“Ero diventata quel tipo di persona che chiede di che segno sei, prima ancora del resto. Che con lo scorpione non voglio avere niente a che fare, annunciavo, e la bilancia ok, ma dipende dalla decade. Non che non mi affascini la faccenda, tutt’ora, ma passava il tempo, il mio tempo, e mi accorgevo che stavo delegando ai giri delle stelle ogni cosa. Stavo male, per esempio, per colpa di Saturno, mica perché non mi trovavo più e nulla facevo per rimettermi in piedi!” – Su ilLibraio.it la riflessione della scrittrice Valentina Farinaccio

Leggevo il suo oroscopo, prima del mio. Poi non più. Ci si comincia a lasciare così, quella mattina a caso in cui non si dà un’occhiata al segno dell’altro, innanzitutto. Il fatto è che si smette di amare, a un certo punto, esattamente come smette di funzionare la lavatrice. E allora, in automatico, si smette pure di andare a vedere che cosa succederà allo scorpione, nella settimana che sta per cominciare. Ho passato un anno bruttissimo, una volta, e mi pareva la cosa più saggia da fare: togliermi la responsabilità di tutto quel dolore, affidare ogni mia giornata agli oroscopi. La mattina, c’erano Branko e le stelle; a seguire, Paolo Fox, che faceva la classifica dei segni seduto accanto a Giancarlo Magalli; poi, di corsa, sul sito di Simon & The stars, per verificare. Abitavo, in pratica, in una sfiancante e inesauribile rassegna stampa di previsioni astrali. Perfino l’oroscopo di Tiscali, leggevo con devozione. Il giovedì, poi… il giovedì si pronunciava Brezsny, finalmente, su Internazionale, e io mi mettevo in allerta dal martedì: chissà se andrà meglio, mi domandavo, aspettando le divinazioni eruditissime di Rob. Ero diventata quel tipo di persona che chiede di che segno sei, prima ancora del resto. Che con lo scorpione non voglio avere niente a che fare, annunciavo, e la bilancia ok, ma dipende dalla decade. Non che non mi affascini la faccenda, tutt’ora, ma passava il tempo, il mio tempo, e mi accorgevo che stavo delegando ai giri delle stelle ogni cosa. Stavo male, per esempio, per colpa di Saturno, mica perché non mi trovavo più e nulla facevo per rimettermi in piedi!

Quanto è difficile, prendersi la responsabilità della propria vita. Difficile scegliere, difficile impegnarsi, difficile lasciarsi, difficile invecchiare, difficile parlarsi. Un mio fidanzato, molti anni fa, mi diceva: “Io e te parliamo davvero soltanto quando siamo in crisi”. Il solito pesante, lo rimproveravo, il solito paranoico. “Perché dovremmo parlare, se stiamo bene?”, e gli ricordavo che anche Bruno Lauzi scriveva canzoni solo quando era triste, perché, quando era felice, usciva! Ma aveva ragione, quel mio ex che oggi è una foto stropicciata dagli anni. Della nostra felicità, ci occupiamo poco. Quando c’è, la trattiamo con distrazione. Quando non c’è, la cerchiamo nelle decisioni degli altri, nelle vite degli altri, nelle ultime pagine dei giornali che troviamo dal parrucchiere, o sui tavolini del bar. E gli oroscopi non fanno altro che recitare un copione che ci facilita il futuro: ci raccontano, per cominciare, quello che per colpa dei pianeti non va, ci promettono che tutto si sistemerà, e ci annunciano, infine, che il prossimo anno sarà il nostro.

Così, un giorno, ho smesso. Sia il mio che il suo. E gli oroscopi ho cominciato a inventarli. Scritti per bene, come fossero veri, ma fasulli, perché non ho mai avuto dimestichezza col cielo e con i suoi disegni. Per chi mi fa del male, allora, flagelli di ogni tipo. Per me, che sono del segno dei pesci, ogni felicità. Un gioco inutile, che serve solo a chi lo fa. Perché con le proprie debolezze, bisogna divertirsi. Sfidarle a duello, prenderle in giro. Bruno Lauzi, quando era felice, usciva. O, chissà, magari era felice proprio perché usciva… Di certo no, non restava in casa a leggere l’oroscopo.

Valentina Farinaccio

L’AUTRICE E IL SUO NUOVO ROMANZO – Valentina Farinaccio (nella foto di Nicole Rivellino, ndr) è nata a Campobasso e da molti anni vive a Roma. Il suo primo romanzo,La strada del ritorno è sempre più corta (Mondadori, 2016), ha vinto il premio Rapallo Opera Prima, il premio Kihlgren, e Adotta un esordiente. Le poche cose certe (Mondadori, 2018), il suo secondo libro, racconta una storia tanto incantata e feroce allo stesso tempo, di attese e incontri mancati, di errori e di redenzione.

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