Giacomo Mazzariol, classe 1997, a ventun anni è il perfetto portavoce della Generazione Z, ragazzi che come lui sono nati e cresciuti con internet e che usano la rete per raccontarsi. Ora è in libreria con il suo secondo libro, “Gli squali”, e su Netflix con “Baby”, la serie che ha sceneggiato con il collettivo GRAMS*. E a proposito della sua generazione, racconta a ilLibraio.it: “Ha una libertà infinita, che però può diventare una mancanza di stabilità e di punti fermi. Proprio quando si ricevono tantissimi stimoli, è importante avere delle basi solide: questo ci permette di non essere ‘sdraiati’, ma attivi. E questo vale anche per il rapporto con la tecnologia, che è possibile usare in modo attivo, per scoprire e avere letteralmente il mondo a portata di mano”

Giacomo Mazzariol (in copertina fotografato da Alice Mazzariol, ndr), classe 1997, a ventun anni è il perfetto portavoce della Generazione Z, ragazzi che come lui sono nati e cresciuti con internet e che usano la rete per raccontarsi.

Ora è in libreria con il suo secondo libro, Gli squali (Einaudi Stile Libero), in cui racconta la storia di Max, un diciannovenne che ha inventato una app e che proprio grazie alla sua creazione si trova con un’offerta di lavoro e la prospettiva di una carriera in una sorta di Silicon Valley romana subito dopo l’esame di maturità. Nel romanzo Mazzariol affronta tematiche come la fama, le aspettative della società sui più giovani, ma anche le relazioni e le amicizie. 

Giacomo Mazzariol intervista

Una storia che non può che richiamare l’epopea personale di Mazzariol: nel marzo del 2015 carica su YouTube un video, The Simple Interview, girato con il fratello minore Giovanni, che ha la sindrome di Down, e il corto è ripreso dai principali quotidiani. Nel 2016 pubblica Mio fratello rincorre i dinosauri (Einaudi), da cui verrà tratto un film sceneggiato dallo stesso Mazzariol. In seguito tiene un blog su La Repubblica, Generazione Z. Quest’anno con il collettivo GRAMS* – composto da Antonio Le Fosse, Marco Raspanti, Re Salvador, Eleonora Trucchi – scrive la sceneggiatura di Baby, la serie di Netflix sul caso delle giovanissime squillo dei Parioli, che si compone di sei episodi diretti da Andrea De Sica e Anna Negri.

Giacomo Mazzariol intervista

Mazzariol, Gli Squali parla della sua generazione, ma è anche vicino alla sua esperienza di giovanissimo personaggio pubblico. Com’è nato il romanzo?
“Mi sento rappresentato dal libro: negli ultimi anni ho riflettuto spesso su come noi più giovani ci possiamo muovere in un mondo iperconnesso, dove troviamo moltissime opportunità per promuovere nuove idee ma anche innumerevoli rischi. Idee che ho già avuto modo di analizzare lavorando a Generazione Z di Repubblica, e collaborando alla sceneggiatura di Baby. Per due anni sono stato immerso in tematiche che riguardano me e i miei coetanei, e così è nata la storia di Max, che è in parte anche la mia”.

Un’esperienza diversa rispetto alla scrittura di Mio fratello rincorre i dinosauri, che invece nasceva da uno spunto puramente biografico.
“In realtà già il mio primo libro era un romanzo: nasceva dai miei ricordi e dalla mia vita accanto a mio fratello, ma c’erano anche pagine di pura narrativa. Per Gli Squali, invece, volevo partire da qualcosa di completamente nuovo. Poi, però, inevitabilmente si è inserito l’elemento autobiografico: ho pensato che la mia storia poteva essere un esempio di quello che può accadere a un ventenne in un mondo così veloce e connesso. Max è nato partendo dalla mia esperienza, ma poi ha preso la sua strada”.

A soli diciannove anni, grazie a un video su YouTube e poi a un libro, la sua vita è cambiata. Ci racconta la sua esperienza?
“Dopo l’uscita del libro la fama è arrivata grazie alla televisione e alle interviste, poi per fortuna ho ricevuto attenzione dai miei coetanei – e non solo – durante le presentazioni, per quello che esprimevo. Uno slancio forte, che mi ha spinto anche a testare nuovi format, come la sceneggiatura. Un’esperienza, quest’ultima, che si è rivelata positiva”.

