Chi è Eve Babitz, scrittrice, modella, autrice di alcune delle cover di album che hanno fatto la storia del rock e icona degli anni Sessanta e Sessanta. Nei suoi romanzi-memoir racconta con disincanto l’amore e le relazioni negli sfarzi della sua amata Los Angeles. E vive con ardore il suo essere una donna che ama uomini illustri…

In Italia il suo nome non dice molto, ma negli Stati Uniti, in particolare nella scena artistica di Los Angeles degli anni Settanta, Eve Babitz è una leggenda. Nata a Hollywood nel 1943, è una figlia d’arte: la madre è un’artista, il padre un violoncellista che lavora per la 20th Century Fox.

Eve Babitz ha raccontato la sua vita e il suo mondo, quello dello show business losangelino, non solo in articoli e racconti pubblicati sulle più importanti riviste d’oltreoceano, come Vogue, Esquire, Cosmopolitan e Rolling Stone, ma anche in romanzi corrosivi come Slow days, Fast company – Il mondo, la carne, L.A. in uscita in Italia per Bompiani, nella traduzione di Tiziana Lo Porto.

Babitz racconta un mondo, il suo, fatto di sfarzi ed eccessi in una città costruita dal nulla per il divertimento di chi il sogno americano è riuscito ad avverarlo. E dove la carne, sensuale e lasciva, fa da padrona. Non a caso Eve Babitz, appena ventenne, ha raggiunto la fama scandalizzando l’America. È lei la donna nuda che gioca a scacchi con Marcel Duchamp nell’ormai iconica fotografia di Julian Wasser.

D’altronde cosa ci si poteva aspettare dalla donna che ha come padrino il caro amico di famiglia Igor Stravinsky?

Dopo l’exploit come modella, Eve Babitz si dedica alla grafica di cover per album entrati nella storia del rock: lavora con Linda Ronstadt, The Byrds e Buffalo Springfield. E scrive con occhio lucido d’amore, di relazioni e di Los Angeles, la sua città.

Realtà e fiction nelle sue opere si uniscono: la protagonista sembra sempre lei, Eve, ma non c’è mai la certezza che lo sia davvero. Così come è difficile scoprire se tutto quello di cui scrive sia la verità, o un’interpretazione hollywoodiana, di quelle che superano la realtà.

In Italia, finora era stato tradotta solo la raccolta di racconti Cigni neri nel 1995 da La Tartaruga, un libro ormai fuori catalogo. In America, invece, la scrittrice ha pubblicato anche L.A. Woman (che porta lo stesso titolo di un disco dei Doors), Sex and Rage e il suo esordio, Eve’s Hollywood, del 1974.

Slow days, Fast company è un altro esempio del suo stile: un memoir fittizio sull’amore e le relazioni, dedicato a un amante indefinito. E che si apre con una dichiarazione d’intenti: “Vorrei mettere in chiaro fin da subito che non mi aspetto nessun lieto fine”.

Nell’opera Eve Babitz si appropria di un tema, l’amore – già al centro di innumerevoli romanzi e memoir – e lo fa suo, leggendolo attraverso la lente della disillusione. Perché l’amore più vero lo nutre per la sua città, Los Angeles, a cui dedica le descrizioni più commoventi, fatte di cieli “color lavanda” e nuvole “divenute di colpo arancioni”.

Il disincanto nei confronti dell’amore, mito della società sua contemporanea, ma non solo, ha fatto di lei un’icona di libertà femminile. Ma, come un coltello a doppia lama, ha anche reso Eve Babitz oggetto di pettegolezzi per via delle sue relazioni con uomini celebri come Jim Morrison, Steve Martin, Harrison Ford e i fratelli Ed e Paul Ruscha.

Rumors che però non hanno intaccato la sua credibilità come autrice: tra i suoi ammiratori vanta anche Bret Easton Ellis che ha definito i suoi libri “carichi dell’entusiasmo e dell’affetto che Babitz nutre per L.A. e le sue sottoculture”.

La mondanità di Eve Babitz è stata frenata da un incidente nel 1997, quando la cenere del sigaro che stava fumando ha dato fuoco ai suoi abiti. Ustionata su quasi tutto il corpo,  la scrittrice ha dovuto fare affidamento sugli aiuti economici degli amici e degli ex fidanzati per pagare le spese mediche, perché priva di assicurazione sanitaria.

Eve Babitz continua però a vivere nella sua amata Los Angeles, musa delle sue opere.

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