Federica Manzon, editor della narrativa straniera di Mondadori e scrittrice, anche nel suo nuovo romanzo (pubblicato da Feltrinelli) si confronta con il tema a lei caro del “confine”, contrapponendo la realtà fisica a quella virtuale: “Ho deciso di scrivere cosa accade quando si decide di tenere il corpo completamente fuori scena, visto che avviene sempre più spesso”. Intervistata da ilLibraio.it parla del libro e delle tendenze nella letteratura internazionale, citando, tra le altre, la “riscoperta del romanzo storico come metodo per spostare i concetti universali da una realtà in cui rischiano di essere logorati dalla contemporaneità”

Federica Manzon, autrice ed editor della narrativa straniera Mondadori, torna in libreria con La nostalgia degli altri (Feltrinelli), la storia di Lizzie e Adrian, che si incontrano e si innamorano online.

Il romanzo fa i conti con un tema caro all’autrice, quello dei “confini”, come ha già raccontato lei stessa in un intervento su ilLibraio.it. Lizzie e Adrian, infatti, vivono una storia d’amore online, senza mai incontrarsi, in cui ognuno racconta (e si racconta) all’altro.

Federica Manzon

Per parlare ancora di confini, soprattutto tra il reale e il virtuale, ma anche di identità e libri, abbiamo intervistato Federica Manzon.

Federica Manzon

Nel suo nuovo romanzo si pone una certa attenzione tra il labile confine tra realtà fisica e mondo virtuale: al giorno d’oggi, questi due “mondi” si stanno sempre più avvicinando, tanto che possono nascere storie d’amore online?
“Nel romanzo Lizzie e Adrian vivono una relazione online. Ho fatto questa scelta non tanto perché mi interessasse raccontare una storia d’amore, piuttosto ho deciso di scrivere cosa accade quando si decide di tenere il corpo completamente fuori scena. Si tratta di un fenomeno che avviene sempre più spesso anche nel mondo reale. Fino a qualche anno fa, tutte le esperienze passavano attraverso il corpo, che fungeva un po’ anche da ‘limite’ e da filtro. Oggi, invece, si può decidere di tagliare fuori il corpo e vivere sentimenti non mediati né supportati dalla fisicità”.

Esiste anche un confine tra la nostra vera identità e l’identità che ci costruiamo agli occhi degli altri, senza poi contare quella che gli altri ci cuciono addosso. Da autrice che racconta personaggi che sono “moltitudini”, com’è possibile raccontare i vari aspetti della persona?
“I personaggi non sono esseri bidimensionali, proprio come noi. Per questo, il compito di un bravo autore è proprio quello di creare personaggi che ci somiglino, con diversi aspetti che si incastrano tra loro. Quando teniamo a qualcuno ci impegniamo a conoscerne ogni aspetto; un bravo scrittore deve conoscere i propri personaggi ancora meglio dei propri cari”.

Da lettrice, quali sono gli autori e i libri che hanno lasciato un segno nel suo romanzo?
“Si tratta di un libro scritto rapidamente, ma neanche troppo, che ha subito parecchie influenze. Prima di tutto direi Ian McEwan con le sue prime opere, come Il giardino di cemento. Di sicuro anche Stephen King con It. E poi due classici, Il Maestro e Margherita e il Tonio Kroger di Mann”.

Da editor della narrativa straniera di una grande casa editrice, chi sono invece, secondo lei, gli autori stranieri che leggeremo e di cui sentiremo parlare nei prossimi mesi, sia esordienti sia già affermati?
“Nel 2018 ritornerà in libreria Jennifer Egan, prima invece sarà il turno di Andrew Greer, un altro autore che apprezzo molto. Per quanto riguarda gli esordienti arriveranno anche in Italia Garth Greenwell con Tutto ciò che ti appartiene e Carys Davies. Sul fronte letteratura francese, invece, sta per uscire per Sellerio Il nascondiglio di Christophe Boltanski”.

E le tematiche più in voga, al momento, nella letteratura internazionale?
“Mi sono recentemente soffermata a riflettere su questo: sembra che il romanzo storico stia tornando. Da Jennifer Egan che ambienta il suo nuovo romanzo, che pubblicherà Mondadori, tra la Depressione e la seconda guerra mondiale, fino a Saunders. Potrebbe essere un metodo per spostare i concetti universali da una realtà in cui rischiano di essere logorati dalla contemporaneità, a un’altra più lontana. Il lavoro dello scrittore, d’altra parte, è proprio quello di riflettere su un racconto universale e il romanzo storico può essere lo strumento per affrontarlo da un angolo diverso”.

 

 

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