In che modo?
“Spesso scegliamo la nostra carriera basandoci sul sentito dire o su degli stereotipi, invece io ho avuto la possibilità di sperimentare molto in un solo anno. Anche se ora ho un rimpianto”.

Quale sarebbe?
“Non avere il tempo per frequentare l’università”.

Ritorniamo a Gli squali: nel libro racconta la vita dopo il liceo non solo di Max, ma anche dei suoi più cari amici, che si trovano ad affrontare molteplici sfide. Quali sono gli ostacoli più grandi che i ragazzi devono affrontare?
“Sembra che possiamo avere tutto a portata di mano, ma così facendo si rischia di ritrovarsi con niente. A partire dalla conoscenza, che appare a portata di click. La mia generazione ha una libertà infinita, che però può diventare una mancanza di stabilità e di punti fermi. Proprio quando si ricevono tantissimi stimoli, è importante avere delle basi solide: questo ci permette di non essere ‘sdraiati’, ma attivi. E ciò vale anche per il rapporto con la tecnologia, che è possibile usare in modo attivo, per scoprire e avere letteralmente il mondo a portata di mano”.

Tuttavia non mancano le critiche da parte degli adulti alla Generazione Z, “iperconnessa”.
“I tempi cambiano, ma gli stereotipi restano sempre gli stessi. Già Pasolini criticava la generazione a lui successiva dicendo che sarebbe stata dipendente dalla televisione. Oggi lo si dice degli smartphone. Lo scontro generazionale è inevitabile. Un’altra critica che ci viene fatta è quella di essere consumisti, ma il desiderio delle aziende di instaurare il bisogno di acquistare c’è sempre stato, così come ci son sempre state le mode. Ora però è un fenomeno più capillare, che ha molti più mezzi per raggiungere i ragazzi. La mia generazione sta vivendo in un momento di crisi, dove i media tradizionali sono stati scalzati da altri metodi di comunicazione”.

Una crisi che si riflette anche su altri aspetti della vita dei più giovani…
“Siamo a cavallo tra due realtà e alcuni spazi ormai sono saturi, ma credo che chi verrà dopo di noi vivrà molto meno la precarietà: per i giovanissimi è sempre più facile provare a rendere la propria passione una professione”.

Un altro aspetto della vita della Generazione Z, spesso discusso, riguarda i rapporti con gli altri, dalle amicizie alle relazioni, in molti casi virtuali. Anche tramite il suo lavoro per la serie Baby, che si concentra su sesso e giovanissimi, cosa ci può dire a riguardo?
“La pornografia è entrata nelle nostre vite propinandoci degli standard che un po’ rovinano la scoperta fisica e intima del sesso. Paradossalmente ha creato sia insoddisfazione sia soddisfazione. Insoddisfazione durante le relazioni, ma anche soddisfazione facile, a portata di click. Non si può negare che la pornografia sia anche servita a sdoganare il tabù del sesso, e questo è positivo. Però non nego che possa creare false aspettative. Anche la continua connessione sui social media e le app di incontri ci potrebbero aver impigrito: perché fare la ‘fatica’ di chiedere il numero a una ragazza che si incontra in treno quando poi possiamo, solo con qualche indizio, cercarla online? Le dinamiche della relazione, dell’incontro e del contatto con l’altra persona sono sicuramente cambiate”.

Informazioni che sono a portata di mano anche per i giovanissimi…
“Lavorando a Baby abbiamo fatto delle ricerche e ci siamo accorti del desiderio di diventare sempre più presto adulti da parte dei giovanissimi. Una smania di bruciare le tappe che trova un alleato nel numero di informazioni che si possono reperire online. Però è sbagliato credere che i ragazzini di oggi siano frivoli: la voglia di scoprire e di crescere è guidata da un pensiero forte, dalla sete di sapere”.

Cosa le piacerebbe fare “da grande”?

“Di sicuro voglio scrivere ancora, mi piace. Ora devo portare a termine alcuni progetti con il collettivo e la serie. Ho di fronte molto lavoro sulla sceneggiatura, e poi le presentazioni del libro… spero in una piacevole transizione verso una situazione più tranquilla, dedicata allo studio e alla creazione artistica. Per un paio di anni mi vedo ancora a sperimentare, perché per fare bene una cosa ci vogliono tanta consapevolezza e altrettanta conoscenza”.

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