Di Christopher Isherwood (1904-1986) si conoscono soprattutto due opere, “Addio a Berlino” (1939) e “Un uomo solo” (1964). Nato in Inghilterra, fu per molti anni uno scrittore vagabondo, in cerca di una patria dove vivere e dove sentirsi libero. Eterno outsider, non sentì mai di appartenere fino in fondo alla società inglese. Perennemente insoddisfatto, si gettò in tutte le occasioni che gli si presentavano: fu romanziere, diarista, scrittore di racconti e reportage, oltre che sceneggiatore per il cinema, ma il successo e la notorietà lo raggiunsero negli Usa, dove diventò negli anni un punto di riferimento per la comunità gay e per scrittori come Gore Vidal, Tennessee Williams e Truman Capote
Di Christopher Isherwood (1904-1986) si conoscono principalmente due opere, Addio a Berlino (1939) e Un uomo solo (1964), ambientate la prima nella Germania pre-hitleriana degli anni Trenta e l’altra in California. Ma Isherwood nacque in Inghilterra, nella contea di Cheshire, vicino Manchester. Fu per molti anni uno scrittore vagabondo, in cerca di una patria dove vivere.
Eterno outsider, non sentì mai di appartenere fino in fondo alla società inglese: la trovava limitante per il proprio animo anticonformista e fu per questo uno scrittore irrequieto.
Perennemente insoddisfatto, si gettò in tutte le occasioni che gli si presentavano: in Europa fu romanziere, diarista, scrittore di racconti e reportage, oltre che sceneggiatore per il cinema, ma il successo e la notorietà lo raggiunsero in America, dove diventò negli anni un punto di riferimento per la comunità gay e per scrittori come Gore Vidal, Tennessee Williams e Truman Capote.
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Adelphi ha da poco pubblicato l’autobiografia del 1976, Christopher e quelli come lui (traduzione di Monica Pareschi, titolo originale Christopher and his Kind), il libro di memorie con cui si mise per la prima volta a nudo. Scritto in terza persona, ad accentuare il distacco tra il momento della scrittura e il momento della vita vissuta, racconta nei dettagli tutte le esperienze dal 1929 al 1939, dalla prima fuga in Germania al trasferimento definitivo negli Stati Uniti.
Di famiglia benestante, Christopher visse un’educazione privilegiata: nelle scuole private strinse amicizia con i futuri compagni di vita Wystan Hugh Auden, Stephen Spender e Edward Upward e insieme formarono un circolo di letterati che animò la scena letteraria inglese degli anni Trenta.
Ciò che lo fece scappare in terra tedesca fu la sua attrazione per i ragazzi più giovani e appartenenti alle classi inferiori. In Inghilterra si sentiva come in una prigione, inibito dalla famiglia, dalla tradizione, dalla morale. I primi anni a Berlino, invece, furono una benedizione: la sua intenzione era proprio quella di rivivere l’adolescenza, questa volta senza freni.
La scoperta sessuale si univa alla fascinazione per il mistero della germanicità: imparò subito il tedesco perché quella era la lingua della seduzione, del romanticismo. Il suo prototipo di ragazzo era il Ragazzo Tedesco, Biondo e Wanderer, un vagabondo come lui, un Ragazzo Perduto, senza fissa dimora, senza un soldo, dall’aria sognante, passivo e senza il senso del pericolo.
A Berlino scoprì e iniziò a frequentare l’Istituto di Studi Sessuali del Dottor Hirschfeld, un pioniere degli studi di genere. Da lì in poi Christopher abbandonò l’idea di omosessualità come stile di vita privato per accettare l’idea di appartenere a una specie di tribù. Lo sapeva già prima, ma ora ne aveva la prova: sentiva un legame di sangue con “quelli come lui”.
Se nell’autobiografia dimostra di non aver paura a raccontarsi nella sua intimità, nella narrativa pura scelse di adottare l’obiettivo della macchina fotografica come metafora della sua idea di letteratura.
In Addio a Berlino, il Narratore sembra nascondere al pubblico la propria omosessualità ma semina inconsapevolmente alcune tracce: tutti i racconti che compongono l’opera sono in fondo dei tentativi goffi del Christopher Personaggio di camuffarsi tra gli altri, dando loro il primato dell’azione. È Berlino il soggetto vivo e Christopher un semplice spettatore.
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Il primo a credere in lui per la pubblicazione fu John Lehmann, direttore della Hogarth Press, la casa editrice dei Woolf. Scopriamo che Christopher non aveva grandi simpatie per Virginia: pur ammirando Gita al faro e La signora Dalloway , la vedeva come un’intellettuale chiusa nella sua torre d’avorio. Ben diversa fu la conoscenza del maestro Edward Morgan Forster, uno scrittore della generazione prima della guerra che Christopher già venerava. Isherwood fu uno dei primi a ricevere in lettura il dattiloscritto di Maurice, una storia scandalosa per via della tematica omosessuale che Forster, pure con alcune espressioni antiquate, riuscì a scrivere nonostante i pregiudizi e il moralismo della sua epoca.
In quegli anni turbolenti la vita di Isherwood si intrecciò anche con quella dei figli di Thomas Mann: l’artista tormentato Klaus e sua sorella Erika, la quale finì per sposare in un matrimonio di convenienza non Christopher (che la rifiutò) ma Auden, pur di fuggire dalla Germania nazista (ottenendo così la cittadinanza inglese).
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La seconda parte dell’autobiografia si concentra più sulla parabola di Heinz, il ragazzo con cui Isherwood ebbe la relazione più lunga prima del trasferimento negli Stati Uniti. Di nazionalità tedesca, Heinz seguì il suo amato Christopher per tutta Europa: Atene, Amsterdam, Canarie, Copenaghen, Lussemburgo, Bruxelles; per lui Christopher sfidò tutti gli ostacoli, chiese aiuto a consolati e ad avvocati, ma questo non bastò: Heinz finì arrestato dalla Gestapo, colpevole di renitenza alla leva.
Fu così che l’Europa divenne un luogo inospitale per Christopher. Abituato al vagabondaggio, si lasciò trasportare dagli eventi e insieme a Auden intraprese un lungo viaggio in Oriente finanziato dagli editori Faber&Faber e Penguin Random House che si tradusse nel reportage edito da Adelphi Viaggio in una guerra.
La fine di Christopher e quelli come lui coincide con l’approdo in America. Nelle ultime pagine del libro Isherwood fa parlare la città: la Statua della Libertà sembra dare il benvenuto al giovane inglese arrivato dall’Europa.
Negli Usa Christopher si sarebbe sentito finalmente a casa. Libero dalle tradizioni avrebbe trovato finalmente l’amore, questa volta non il Ragazzo Tedesco, ma il Ragazzo Americano, un altro Ragazzo Perduto che nella letteratura corrisponde al Ragazzo di Walt Whitman. Il ragazzo in questione, la storia ci insegna, sarà Don Bachardy e a lui questo libro è dedicato.
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