Siamo responsabili per noi stessi, per ciò che è stato e che sarà. “Il tempo e l’acqua” di Andri Snaer Magnason (poeta, scrittore, performer e attivista ambientale islandese) evoca luoghi e tempi differenti, chiama a raccolta scienziati e saghe familiari, mitologie antiche e guide spirituali. Tutti convocati di fronte al disastro, ma non per intonare un lamento disperato, tutt’altro. Di fronte alla vastità e alla bellezza della natura a rischio, l’autore si chiede se saremo in grado di sostenere un compito tanto grande, quello di salvarla da noi stessi e salvarci, così, assieme a lei – L’approfondimento

Periodicamente qualche parola a proposito del cambiamento climatico affiora alla superficie della nostra quotidianità. Sui giornali leggiamo le cupe previsioni di un gruppo di scienziati, un appello lanciato da qualche organizzazione non governativa, il racconto di una manifestazione globale con migliaia di giovani che riempiono le piazze. Oppure è un capo di stato a prendere parola e a rispondere sprezzante che è tutto allarmismo ingiustificato, litanie da uccelli del malaugurio. E poi quest’estate faceva freddo, quindi dove sarebbe questo famoso surriscaldamento globale? Quanto alle manifestazioni degli studenti, si sa che a quell’età ogni scusa è buona per non andare a scuola.

Il lessico e la riflessione imposti dalla crisi ambientale si stanno insomma affermando – sia pure con fatica – come parte fondamentale dell’epoca contemporanea. Ma riusciamo ad esperire realmente ciò che sentiamo, leggiamo o diciamo? Parole come acidificazione degli oceani, scioglimento dei ghiacciai, aumento delle emissioni di Co2 dovrebbero urlarci l’imminenza di una catastrofe che coinvolge noi, il nostro futuro, tutto quello che amiamo, la possibilità stessa della vita sull’intero pianeta. Eppure non cambiamo nulla nelle nostre vite, le società in cui viviamo non modificano niente nel loro modo di produrre e consumare. Il discorso sulla crisi climatica è un ronzio di sottofondo a un sistema che continua imperterrito la propria corsa verso il baratro.

Il tempo e l’acqua di Andri Snaer Magnason, edito da Iperborea (traduzione di Silvia Cosimini), nasce da quest’urgenza. L’umanità è di fronte al pericolo assoluto, che forse proprio per questa sua incommensurabilità è così difficile da pensare. Il mondo è fuori dai suoi cardini, collassano le scale di misurazione e scopriamo che ogni nostro gesto – il più banale, il più quotidiano – partecipa di quella civiltà dello sfruttamento continuo che sta esaurendo le sue stesse condizioni di possibilità, trascinando con sé ogni essere vivente. “Quando parliamo di tutta l’acqua, tutta la superficie e tutta l’atmosfera del nostro pianeta, la portata del discorso è tanto grande da risucchiare ogni significato. Per parlare o scrivere di simili argomenti posso solo girarci intorno, dietro, di fianco, di sotto, andare avanti e indietro nel tempo, andare sul personale e insieme essere scientifico, e usare la lingua del mito. Devo scrivere di queste cose senza scriverne, devo retrocedere per avanzare”.

Magnason affronta una sfida tanto grande con un’opera caleidoscopica, che mescolando la storia orale e la riflessione scientifica stupisce, disorienta e infine restituisce appieno il senso dell’epocalità del momento e la necessità di agire per salvare il futuro nostro e delle altre specie.

Andri Snær MAGNASON IL TEMPO E L'ACQUA

Leggendo, inizialmente ci si sente smarriti: cosa unisce il racconto delle spedizioni alla scoperta dei ghiacciai islandesi di nonno Arni e nonna Hulda, la vita appassionante del nonno Bjorn e la passione per i coccodrilli dello zio John con lo scioglimento del permafrost, il rapporto tra il diossido di carbonio presente nell’atmosfera e il surriscaldamento globale o l’effetto dell’inquinamento sulle barriere coralline? La risposta è nel filo che Magnason dipana passando dalla descrizione di affetti e momenti intimi alla spiegazione semplice ma approfondita degli sconvolgimenti che il nostro pianeta sta conoscendo.

Stiamo perdendo la possibilità di vivere in un mondo, è in gioco l’esperienza stessa del tempo, quella che ci viene tramandata nei racconti di chi c’era prima di noi. Solo raffrontando le nostre storie personali con la scomparsa assoluta di ogni storia che è insita nella crisi ambientale possiamo renderci conto dell’abisso che si spalanca sul nostro futuro.

Siamo responsabili per noi stessi, per ciò che è stato e che sarà. Il tempo e l’acqua evoca luoghi e tempi differenti, chiama a raccolta scienziati e saghe familiari, mitologie antiche e guide spirituali. Tutti convocati di fronte al disastro, ma non per intonare un lamento disperato, tutt’altro. Proprio per trovare nella concretezza dei volti e delle voci che abbiamo conosciuto la volontà di combattere la devastazione del pianeta. “Il vostro arco di tempo è il tempo di qualcuno che conoscete e a cui volete bene e che vi lascia un segno, e il tempo di qualcuno che conoscerete e a cui vorrete bene il tempo su cui voi lascerete il segno. Qualsiasi cosa facciate ha una sua importanza. Voi create il futuro ogni giorno che passa”.

Magnason si muove avanti e indietro nel tempo e nello spazio. Attraversa i ghiacci islandesi e i mari caraibici, interroga la saggezza del Dalai Lama, gli studi degli scienziati e le tradizioni della propria famiglia. Di fronte alla vastità e alla bellezza della natura a rischio, si chiede se saremo in grado di sostenere un compito tanto grande, quello di salvarla da noi stessi e salvarci così assieme a lei. La sua non è una semplice opera di divulgazione sul cambiamento climatico: è lo sforzo di trovare le parole che possano far percepire realmente che cosa stia accadendo al nostro mondo, e che spingano a mobilitarsi, da subito, per salvarlo. Le parole del pericolo, le parole della catastrofe, e soprattutto quelle della speranza.

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