“Il primo sole dell’estate”, il nuovo romanzo di Daniela Raimondi, l’autrice del bestseller “La casa sull’argine”, racconta di amori che non finiscono, di legami che non si sciolgono mai, di fili che si tendono, si avvolgono, arrivano fino al di là dell’oceano e poi tornano a ricomporre storie…

Ci sono luoghi che trattengono ogni memoria, fermano il tempo, e lo restituiscono in profumi che sanno di eternità: per Norma, tornare a Stellata vuol dire ritrovare l’odore di un fiume che porta con sé immagini di estati polverose, fienili freschi e baci di bimbi, al sapore di burro e zucchero.

Stellata, che contiene tutte le vite di chi è passato, prima di lei, la fa stare bene, è il luogo dove l’amore le è arrivato generosamente. Per lei che ha sempre inseguito l’affetto di una madre distante, è Stellata il posto del cuore. Ci passava tanto tempo in vacanza con nonna Neve: le tazze di caffelatte con i pezzetti di pane, le filastrocche in dialetto, i battibecchi con Ramades e tante coccole sono un ricordo di serenità.

Il primo sole dell’estate di Daniela Raimondi (Nord) ci riporta sull’argine del Po, dove Neve sprigiona profumo quando è felice, e attira le api che le ronzano attorno ubriache del suo odore, dove le antenate zingare hanno trasmesso i tratti scuri e la sensibilità a metà famiglia, dove i morti convivono con i vivi, la terra con il cielo.

Ha il nome di una druidessa, gli occhi grandi e chiarissimi, Norma, la bambina piena di immaginazione che riempiva le pareti di fate e draghi: ha il nome di un profeta su un carro di fuoco, Elia, il bambino magro che le legge Mandrake e la bacia, la promessa di un amore infantile nelle pagliuzze d’oro dei suoi occhi. Si ameranno, si perderanno, cercandosi attraverso gli anni, legati da un’eredità e da un destino indecifrabile con la ragione, possibile solo con le regole occulte del cuore.

Il fiume porta vecchie visioni dal passato e rinsalda i legami: quando Norma torna a Stellata è una donna adulta, e accompagna Elsa, la madre malata, che ha deciso di finire lì i suoi giorni. Norma ritrova l’opulenza del fiume, i portici, la piazza, le case in mattoni, tutto come allora. Ma lei è ormai una madre, mentre Elsa è diventata una figlia da lavare e curare.

“Quanto tempo è che non tornavamo a Stellata, mamma? Tornarci per un po’, intendo, non una scappata veloce come abbiamo sempre fatto negli ultimi anni. Essere di nuovo qui, in questo posto così ricco di memorie, forse mi farà bene. Farà bene a tutte e due.”

In quelle giornate sospese, di accudimento e lento addio, Norma ripercorre ricordi e vecchi rancori, quell’amore misto di odio e di affetto, che ha provato nella sua vita, specie per Elsa, che è stata una donna infelice, e una madre inadeguata. Il presente, di recriminazione e pacificazione, è spezzato da frammenti di vita vissuta, fotogrammi dal passato. I momenti in bici con il padre, i pomeriggi di gioco, il trasferimento a Viggiù, le vacanze con la Millecento, i primi amori, i primi dispiaceri, Elia, e Donata.

Il rapporto con la cugina è segnato da un’eterna presenza: dal lato zingaro della famiglia Donata ha ereditato la capacità di vedere attraverso il tempo, di leggere nei tarocchi antichi, e nei sogni, quello che la vita ha preparato. La sua chiaroveggenza prima, la sua assenza dopo, definiscono tanti momenti e tante scelte di Norma. Quando Donata se ne andrà, sarà con una profezia che solo negli anni Norma imparerà a interpretare, e ad accettare.

“Tornerò attraverso l’uomo che amerai, e sarò il tuo dolore più grande”.

Se Stellata rappresenta un eterno presente, è perché i morti non se ne vanno mai. Tornano come libellule sulla testa dei bambini, come solletico con cui far ridere una nipotina che ha il volto di una vecchia fotografia sbiadita, per accogliere una seconda possibilità di essere madre. Il primo sole dell’estate racconta di amori che non finiscono, di legami che non si sciolgono mai, di fili che si tendono, si avvolgono, arrivano fino al di là dell’oceano e poi tornano a ricomporre storie.

Ogni nascita è una rinascita, un nuovo primo sole che inizia a scaldare, e fa tornare l’eco di tutti i sogni e di tutte le vite attraversate.  È un senso rassicurante di un continuo che si nutre delle gioie, delle disgrazie, della vita di chi è venuto prima, e ne raccoglie l’eredità. Norma lo sa, e il profumo del fiume le fa riaffiorare parole che parlano di immortalità, perché qualcosa di noi non muore quando sopravvive la memoria. Nei nuovi inizi ci sono i tratti di tutti i Donadio, che ringiovaniscono andando a ritroso nel tempo, e una volta morti restano per giocare con i bambini, per trasferire la storia della terra e il senso delle loro radici: così non si è vissuto invano.

“La bimba iniziò a piangere, e Norma sentì che quel pianto conteneva il germe di tutti coloro che l’avevano preceduta: la magia di Viollca e di Donata, la perseveranza di Giacomo con le sue arche; la cocciutaggine di Neve e la sua forza d’animo. In quel grido pieno di vita, Norma sentì la solitudine di Edvige e il coraggio di Adele. Riconobbe il talento di Guido, il dolore di Elsa, la baldanza di Dolfo e il fare burbero di Radames.”

Da Stellata, che è centro emozionale di tutto, a Londra, al Brasile, e poi indietro, l’esistenza di Norma affronta tante tempeste, perdite strazianti, tradimenti e disillusioni, scoperte, ma anche tanti atti di coraggio: primo fra tutti quello di abbandonarsi alla vita, lasciando che sia lei a decidere. Anche in questo c’è una componente di credenza, nella capacità di scorgere quello che il destino mostra, e di seguirlo, lasciandosi travolgere, risucchiati anche in quello che sembra incomprensibile.

Vivere e soffrire, in attesa di un nuovo sole, imparando anche ad accettare le proprie carenze, e di capire i sentimenti complicati dei genitori, perdonandoli: è proprio vero che la vita è un cerchio, che di tanto in tanto si ripete, e ci indica dove dobbiamo tornare. In questo cerchio Daniela Raimondi costruisce le tante sfumature dei rapporti tra madri e figlie: sono le donne, artiste, visionarie, demiurghe e artefici del futuro, a creare quella continuità, a passarsi il testimone, a riconoscersi simili. Capaci di amori totali, e di relazioni viscerali, le donne de Il primo sole dell’estate sono le depositarie della memoria, eroine e maghe.

Dopo il successo de La casa sull’argine, il ritorno di Daniela Raimondi risuona di echi, di presagi, di poesia e di calore, ha l’intimità della saga familiare, e l’epicità di un viaggio nella nostra storia, dall’immediato dopoguerra ad oggi, che racconta il nostro tempo e i suoi sogni.

“Cos’è il destino?”
“È … come ti giochi la vita.”

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