Il nostro presente è figlio del nostro passato, sembra suggerirci Chiara Gamberale con la sua nuova protagonista, Adele, che è profondamente influenzata da un’infanzia che condizionerà i suoi rapporti futuri. Un padre che la ama, ma che è autoritario e incapace di essere felice, è un modello difficile a cui rifarsi da adulta, così come è difficile, se non impossibile, soddisfarlo con ottimi voti prima e successi lavorativi poi. Adele si racconta in prima persona, tra passato e presente, e si prova subito grande empatia

Quando apriamo le prime pagine di Il grembo paterno (Feltrinelli), scopriamo subito una dedica per il padre, che è definito al tempo stesso “ladro e santo della mia vita”. E difatti questo nuovo romanzo di Chiara Gamberale si sviluppa attraverso antitesi che si fanno progressivamente ossimori, ovvero le contraddizioni e i contrasti coesistono nella vita della protagonista, creando un precario ma affascinante equilibrio.

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Sono tante le contraddizioni irrinunciabili con cui vive Adele, io narrante della storia: da un lato, a trentacinque anni è ormai adulta, madre single della piccola Frida; dall’altro lato, fatica a uscire dall’“adelescenza”, che per lei è molto di più del programma televisivo che ha condotto per anni.

Ci sono i ricordi di una vita, dentro quel programma, dai suoi problemi alimentari al rapporto complesso con il padre Rocco. Forse è vero, per passare oltre ci vorrebbe “un sacchetto per i ricordi di cui dovremmo riuscire a liberarci” (p. 17), eppure è proprio di ricordi che si intride ogni scelta di Adele.

Il presente è figlio del passato, per quanto proviamo a staccarci da quello che ci ha condizionato nell’infanzia, ci suggerisce Chiara Gamberale. Ecco perché per capire l’Adele adulta dobbiamo tornare indietro, a partire da quando alla scuola di paese la piccola viene ribattezzata “Senzaniente”, perché a tutti erano note le condizioni economiche modeste della sua famiglia. Eppure Adele è una bambina piena di talento, che prova a riscattarsi attraverso lo studio, ma non c’è voto che soddisfi il padre, estremamente duro nell’insegnare ad Adele e all’altro figlio l’etica del dovere e del lavoro.

Prima il dovere, poi, semmai, il piacere, ma Rocco è un padre che sogna quel che non può avere, che non è mai davvero soddisfatto da ciò che ha davanti, neanche quando arrivano i primi successi professionali.

Rocco ha un’amante storica, Rita, che non deve entrare in contatto con sua moglie Teresa o i suoi figli, ma è chiaro che neanche con lei è felice. Tutti sanno e nessuno parla. Adele guarda la sua famiglia, le impalcature sentimentali su cui si regge, e a tavola le si incollano addosso l’infelicità di sua madre Teresa, che sopporta stoicamente i tradimenti del marito, e l’infelicità di suo padre Rocco, che vorrebbe sempre essere altrove, in un’altra vita.

Silenziosa e attenta ad accontentare i genitori da bambina, Adele da adolescente prova a riempire il vuoto con le parole, tante da sentirsi zittire spesso dal padre. In compenso, quel vuoto non se ne va, resta, e il cibo che Adele ingurgita fino a scoppiare non la aiuta. Non la aiutano neanche i suoi primi innamoramenti, perché non c’è compensazione che le dia una serenità duratura.

Persino l’analisi in un centro di cure sul lago non risolve del tutto i problemi alimentari di Adele o i piccoli traumi infantili che si sono accumulati giorno dopo giorno. Tuttavia, la sua permanenza al centro le offre un lavoro: dopo che sono state riprese alcune sedute di gruppo, Adele (detta “la signorina Ancora” in tv) viene contattata per la conduzione di un programma tutto suo. Il successo professionale come sceneggiatrice e conduttrice e una nuova vita lontano dalla propria famiglia potranno curare Adele? E la maternità riuscirà a riempire il vuoto?

Forse a tratti, perché quando ritroviamo Adele adulta scopriamo che è difficile fare i conti con la rivoluzione che la bambina ha portato nella sua vita. I dubbi sono inevitabili, ed è proprio per paura che le facoltà verbali della bambina non siano pari a quelle dei coetanei che Adele andrà dal dott. Nicola Attanasio. Fin da subito, tra i due accade qualcosa: pochi momenti insieme ed è già alchimia psicologica e fisica, reciprocità e fame dell’altro.

Tuttavia, nei romanzi di Chiara Gamberale non c’è mai un amore pacificato o tradizionale. Nicola Attanasio, infatti, è un uomo sposato, che ha già un’altra famiglia, eppure trova in Adele amore e passione. Siamo davanti, ancora una volta, a un sentimento che si fa pervasivo e quasi ossessivo, che riempie le giornate di messaggi e di pensieri, un legame che trascina altrove, dove tutto è ancora possibile. E per questo strappa gli amanti dal peso della quotidianità.

Non sono gli uomini la chiave di volta della vita di Adele, pare di capire, in questo romanzo vivo di dialoghi e di desiderio di comunicare. La scelta di una narratrice interna aiuta a travalicare il razionale, portando noi lettori a provare una forte empatia per Adele, un personaggio complesso e irrisolto, ma sempre in cerca di sé, della felicità o perlomeno di serenità, con tutti i controsensi e le fragilità di una grande protagonista del romanzo contemporaneo.

 

Fotografia header: Chiara-Gamberale (nella foto di Elettra Mallaby)

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