Portavoce della libertà sessuale delle donne, a partire dall’allusione contenuta nel titolo, “I love Dick” di Chris Kraus, pubblicato per la prima volta nel 1997, arriva per la prima volta in libreria in Italia grazie alla nuova ondata di interesse nata da influencer femministe come Lena Dunham e Sheila Heti. Oltre che dall’arrivo dell’omonima serie tv diretta da Jill Soloway. L’autrice racconta a ilLibraio.it il suo punto di vista sul femminismo, consiglia delle letture e discute dell’attenzione per la sua opera

I love Dick è un libro pubblicato nel 1997 dalla filmaker e artista Chris Kraus. Si tratta di un’opera di autofiction e ruota attorno alle vicende di Chris che, dopo una notte a casa di un amico del marito, il cowboy-letterato Dick, inizia una relazione epistolare a senso unico.

O forse a due direzioni, visto che il marito sa dell’attrazione di Chris per Dick e anzi la spinge a portare avanti il gioco di seduzione attraverso le parole. Quello di Kraus è una sorta di triangolo quasi platonico, dove gli unici accenni di passione sono quelli tra lei e il marito: la loro relazione, infatti, trae giovamento dal gioco di lettere scritte e non spedite.

A vent’anni dalla prima pubblicazione, I love Dick arriva per la prima volta anche in Italia (Neri Pozza, traduzione di Maria Nadotti) grazie alla nuova ondata di interesse per il libro sviluppatasi negli ultimi due anni nei paesi anglofoni. I love Dick, infatti, è tornato in libreria anche lì e non sono poche le influencer e le star che hanno ammesso il loro amore per l’opera. Così come non sono mancate le lettrici comuni che hanno inondato i social di foto scattate leggendo I love Dick.

Negli ultimi anni, infatti, il libro si è fatto un portavoce della libertà sessuale delle donne, a partire dall’allusione contenuta nel titolo (in inglese, dick è un termine gergale per il membro maschile). E da poco è anche una serie tv diretta da Jill Soloway (già regista di Transparent) e disponibile su Amazon, in cui Kevin Bacon interpreta Dick.

Chris Kraus, come si spiega il nuovo interesse suscitato da I love Dick, vent’anni dopo la pubblicazione?
“I lettori sono tanto interessati ai personaggi che lo hanno consigliato – Lorde, Lena Dunham, Sheila Heti – quanto al libro in sé. Bisogna ammettere che si è creata una comunità attorno all’opera e che le domande che suscita hanno generato una certa discussione. Nel 1997 era un libro che si amava o si odiava, oggi, invece, fa riunire i lettori”.

Se il libro fosse ambientato nel 2017, le vicende sarebbero differenti?
“Non sarebbe successo nulla, se ci fossero stati email e messaggi. Uno dei punti di forza del libro è proprio la tecnologia arcaica: il 1997 è stato probabilmente l’ultimo momento in cui le lettere erano un mezzo di comunicazione pratico e quotidiano”.

I love Dick parla anche di ricerca dell’identità: quali sono le esperienze necessarie per scoprire la propria?
“Cambiano in base alla persona, ma non si può fare a meno di sperimentare: è ciò che si fa delle proprie esperienze che ci rende quello che siamo”.

Lei si sente femminista?
“Mi sono sempre sentita femminista”.

E questo cosa rappresenta per lei?
“Il femminismo per me non è solo una questione di uguaglianza di diritti e parità, ma piuttosto una riconfigurazione dei valori, un cambiamento delle qualità che valutiamo positive e l’apertura ad altre forme di famiglia”.

Chi sono le autrici più abili nel rappresentare la sessualità e il desiderio femminile?
“L’autrice canadese Tamara Faith Berger ha scritto molto bene di desiderio femminile e sesso: apprezzo molto i suoi lavori. Ho appena letto Maxine Swann, autrice americana che vive a Buenos Aires, e anche lei scrive in modo interessante di sesso e desiderio. Ma sono sicura ce ne siano molte altre”.

 

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