancora non avevo incontrato. Mi fece riflettere sulla differenza di genere alla quale siamo così abituati da essere considerata normale; sull’obbligo morale che noi donne sentiamo di  dover stare attente ai nostri comportamenti e a cosa lasciamo intendere senza averlo detto; su quella terribile sensazione di aver cercato certe situazioni di nostra volontà.

Casa di bambola è un dramma di un’attualità disarmante. Il tempo che racconta si ripete e si ripropone. Nora si mette nei guai per aiutare l’uomo che ama, nasconde il suo torto in modo che lui non debba preoccuparsene, fino ad arrivare all’inganno. Risparmia per pagare il debito e si sforza di rimanere la stessa perché l’obiettivo resta sempre quello di non alterare la propria immagine quasi fosse un atto di fedeltà.  Sfidare il perbenismo; mettere in discussione la propria educazione che spesso è molto di più del semplice punto di partenza ma diventa parte della propria natura; comprendere chi si è veramente sono consapevolezze spesso impossibili da accettare per la maggior parte delle persone. Tutto questo me l’ha raccontato Nora, la prima vera femminista che io abbia mai incontrato. Il suo prendere coscienza di aver vissuto una vita non autentica mi ha fatto riflettere. Grazie a lei mi fermai a chiedermi che vita mi stessi costruendo. Domanda spaventosa e stridente alla quale è difficile rispondere.

In fondo non ero altro che una ragazza che aveva deciso di recitare la parte di un’altra per provare a essere sé stessa.

Restituii il copione, come Nora ha fatto con il suo anello, e cercai di diventare quella che ero veramente.

LA RUBRICA – Letture impossibili da dimenticare, rivelatrici, appassionanti.Libri che giocano un ruolo importante nelle nostre vite, letti durante l’adolescenza, o da adulti. Romanzi, saggi, raccolte di poesie, classici, anche testi poco conosciuti, in cui ci si è imbattuti a un certo punto dell’esistenza, magari per caso. Letture che, perché no, ci hanno fatto scoprire un’autrice o un autore, di ieri o di oggi.

Ispirandoci a una rubrica estiva del Guardian, A book that changed me, rifacendosi anche al volume curato da Romano Montroni per Longanesi, I libri ti cambiano la vita. Cento scrittori raccontano cento capolavori, e dopo il successo dell’iniziativa proposta recentemente sui social da ilLibraio.it, #ilLibroPerMe, in occasione della presentazione della ricerca sul rapporto tra lettura e benessere, abbiamo pensato di proporre a scrittori, saggisti, editori, editor, traduttori, librai, bibliotecari, critici letterari, ma anche a personaggi della cultura, della scienza, dello spettacolo, dell’arte, dell’economia, della scuola, di raccontare un libro a cui sono particolarmente legati. Un’occasione per condividere con altri lettori un momento speciale.

SaraRattaroSara Rattaro

L’AUTRICE – Sara Rattaro, di Genova, premio Bancarella 2015, è da poco tornata in libreria per Garzanti con Splendi più che puoi, un romanzo che racconta una storia vera, in cui dal dolore fiorisce la speranza. E in cui l’amore fa male, ma la voglia di tornare a essere felici è più potente di tutto…

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