Esistono gli italiani? Giorgio Zanchini muove da questa domanda per la sua indagine su “un’identità fragile”, che vive di storia e di attualità. Il suo nuovo libro tiene conto della grande letteratura dedicata all’argomento e la arricchisce di nuove interviste a personaggi eminenti, raccordate dalle riflessioni dell’autore…

Esistono gli italiani? Una domanda piena di luci e ombre, che apre a risposte varie e ampie, quella che dà il titolo all’indagine condotta da Giorgio Zanchini e uscita per RaiLibri. Il noto giornalista e conduttore di programmi quali Quante storie e Rebus su Rai 3 e Radio anch’io su Rai Radio 1 muove da una domanda comune, che non ha mai smesso di interessare e di generare studi. Parlare di “identità italiana” è una “fatica improba” (p. 17), eppure il dibattito in merito non smette di affascinare.

Esistono gli italiani

Nel primo capitolo di questo nuovo libro, Zanchini affronta i nodi nevralgici della “questione”, ricollegandosi alla letteratura sull’argomento. Le sue osservazioni dialogano, tra gli altri, con gli studi di Giulio Bollati e di Ernesto Galli della Loggia: mostra come “identità italiana” siano parole polisemiche, sfuggenti, che potrebbero facilmente condurre a luoghi comuni e a facili dicotomie. Peccato che qualsiasi generalizzazione risulti rischiosa, così come la classica contrapposizione tra Nord e Sud. Cogliere invece i diversi contributi di scrittori, artisti, intellettuali, storici che attraverso i secoli si sono interrogati sull’identità italiana permette a Giorgio Zanchini di mostrare fin da subito la complessità e la molteplicità delle riflessioni che si sono accumulate.

E la scienza porta il suo importante apporto nel confermare che non esiste un’italianità scritta nei geni, dal momento che siamo il popolo con maggiore ricchezza genetica d’Europa e che, in ogni caso, il 99% del DNA è uguale per tutti gli esseri umani. Lo confermano Guido Barbujani e Telmo Pievani: genetista il primo, filosofo della scienza e studioso di evoluzionismo il secondo, non fanno che rinsaldare l’idea che l’italianità sia, semmai, una costruzione storico-culturale e antropologica.

Giungiamo così al terzo capitolo, il più originale dell’opera, dal momento che propone interessanti e brevi interviste rivolte a studiosi eminenti, che spesso sono stati ospiti di Quante storie. Giorgio Zanchini non si limita ad accostare questi contributi, ma li commenta, li fa interagire tra di loro, mostrando, ad esempio, come le posizioni possano differire, ma raramente divergere. Così non ci si riferisce mai solo alla storia della nostra penisola, ma si getta uno sguardo anche sull’attualità, politica e non. Tra i nomi degli intervistati che offrono riflessioni più ampie, spiccano lo storico contemporaneista Emilio Gentile e il direttore Censis Massimiliano Valerii, a cui si avvicendano i brevi ma efficaci punti di vista di Paolo Mieli, Michela Ponzani, Sabino Cassese, Corrado Augias e Franco Cardini.

Nel quarto capitolo, l’autore torna sulla disparità tra Nord e Sud Italia, presentando le diverse posizioni degli storici in merito e riflettendo su come questa metafora dualista sia talvolta comoda, ma non fotografi esattamente lo stato delle cose, e, per quanto sia ormai in crisi, è ancora diffusa nell’opinione pubblica. Anche in questa parte per la sua trattazione l’autore fa riferimento a studi recenti, tra cui emergono in modo particolare le posizioni di Guido Pescosolido e Carlo Borgomeo.

Meno divisivo e più distensivo, il quinto capitolo ha al centro i media: da grande conoscitore della realtà televisiva e radiofonica, Giorgio Zanchini riflette su quanto tv, radio e cinema prima e la rete oggi abbiano concorso e concorrano tuttora alla costruzione della nostra identità. Gli esempi, in questo caso, vengono attinti direttamente dall’esperienza dell’autore. Invece, per verificare quale influenza abbiano i social network sulla lingua italiana Giorgio Zanchini intervista la linguista Valeria della Valle.

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Si giunge così a “una breve e prudente conclusione”, in cui l’autore tira le fila di queste quasi duecento pagine, traendo alcune considerazioni, senza “rispondere in modo secco, stentoreo, sentenzioso” (p. 190). L’obiettivo di Zanchini è infatti quello di fornire “un po’ di materiale per farsi un’idea” e dunque lasciare che siano i lettori a trarre poi le proprie conclusioni, benché, come in qualsiasi saggio, la selezione degli interlocutori e il taglio dato all’opera siano già di per sé uno strumento interpretativo della posizione dell’autore.

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