“Le persone si incontrano in nuovi modi, comunicano attraverso nuovi mezzi, ma non credo che l’emozione primordiale dell’amore possa cambiare”, racconta Catherine Lacey a ilLibraio.it. La scrittrice americana è in libreria con “Le risposte”, romanzo che riflette sulle relazioni e in cui immagina un “esperimento fidanzata”, volto a semplificare la ricerca dell’amore di un famoso attore. Un’opera in cui si narra anche della condizione femminile, spesso definita da divieti e giudizi con cui “prima o poi quasi tutte le donne si scontrano”, sul legame tra animo e corpo, a cui l’attrice è interessata grazie alla sua passione per il teatro. Inoltre, Lacey parla dei libri contemporanei che ama e dei suoi modelli letterari

“Per tantissimo tempo ero stata una persona che aveva bisogno che gli altri facessero delle cose per me, e per tantissimo tempo nessuno aveva fatto la cosa giusta”, si racconta così Mary, la protagonista del nuovo romanzo di Catherine Lacey, Le risposte (Sur, traduzione di Teresa Ciuffoletti).

Mary ha alle spalle un’infanzia di reclusione in una capanna nella foresta del Tennessee, dove è stata cresciuta da genitori religiosi e contrari al progresso; nonostante la laurea alla Columbia lavora in un’agenzia viaggi e soffre di disturbi incomprensibili da cui trova sollievo solo tramite il PAKing, una costosa cura alternativa, che instaura un profondo legame energetico tra il paziente e il suo curatore. Quando la donna risponde a un annuncio di lavoro che si promette ben remunerato, non sa ancora che si tratta di un esperimento in cui dovrà ricoprire il ruolo di fidanzata “sentimentale” di un famoso attore e regista.

Come ha già fatto nel suo primo romanzo, Nessuno scompare davvero, Catherine Lacey torna a raccontare di una donna che si sente incompresa dalla società, ma che è costretta a prenderne parte, anche se marginalmente, per poter guarire le ferite che le ha inferto il passato.

Ne Le risposte riflette sull’amore e le relazioni. La tecnologia e i nostri ritmi sempre più veloci come influiranno sugli incontri e le conoscenze?
“In futuro le relazioni non cambieranno rispetto al passato. Le persone si incontrano in nuovi modi, comunicano attraverso nuovi mezzi, ma non credo che l’emozione primordiale dell’amore possa cambiare”.

Nel romanzo mette in gioco anche un tema attuale, l’uso e la diffusione di immagini del partner dopo la fine di una relazione. Cosa pensa di questo fenomeno?
“Mi preoccupo della privacy visto che ci affidiamo sempre più a immagini e informazioni che salviamo su device che possono essere hackerati o monitorati. Tuttavia, nel romanzo, mi sono focalizzata di più sul fatto che dopo la fine di una relazione è inevitabile che ognuno porti con sé memorie, influenze. Ho pubblicato un racconto su Harper’s Bazaar proprio su questo argomento. Il senso è che non si può sfuggire a qualcuno dopo che lo si è amato e non si può nemmeno scomparire per quella persona. Ovviamente i resti di una relazione oggi sono anche digitali – post sui social media, messaggi, foto, email…-, ma questa è solo una nuova espressione di un problema ben più antico”.

La protagonista del romanzo, Mary, soffre di strani disturbi che riesce a curare solo attraverso una cura alternativa, in cui il legame tra il suo corpo e la sua interiorità viene messo a nudo. Per lei quanto è importante scrivere del corpo e non solo della mente dei suoi personaggi?
“Il corpo e la mente non sono separati, per me. Quando conosco un personaggio abbastanza bene, questo si manifesta nel mio corpo. Alcuni siedono composti, altri stanno stravaccati, alcuni tremano. Non sono caratteristiche arbitrarie: sono strettamente legate al modo di parlare e di pensare di ognuno di essi. Ho iniziato a scrivere, solamente per me stessa, a dieci anni, perché facevo teatro e avevo bisogno di monologhi su cui esercitarmi. Siccome non mi piacevano quelli che avevo trovato, ho iniziato a scriverli io e ho dovuto trovare il modo di sentirli. Credo che quell’esercizio abbia lasciato il segno”.

In entrambe le sue opere la protagonista vive un periodo in cui è valutata e monitorata attraverso esami medici. Da una prospettiva più ampia, la situazione potrebbe sintetizzare la condizione a cui sono sottoposte le donne, spesso giudicate e valutate dalla società in base a parametri come il comportamento, l’aspetto fisico, le capacità?
“In Mississippi, dove sono cresciuta, il comportamento e l’aspetto delle donne e delle ragazze sono molto controllati dalla società. Sia gli uomini che le donne rinforzano queste regole e ideali. Mi sono sempre sentita a disagio: non volevo mettermi vestiti femminili o fare attività per ragazzine, volevo suonare la batteria e andare in giro con lo skateboard. Ma spesso mi è stato detto che non potevo fare qualcosa perché ero una ragazza. Anche in zone più progressiste del mondo, le donne sono incoraggiate a restare negli spazi a loro destinati: sentirsi sempre sotto giudizio porta a un processo costante di autocritica. E contrapporsi alle bugie che ti sono state dette fin dalla tenera età costa molta fatica. Quasi tutte le donne a un certo punto si trovano a combattere questa sensazione (e credo accada anche agli uomini, in modi che non comprendo abbastanza per scriverne)”.

Gli uomini, invece, sembrano desiderare donne tranquille e silenziose. Quanto è difficile, per una scrittrice, far sentire la propria voce a lettori e critici?
“I libri scritti da donne vengono promossi diversamente da quelli dei colleghi. E i critici e i lettori non sono indifferenti al modo in cui qualcosa viene loro proposto, quindi credo che la recezione del libro dipenda da fattori legati al marketing. Personalmente sono stata molto fortunata: i miei editori non mi hanno mai proposta sotto una particolare prospettiva di genere, sono stata recensita sia da uomini sia da donne e ho incontrato uomini che mi hanno letta. Non credo che la mia esperienza possa riflettere la situazione generale, ma forse siamo arrivati al momento in cui i lettori iniziano a interessarsi di meno al genere dell’autore. Chi lo sa…”.

Chi sono gli autori contemporanei che ama leggere?
“Come romanzieri apprezzo Jesse Ball (che è il mio compagno, ma di cui amavo i lavori ancora prima che ci conoscessimo), Rachel Cusk, Kazuo Ishiguro, Jenny Erpenbeck, Anuk Arudpragasam, Garth Greenwell e Patty Cottrell. Come autori di racconti amo molto Otessa Moshfegh, Alejandro Zambra e Lydia Davis. Tra i poeti mi piacciono Morgan Parker e Dottie Lansky perché mi affascinano ogni volta. Sarah Manguso, Maggie Nelson e Heidi Julavits, invece, hanno scritto le mie opere preferite di nonfiction di questi anni”.

E quali sono, invece, i suoi riferimenti letterari del passato?
“Dipende da libro a libro, ma sono debitrice a Thomas Bernhard, Jean Rhys, John Berryman, Joan Didion, Evan S. Connell, Renata Adler, Lorrie Moore, Ursula K. Le Guin, e centinaia di altri autori che non mi vengono in mente ora”.

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