“Rimane in me la speranza che indagare il passato della mia famiglia sia una chiave d’accesso per il passato di molte famiglie e di tutto il Paese”. Giulia Caminito racconta su ilLibraio.it com’è nato il suo secondo romanzo, “Un giorno verrà”: “Cercare storie nel passato per me è un modo di indagare l’attualità…”

La voglia d’intraprendere il progetto di Un giorno verrà è nata grazie a una storia di famiglia.

Mia madre ha trascorso tutte le estati della sua infanzia e adolescenza a Serra de’ Conti, un borgo medioevale nelle Marche, perché mia nonna era originaria di lì.

Mia madre ricorda ancora oggi chiaramente la casa in cui è tornata anno dopo anno, le amicizie e i primi amori, le storie e le leggende del borgo. In particolare, negli anni mi ha nominato più volte la figura del mio bisnonno materno, Nicola Ugolini, fervente anarchico e uomo profondamente anticlericale, vissuto a Serra nei primi decenni del Novecento e poi scappato in Germania, una volta morta la madre dei suoi figli per colpa della febbre Spagnola. Le Marche, la vita di estrema provincia, il movimento anarchico, l’avversione per la Chiesa e il clero e infine la tragedia dell’epidemia di Spagnola, sono stati i primi elementi a incuriosirmi e spronarmi a iniziare il processo di raccolta delle fonti e poi di scrittura.

Come mi capita spesso di dire, io fatico a parlare del presente, di ciò che mi circonda e della mia persona, ho invece una forte fascinazione per il passato e per quei fenomeni politici e sociali considerati quasi tabù nella cultura italiana come il Colonialismo, l’anarchismo, il brigatismo, il brigantaggio ecc. Quei momenti della nostra storia che non vengono studiati sui banchi di storia e che non è semplice sentir raccontati da cinema e televisione.

Una volta deciso il soggetto del nuovo romanzo, sono andata quindi con mia madre e mio padre a Serra de’ Conti con l’idea di raccogliere i primi materiali. Mentre raggiungevamo il borgo in macchina mia madre ha ricordato anche un’altra storia di Serra: quella del convento di clausura. Quando siamo arrivati allora abbiamo cercato prima di tutto il convento, per curiosità, e abbiamo capito che al suo posto oggi esiste un Museo dedicato alla vita e alla storia delle monache clarisse di Serra. Dentro al museo ho scoperto che lì aveva vissuto anche una suora nera, Zeinab Alif, alias Suor Maria Giuseppina Benvenuti, chiamata in paese la Moretta, di cui ancora si possono osservare le fattezze grazie alle statue votive. Una donna arrivata dal Sudan e diventata simbolo della resistenza religiosa negli anni di guerra e di malattia. Celebre per la sua musica e per i suoi miracoli, quella donna ha conquistato subito la mia attenzione.

Ho raccolto quindi libri e opuscoli su di lei e ho pensato che per raccontare la storia che andavo cercando avrei dovuto seguire due piste parallele: da una parte il filone anarchico e contrario alla Chiesa, dall’altra la incredibile forza di una vera credente.

Chi crede per me ha un potere evocativo e attrattivo tenace, che sia un credo religioso o un credo politico, perché sento nella mia vita una totale mancanza di credenze, di luoghi del sacro e del metafisico, della fede.

Queste due vie mi sono sembrate allora complementari e necessarie, mi è parso importante che nel mio tentativo di ricostruzione fossero entrambe presenti.

Ho deciso quindi di organizzare il romanzo seguendo un’alternanza tra il “dentro” del convento e il “fuori” di Serra e del mondo. Il dentro silenzioso, immobile, chiuso in sé stesso ma anche implacabile, furioso e incandescente come sa essere la fede assoluta; il fuori campestre, ribelle e terribile come potrebbe essere un tempo di gioventù, lotte, scioperi e fallimenti.

Per quanto scrivere di un tempo non mio si porti dietro molte frustrazioni, come il terrore del non essere riuscita a raccontarlo a dovere, la possibilità dell’errore o dello stravolgimento, rimane per me seducente.

Cercare storie nel passato per me è un modo di indagare l’attualità. La crisi della fede politica, l’impronunciabile legame con i paesi dell’Africa orientale e centrale, il sempre scottante tema della religione, del potere temporale, degli ordini religiosi e della secolarizzazione, la travolgente ascesa del laicità e lo svuotamento del sacro e quindi anche del profano, sono temi sempre validi, riferimenti importanti per comprendere certi sviluppi dei tempi odierni.

Non sono fatta temo per scrivere saggi e poter indagare i fenomeni in maniera analitica, ho quindi bisogno di vite, di famiglie, di amori, di odi, di contrapposizioni, di ragazzi, bambini e vecchi, mi servono le persone, la loro fisionomia, i loro desideri, le paure, le perdite, per poter scrivere del passato. Per questo ho scelto il romanzo e ho scelto di parlare soprattutto di affetti. L’affetto tra Lupo e Nicola, in primis, i due fratelli protagonisti del romanzo, ma anche il legame sororale tra Clara e Nella, tra le mura del convento, legami che resistono agli attacchi del mondo e delle sfortune.

Se questa ricerca abbia senso nel nostro panorama contemporaneo io non lo so, cerco di rimanere fedele ai miei desideri di scrittura nonostante questi siano più grandi di me, ambiziosi e irraggiungibili.

Rimane in me la speranza che indagare il passato della mia famiglia sia una chiave d’accesso per il passato di molte famiglie e di tutto il Paese. Sul presente io non ho presa, mi fa sentire obsoleta ancor prima di averne parlato, ho pareri inattuali, considerazioni per nulla calzanti su come va il mondo oggi e finché non troverò un modo che non mi sembrerà puerile rimarrò nel passato a vagare e raccogliere storie.

Un giorno verrà è il mio secondo tentativo e già vorrei riscriverlo e migliorarlo, so che devo continuare a lavorare, non abbasso la guardia rispetto alle mie debolezze o incapacità, e spero di essere almeno in parte all’altezza delle storie che decido di raccontare.

 

L’AUTRICE – Giulia Caminito (nella foto di Luca Di Benedetto, ndr) è nata a Roma nel 1988 e si è laureata in Filosofia politica. La famiglia di sua madre è originaria di Serra de’ Conti, nelle Marche; il suo bisnonno, Nicola Ugolini, fu un fervente anarchico anticlericale di cui si persero le tracce in Germania.

Giulia Caminito un giorno verrà

Ha esordito con il romanzo La Grande A (Giunti 2016) che ha vinto il Premio Bagutta opera prima, il Premio Berto e il Premio Brancati giovani. Il suo nuovo libro, Un giorno verrà (Bompiani), è un romanzo di famiglia e d’anarchia. E quella della Moretta, poi divenuta Santa, è una storia vera: il nome con cui è in corso la sua causa di beatificazione è suor Giuseppina Benvenuti Zeinab Alif. E il convento di Serra de’ Conti è divenuto un Museo del silenzio, che testimonia la vita di clausura. Inoltre, tutte le vicende legate all’anarchia di inizio Novecento raccontate nel romanzo sono frutto di uno studio da parte della scrittrice.

Fotografia header: Giulia Caminito - foto di Luca Di Benedetto

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