William Shakespeare, Pedro Calderón de la Barca, Molière: sappiamo il ruolo che hanno rappresentato questi grandissimi autori per il rinnovamento del teatro, ma quanti docenti delle superiori trovano tempo in classe per soffermarsi sulle loro opere integrali? Se ne parla nel nuovo numero di “Leggere il mondo”, la guida gratuita del progetto Il Libraio Scuola
«Cos’è la vita? Delirio. Cos’è la vita? Illusione, appena chimera ed ombra, e il massimo bene è un nulla, ché tutta la vita è sogno, e i sogni, sogni sono»
(da Calderón de la Barca, La vita è sogno, Garzanti, p. 161).
William Shakespeare, Pedro Calderón de la Barca, Molière: tutti sappiamo il ruolo che hanno rappresentato questi grandissimi autori per il rinnovamento del teatro, ma quanti di noi trovano tempo in classe per soffermarsi su opere integrali? Oggi vi proponiamo tre opere adatte alla lettura autonoma per studentesse e studenti di classe quarta, anche in vista di possibili arricchimenti in previsione dell’esame di stato.
Accanto a capolavori celeberrimi come Romeo e Giulietta, Otello, Sogno di una notte di mezza estate, vi consigliamo oggi la lettura integrale del Mercante di Venezia: l’opera, probabilmente composta tra 1596 e 1598, dunque nella maturità artistica di Shakespeare, propone un personaggio che è già profondamente barocco, ovvero il malinconico Antonio, molto moderno nel prendere atto di provare una tristezza di cui non si spiega la provenienza.
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Ed è il sentimento dominante dell’uomo barocco, che ha perso la sua centralità dopo che gli studi scientifici hanno ridimensionato l’importanza della Terra, ricollocandola all’interno di un universo sconfinato, di cui il nostro pianeta non è che una misera parte.
Poi, certo, in questo grande dramma possiamo dibattere su Shylock, un villain di alta caratura, che riflette in più occasioni sul suo essere emarginato dalla società in quanto ebreo e mercante in alcuni passi diventati indimenticabili per la lucidità delle sue osservazioni.
Non da ultimo, è interessante la figura di Porzia, eroina che porta avanti una ricerca di emancipazione femminile decisamente ammirevole: anche se si deve travestire da uomo per impersonare il ruolo di avvocato e intervenire nel processo alla fine del dramma, gran parte della sua libertà di pensiero sta nelle parole che pronuncia, prova di fine oratoria e abile capacità di manipolazione della verità.
Al termine della lettura, ci si può confrontare a partire da questo stimolo: chi è davvero colpevole e chi è innocente? La risposta non sarà così netta e l’apparente facilità iniziale con cui si dividono i ruoli tra buoni e malvagi viene a crollare progressivamente. E Shakespeare si riconferma così un fine indagatore dell’animo umano.
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Se già Il mercante di Venezia ha una trama complessa, ancor più intricata è la vicenda che anima La vita è sogno di Pedro Calderón de la Barca, uno dei maestri del Siglo de oro: l’opera, del 1635, ha in sé una fortissima componente fiabesca, a cui si intreccia però il disincanto secentesco. Proprio Calderón intitolò un’altra sua opera coeva Il gran teatro del mondo, ed effettivamente La vita è sogno esprime appieno come nella perdita di valori e nello spaesamento di quel secolo all’uomo non resti che recitare la propria parte al meglio, senza che ci sia una netta divisione tra vita e sogno, ovvero tra realtà e sua mera rappresentazione.
Leggendo le complesse vicende di Sigismondo e degli altri personaggi, che nella traduzione di Dario Puccini sono state mantenute in poesia, percepiamo come accanto agli elementi della fiaba si delineino però alcuni temi già moderni, quali il libero arbitrio. Infatti, Sigismondo è stato incatenato in una torre dal suo vecchio e saggio padre, il re Basilio, perché secondo una predizione il giovane principe sarebbe diventato un tiranno pericolosissimo per le sorti del regno. Eppure Calderón offre al suo protagonista la possibilità di scegliere e addirittura una seconda occasione perché possa cambiare sulla base dell’esperienza.
Permane nell’opera (e in particolare nel secondo atto) la disillusione (desengaño): la felicità passa e va, destinata a restare sempre effimera, così come il discrimine tra realtà e sogno è impalpabile.
Cosa resta allora all’uomo barocco? Non certo l’indifferenza o il disfattismo, ma la possibilità di coltivare la virtù e cercare di non minare la felicità altrui, unica condizione per giungere a una sorta di lieto fine della vicenda.
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Se la lettura integrale della Vita è sogno richiede una certa scaltrezza nel muoversi tra i fili decisamente intrecciati delle vicende (qui si è dato conto solo della storia principale, ma si potrebbero affrontare interessanti riflessioni in classe sulla furbizia dei personaggi femminili presenti nell’opera), molto più rassicurante e lineare è L’avaro di Molière, adatto anche a lettori poco avvezzi al testo teatrale.
La commedia, rappresentata a Parigi per la prima volta nel 1668, non è stata scelta in quanto molto innovativa, ma per essersi ispirata notevolmente al teatro plautino. La lettura integrale offre infatti la possibilità di compiere confronti e rimandi al teatro latino, che in molti istituti viene studiato al terzo anno, mettendo in luce come da un lato Molière dia voce a sentimenti umani a dir poco atavici, operando però d’altro lato un approfondimento psicologico notevole della figura del padre di famiglia, Arpagone, tanto avaro da risultare a dir poco comico anche ai giorni nostri. Negli istituti dove non si studia latino, può proprio essere questa la chiave di lettura su cui lavorare maggiormente: come l’avidità e l’avarizia rendano il protagonista degno di essere raggirato e deriso da tutti quanti, figli e servitori compresi.
Più concentrato sulla vicenda amorosa rispetto alla fonte plautina, L’avaro offre anche l’occasione per una riflessione sul divario generazionale tra genitori e figli, sull’ipocrisia della società, nonché sulla scaltrezza con cui alcune figure femminili riescono a conseguire i propri obiettivi, a dispetto della volontà della società e del paternalismo di Arpagone.
In conclusione, queste tre opere, paradigmatiche del loro tempo, sono anche espressione di come il teatro assuma aspetti e funzioni differenti a seconda del contesto storico-culturale e artistico del proprio Paese. Tali peculiarità non fanno che sottolineare la profonda influenza che il tempo e lo spazio esercitano sugli intellettuali coevi.
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L’AUTRICE – Gloria Maria Ghioni, insegnante di Lettere e fondatrice del sito Criticaletteraria.org (oltre che collaboratrice di diverse testate, tra cui il nostro sito), è consulente didattica del progetto Il Libraio Scuola.
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