“Solo in Francia mi è concesso di provare l’ebrezza di essere solo uno scrittore. Quanto all’Italia, temo che i pregiudizi siano inevitabili, e non mi pesano, anzi li capisco…”. Il ministro dei Beni e le Attività Culturali Dario Franceschini racconta a ilLibraio.it il suo rapporto con la scrittura in occasione dell’uscita di “Disadorna e altre storie”: “Ci tenevo a pubblicare un libro di racconti, da noi è considerato un genere minoritario, ma sono convinto che nell’era della brevità, della velocità, i racconti possono conquistarsi lo spazio che meritano…”. E auspica: “Oltre che sulla promozione della lettura, mi auguro che la prossima legislatura si impegni per una legge sul libro che sostenga l’intera filiera dell’editoria” – L’intervista, in cui parla anche delle sue letture

Sono ormai trascorsi 11 anni dal debutto letterario di Dario Franceschini, ferrarese, classe ’58, esponente di punta del Partito Democratico e attuale ministro dei Beni e le Attività Culturali: il romanzo Nelle vene quell’acqua d’argento (Bompiani) fu ben accolto anche in Francia. E proprio oltralpe, dove i suoi libri sono tradotti da un marchio prestigioso come Gallimard, l’autore de La follia improvvisa di Ignazio Rando, di In 10 parole. Sfidare la destra sui valori, di Daccapo e del romanzo breve Mestieri immateriali di Sebastiano Delgado, è apprezzato per la sua attività letteraria (in Italia, invece, spesso si ritrova a fare i conti con i pregiudizi).
A quattro anni dall’ultima pubblicazione, Dario Franceschini torna in libreria con una raccolta di 20 brevissimi racconti (quasi degli incipit), dal titolo Disadorna e altre storie (La Nave di Teseo). Per l’occasione, ilLibraio.it lo ha intervistato.

Disadorna Dario Franceschini

Franceschini, come definirebbe queste queste micro-storie?
“Uno dei titoli a cui avevo pensato per la raccolta era Capitoli primi. Anche perché molti dei racconti contenuti in Disadorna e altre storie sono quasi degli incipit…”.

Sono tutti nati per essere inclusi in questa raccolta, o qualcuno era l’idea iniziale per un romanzo?
“Si tratta di testi scritti in momenti diversi. Alcuni sono stati pensati come racconti conclusivi, in altri, invece, il finale è volutamente sospeso. Per il momento lascio libero il lettore di immaginare il seguito”.

L’impressione è che a tenere insieme le storie sia l’atmosfera che fa da filo conduttore, oltre a certe immagini ricorrenti, come quelle legate a treni e stazioni…
“È vero, ci sono tante stazioni. Del resto trascorro moltissimo tempo in treno”.

Stavolta si è dedicato ai racconti perché in questi anni al governo non ha avuto tempo per dedicarsi alla stesura di un testo più lungo? 
“Da un lato il genere del racconto ti consente di scrivere in momenti successivi, mentre il romanzo ha bisogno, almeno per quel che mi riguarda, di continuità; dall’altra ci tenevo a pubblicare un libro di racconti”.

Un genere letterario purtroppo a volte sottovalutato dai lettori italiani.
“Ci tenevo proprio per questa ragione: da noi è considerato un genere minoritario. Non voglio sembrare presuntuoso, non sarà certo la mia raccolta a segnare una svolta, ma sono convinto che nell’era della brevità, della velocità, i racconti possono conquistarsi lo spazio che meritano, anche per avvicinare i più giovani – abituati ormai ai ritmi dei social – alla lettura di libri”.

Quella del racconto è un’arte complessa: quali sono i suoi riferimenti letterari in questo genere?
“Su tutti cito Hemingway, con I quarantanove racconti“.

A proposito del Franceschini lettore, quali libri ha amato negli ultimi anni? 
“Confesso di aver sempre avuto una passione per il realismo magico sudamericano, è anche una questione generazionale”.

Legge più romanzi o saggi?
“La lettura di saggi la considero parte del mio impegno politico. Quando posso leggere per piacere, preferisco i romanzi”.

Legge solo su carta o anche in ebook?
“Amo i libri cartacei”.

Tornando ai suoi racconti, ce n’è anche uno “meta-letterario”, il primo, in cui uno scrittore sudamericano, Paco Tovar, si trasferisce sul delta del Po, dove ritrova l’ispirazione in un albergo vuoto da tempo: ci sono stati momenti in cui gli impegni al ministero e il dibattito politico hanno messo in crisi la sua ispirazione letteraria?
“Non credo, del resto vi sono abituato. A parte i primi due libri, che ho scritto da ragazzo e che sono stati pubblicati più avanti, tutti i miei romanzi sono stati scritti in contemporanea alla mia attività politica. Allo stesso tempo, quando lavoro a un nuovo libro devo prendermi una pausa totale dal resto. Invidio chi riesce a lavorare a un libro e a fare altro contemporaneamente… si diceva che Andreotti scrivesse in Aula”.

A proposito di Andreotti, sarete “compagni” di casa editrice. Prima di Natale La Nave di Teseo pubblicherà un suo inedito…
“Ho saputo, sono curioso”.

Il suo sogno da scrittore è di essere giudicato senza pregiudizi?
“Solo in Francia mi è concesso di provare l’ebrezza di essere solo uno scrittore. Quanto all’Italia, temo che i pregiudizi siano inevitabili, e non mi pesano, anzi li capisco. Anch’io, quando vado in libreria, istintivamente tendo a propendere per l’acquisto dell’ultima novità di un romanziere di professione. Certo, mi piacerebbe che chi leggesse un mio libro non fosse condizionato dal mio essere un politico. In passato ho anche pensato di scrivere sotto pseudonimo”.

Perché non lo ha fatto?
“Gli pseudonimi hanno vita breve. E poi sarebbe come non dare il proprio cognome a un figlio”.

Dunque riesce a far convivere scrittura e politica.
“Sì, anche perché non ho due vite a disposizione. Certo, si tratta di due mondi lontani, ne sono consapevole: per natura il politico non solo divide, ma da lui ci si aspetta razionalità, pragmatismo. Al contrario, da uno scrittore ci si attendono trasgressioni, fantasia, sregolatezza”.

Ha in mente l’idea per un nuovo romanzo?
“Naturalmente ho varie idee. Al momento non so quale prevarrà, potrei continuare anche uno dei racconti lasciati in sospeso in questa raccolta, ma non svelo quale”.

Fin qui il Franceschini scrittore e lettore. Chiudiamo con il suo ruolo politico, in riferimento al tema della promozione della lettura (i dati restano negativi) e ai problemi della filiera del libro. Tra pochi mesi si chiuderà la legislatura, ha dei rimpianti?
“In questi anni abbiamo spinto e investito sulla promozione della lettura nelle scuole, con il Centro per il libro, l’Associazione Italiana Editori e il Miur. Ma è un lavoro culturale, fondamentale, che darà i suoi frutti nel lungo periodo. Probabilmente nemmeno il mio successore raccoglierà i frutti di questo lavoro, bisognerà attendere degli anni. Promozione della lettura a parte, mi auguro che la prossima legislatura si impegni per una legge sul libro che sostenga l’intera filiera dell’editoria. Così come si aiuta il cinema o lo spettacolo dal vivo, dobbiamo immaginare una legge che aiuti allo stesso tempo librai, autori, editori…”.

 

 

 

Fotografia header: Il ministro dei Beni e le Attività Culturali Dario Franceschini

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