Un libro non consolatorio, pieno di umanità. Un’ode alla vita intera (tutto il pacchetto, dolori inclusi). Il protagonista del nuovo romanzo di Sandro Veronesi ha una caratteristica unica: il dono dell’immobilità. Come un colibrì, batte le ali continuamente, una fatica immane per rimanere fermo. Piantato per aria. Mentre gli altri andavano avanti, lui praticava una resilienza tenace, sospendendo il tempo, capace persino di risalirlo, ritrovando quello perduto… – L’approfondimento
“…tu sei colibrì perché come il colibrì metti tutta la tua energia nel restare fermo”.
Il colibrì di Sandro Veronesi (La nave di Teseo) è Marco Carrera, un uomo che come l’uccellino è piccolo e ha bisogno, fin dall’infanzia, di una cura per crescere come gli altri. È veloce, di piedi e di testa. Marco è un colibrì, che ha una caratteristica unica: il dono dell’immobilità. Batte le ali, continuamente, una fatica immane per rimanere fermo. Piantato per aria.
Il protagonista ha vissuto la sua vita così, muovendosi per stare immobile, rifuggendo i cambiamenti. Mentre gli altri andavano avanti, lui praticava una resilienza tenace, sospendendo il tempo, capace persino di risalirlo, ritrovando quello perduto. Volando all’indietro, come il colibrì sa fare.
Il tempo da risalire è quello della famiglia, dei genitori Letizia e Probo, un matrimonio che è una bolla, un’illusione di felicità, che ha tenuto a bada l’inquietudine della madre, in un’accettazione dolente fatta di sopportazione e bugie.
Il ricordo della giovinezza è Irene, la sorella “intelligentissima e tormentatissima”. Irene è il modello di vita e di gioventù, ma è anche rabbia e foga. Irene è incapace di immobilità, lei si porta dentro buio e confusione. È il primo grande lacerante dolore della vita di Marco.
Come nell’animo di chi ha il privilegio di sapersi ascoltare, il ricordo e il presente si uniscono, in una sospensione in cui tutto sussiste: le lettere a un amore eterno di rimpianti per Luisa, in un continuo presente in cui tutto sembra ancora possibile, perché fermo sulla carta, gli inventari della casa dei genitori, liste per recuperare l’identità dell’essere stati famiglia, per lanciarle come una cima al fratello Giacomo, dall’altra parte del mondo, in un presente che non è più. Spezzato dal rancore.
I cambiamenti della vita di Marco ci sono, e sono urti violentissimi, dolori che sfondano il cuore, alcuni accettati perché parte dell’esistenza, altri troppo grandi, anche per avere un nome capace di definirli. Dolori che hanno sbattuto Marco prima in una realtà, poi in un’altra.
“Mi chiedo: ma il male – hai presente? Ha circuiti preferenziali, il male, o si accanisce a caso?”.
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La vita va avanti lo stesso, scivolando sotto i piedi, inesorabile, e si arriva comunque lontano da dove si era partiti. “Per andare dove non sai/devi passare per dove non sai”: il verso di Giovanni della Croce è per Marco un traccia da seguire.
Ci sono cose da salvare dal naufragio. E lo si fa vivendo con un sollievo che viene trattenendo più cose possibili, facendo consuntivi del passato, rivivendo anche gli errori, chiedendo scusa per le occasioni sprecate, consolandosi per le punizioni ricevute. Rifiutando la convenzione per cui chi non cambia è ottuso, affermando la propria forza (“I lupi non uccidono i cervi sfortunati. Uccidono quelli deboli”).
“Ubi nihil vales, ibi nihil velis”. Dove nulla puoi, niente devi volere. È un’assenza salvifica quella di Veronesi, che nulla ha del nichilismo beckettiano. Perché mentre Marco, desiderando stare fermo, avanza, nel suo mondo sottosopra senza tempo, nell’istante più buio la sua mente capisce: tutto accade per uno scopo. E trova il senso a questa sua vita così apparentemente ostile, improvvisamente illuminata da un destino, e da una visione di un mondo che può essere migliore, anche grazie a lui.
C’è una società nuova, capace di sopravvivere alla rovina di quella vecchia, di rigenerarsi, anche dalla rete, anche con il linguaggio del gioco e con l’impegno generoso e pulito dei giovani: le nuove generazioni, uomini e donne del futuro che possono salvare il mondo, recuperando la normalità che sta scomparendo.
Sopravvivere alla vita: Il colibrì di Sandro Veronesi ci salva tutti dalla dannazione del vittimismo. Un libro non consolatorio, ma pieno di un’umanità forte e autentica: un’ode alla vita intera (tutto il pacchetto, dolori inclusi) che ci traghetta in un futuro migliore, e che sa ritrovarsi vera in un abbraccio. Ci voleva così poco, alla fine.