“Le fotografie non sono mai innocenti: la loro neutralità, la loro oggettività è quella della Sfinge, che restando immobile ci trafigge con le sue domande. Perché un istante sopravvive all’onda oscura del tempo? Perché quell’istante e non un altro? Perché il passato ha scelto di spiccare un breve frammento di sé e di colpirci con esso alle spalle, quando meno lo aspettiamo?”. Su ilLibraio.it Francesco Maria Colombo, direttore d’orchestra e critico musicale, racconta com’è nato il suo romanzo d’esordio, “Il tuo sguardo nero”

All’inizio di tutto c’è un corpo di donna: nudo, bianco, visto di spalle, sagomato nelle curve e nelle rientranze che hanno le clessidre. Di quella donna non si vede il volto se non nello specchio davanti al quale si ravvia i capelli, confuso con la vanitas di un mazzo di fiori.

Non ricordo dove né quando ho guardato per la prima volta quella fotografia scattata da Pierre Louÿs, poeta, scrittore, dandy, erudito, erotomane, punitore di se stesso, uno dei personaggi che hanno dato il tono alla Parigi di Proust e di Gide, dei quali era amico. Da allora non sono più riuscito a staccarmene. Volevo sapere chi fosse quella donna e perché fosse lì: così è cominciata la mia indagine. Si chiamava Marie de Régnier, aveva poco più di vent’anni, era l’amante di Pierre Louÿs, ne sarebbe divenuta cognata e madre dell’unico figlio di entrambi. Anche Marie scriveva; anche Marie era amica di Proust e di Gide; anche Marie era un’erotomane ignara di rinunce.

Ho scritto Il tuo sguardo nero per raccontarne la storia? Sì e no: la storia (che fu breve, febbrile, dolorosa) c’è tutta, ma è la porta d’ingresso a un labirinto. Le fotografie non sono mai innocenti: la loro neutralità, la loro oggettività è quella della Sfinge, che restando immobile ci trafigge con le sue domande. Perché un istante sopravvive all’onda oscura del tempo? Perché quell’istante e non un altro? Perché il passato ha scelto di spiccare un breve frammento di sé e di colpirci con esso alle spalle, quando meno lo aspettiamo? Perché Marie de Régnier ha cercato invano di costruire la propria immortalità letteraria, e invece quel che le sopravvive, con il suo incorruttibile splendore, è un’immagine che lei avrebbe fatto di tutto per distruggere? Quale intimazione di eternità ci detta quell’attimo fissato dalla luce?

Ecco il labirinto. La via maestra sembra essere l’amore tormentato di Pierre e di Marie, ma è intersecata continuamente da altre suggestioni, il tempo presente di chi si mette sulle tracce, la memoria autobiografica, lo sgomento di noi che all’immagine fotografica (a qualsiasi immagine fotografica: su tutte è stampato un duplice motto, “per sempre” e “mai più”) siamo sopravvissuti. Il percorso si sdoppia e si segmenta in anse, risacche, false prospettive, ingannevoli approdi, détours che si scopriranno poi non esser tali. Pierre Louÿs intitolò il suo capolavoro poetico, dedicato alle ore vissute con Marie de Régnier, Pervigilium Mortis: veglia funebre. Il labirinto di questo romanzo è creato dall’oscillazione perpetua tra i due estremi, fuggevolezza e persistenza, labilità e perennità. Percorrendolo si scoprono scorci imprevisti, la storia di Pierre de Ronsard e Marie Dupin, Walter Benjamin commentatore di Baudelaire, la tomba di una principessa giapponese raccontata da Kawabata, Lino Ventura che si aggira per Barcellona in un vecchio film dimenticato, Chateubriand sulla nave che lo porta in America, l’autoritratto del capitano Scott e dei suoi uomini al Polo Sud, la prima volta che io stesso, bambino, associai l’identità della fotografia con un catalogo di morti.

Come usciremo dal labirinto? In realtà, tutto il libro non è altro che un modo, forse arbitrario e capriccioso, di arrivare all’ultima parola, una parola di quattro lettere pronunciata una volta sola nelle oltre trecento pagine. Quello sbocco finale coincide con l’intuizione originaria, dalla quale la scrittura e la struttura del romanzo sono discese. Sul foglio bianco, quell’ultima parola è stata la prima che ho scritto. Posso solo raccomandare il lettore di non sbirciarla: è solo a quel punto che le pareti del labirinto si sgretolano, e la Sfinge pronuncia la risposta.

francesco maria colombo

L’AUTORE E IL SUO PRIMO LIBRO – Francesco Maria Colombo è attivo dal 2001 come direttore d’orchestra a livello nazionale e internazionale, nel repertorio sinfonico e operistico. È in libreria con il suo primo romanzo, Il tuo sguardo nero (Ponte alle Grazie).
L’autore ha lavorato come critico musicale, redattore al Corriere della Sera e conduttore del programma televisivo Papillons.

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