Autore prolifico di fantascienza negli anni in cui il genere combatteva per essere considerato una forma di letteratura popolare al pari delle altre, con “Godbody” Theodore Sturgeon si è divertito a mettere in scena una seconda venuta di Cristo, in un paesaggio provinciale popolato di mostri borghesi, in cui domina un rigidissimo codice morale imbevuto di sessuofobia e misoginia…

La vedova Mayhew è una donna impietosa, una fiera guardiana dell’ordine costituito che adopera come strumenti principali il ricatto e il pettegolezzo, bastonando chiunque non si comporti come lei dall’alto della rubrica che tiene sul giornalino locale.

Nell’economia narrativa di una piccola città, questa signora è il giudice, la giuria e il boia. Chiude un occhio sui fatti davvero gravi – tanto per citarne uno, permette che uno stupratore seriale vada in giro impunito – se grazie al silenzio può trasformare il colpevole in una preziosa fonte di informazioni, e vive per imporre a tutti gli altri un rigidissimo codice morale imbevuto di sessuofobia e misoginia. Soltanto l’arrivo di un misterioso ragazzo nudo, che si presenta con il nome di “Godbody” (Dio-corpo o corpo di Dio), sembra in grado di ribaltare la situazione e aprire gli occhi a qualcuno, almeno per un po’.

Theodore Sturgeon

La scelta da parte di Theodore Sturgeon di trasformare la vedova Mayhew nell’antagonista principale di un libro imbevuto di misticismo e fenomeni paranormali la dice lunga sul punto a cui era arrivato come romanziere. Autore prolifico di fantascienza negli anni in cui il genere combatteva per essere considerato una forma di letteratura popolare al pari delle altre, grande amico di Kurt Vonnegut che si ispirò in parte a lui per creare il personaggio di Kilgore Trout, non ottenne la fortuna che forse avrebbe meritato (infatti oggi lo si ricorda soprattutto per l’influenza che ha avuto sui colleghi arrivati dopo, come Harlan Ellison, e per un aforisma, la cosiddetta “legge di Sturgeon”, secondo la quale “il 90% di tutto quanto viene prodotto è spazzatura”).

Godbody

Godbody (Atlantide) è stato pubblicato un anno dopo la sua morte, quindi viene facile prenderlo come l’ultima parola di un autore ormai sorpassato, consapevole di non avere più molto da perdere in termini di popolarità: chi lo recensì ai tempi della prima uscita americana sollevò qualche dubbio riguardo alla forma del testo, forse ancora imperfetta, e all’asciuttezza della trama, che forse, col tempo, si sarebbe arricchita. Ma Sturgeon sapeva il fatto suo, e si stava palesemente divertendo a mettere in scena una seconda venuta di Cristo in un paesaggio provinciale popolato di mostri borghesi, raccontato attraverso una feroce alternanza dei punti di vista (dal pastore protestante che scopre le gioie dell’amore con la propria legittima moglie alla stessa vedova Mayhew, la cui meschinità viene ricondotta a un terribile segreto ben custodito). E se, come in alcuni testi precedenti dell’autore, trionfa l’idea del sesso come il mezzo più potente per ottenere una forma di trascendenza, l’impossibilità di sciogliere l’enigma principale della storia diventa una carta vincente.

Da dove arriva il nuovo redentore, e come mai, col semplice tocco della mano, può portare sollievo o dolore al prossimo? Non lo scopriremo. Possiamo solo prendere atto di quanto forte sia il contrasto tra lui e i cattivi, aggrappati ai “buoni valori americani” con una tenacia che già negli anni ’80 suonava malsana e repressiva, quando non violenta.

L’AUTRICE – Scrittrice, traduttrice e giornalista, Violetta Bellocchio è l’autrice del memoir Il corpo non dimentica (Mondadori, 2014). Ha fatto parte di L’età della febbre (minimum fax, 2015) e di un’altra antologia, Ma il mondo, non era di tutti? (Marcos y Marcos, 2016), curata da Paolo Nori.
A sua volta ha curato l’antologia di nonfiction Quello che hai amato. (Utet, 2015). Il suo nuovo romanzo, Mi chiamo Sara, vuol dire principessa, sarà pubblicato in primavera da Marsilio.
Ha inoltre fondato la rivista online Abbiamo le prove nel 2013, e l’ha seguita personalmente fino al 2016.
Qui i suoi articoli per ilLibraio.it.

Nella foto grande un’immagine tratta da Essi vivono (1988), film cult di John Carpenter

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