“Io ho 43 anni e appartengo a una generazione che non può non confrontarsi con questo tipo di riflessioni: come reagiamo davanti alla morte? Come ci prendiamo cura delle persone che muoiono? E se da una parte siamo costretti a fare i conti con questioni legate alla morte, dall’altra siamo una generazione che non fa più figli. Io per primo non ho figli…”. In occasione dell’uscita del romanzo “La parte migliore”, ilLibraio.it ha intervistato Christian Raimo che, tra le altre cose, ha parlato anche del ruolo dei social nella comunicazione politica e dei suoi prossimi progetti in veste di assessore alla Cultura nel Municipio III di Roma (ma precisa che la scrittura e la politica sono “due vocazioni diverse”). Spazio anche per gli autori contemporanei di riferimento: da Starnone a Siti…

Al centro del nuovo romanzo di Christian RaimoLa parte migliore (Einaudi) ci sono la vita e la morte in potenza. Laura ha quasi diciott’anni e aspetta un bambino: ha fatto sesso con un ragazzo, una sera, a una festa. La madre, Leda, che di anni ne ha quarantacinque e che lavora come psicologa per malati terminali, le dice di non preoccuparsi, sarà lei ad accompagnarla in ospedale, sistemeranno ogni cosa. Nelle loro giornate tutto si è sempre risolto con facilità, da quando anni prima un incidente le ha costrette a essere autonome e forti; anche questa volta non sarà diverso. La loro unione, così stretta e intima, sembra essere l’unica via di salvezza.

Per questo un personaggio come quello del padre, Giuseppe, risulta secondario, più pallido rispetto a quelli femminili: “Quando ho iniziato a lavorare al romanzo, il personaggio di Giuseppe non c’era nemmeno. Ho cercato di delineare una figura di uomo il più lontano possibile dal modello patriarcale. Giuseppe è debole perché esprime la crisi del maschio. Dall’altra parte volevo creare un mondo femminile autonomo, che fosse in grado di gestire la vita e la morte”, racconta al telefono con ilLibraio.it Raimo, che oltre a essere scrittore, insegna a scuola e collabora come consulente per la casa editrice Laterza, dopo aver lavorato per minimum fax.

Il romanzo, infatti, oscilla tra questi due temi, affrontando argomenti delicati come l’aborto e l’eutanasia, e interrogandosi indirettamente, senza essere pedante, su cosa sia giusto e cosa no: “Sono domande che ci facciamo tutti. Io ho 43 anni e appartengo a una generazione che non può non confrontarsi con questo tipo di riflessioni: come reagiamo davanti alla morte? Come ci prendiamo cura delle persone che muoiono? E se da una parte siamo costretti a fare i conti con questioni legate alla morte, dall’altra siamo una generazione che non fa più figli. Io per primo non ho figli, ma è una condizione comune a molti dei miei amici. In ogni caso, quello che mi premeva di più era trattare questi argomenti non da un punto di vista saggistico, ma incarnandoli in un romanzo”.

Forse proprio per il tipo di materia, sono numerosi i riferimenti alla religione cristiana: l’inizio del libro è ambientato in un cimitero, mentre la fine è una sorta di riflessione sul Cristo crocifisso. Inoltre un personaggio, in un passaggio del libro, dichiara: “Io penso che sia giusto credere fermamente nella vita dopo la morte”. Ma perché tutti questi rimandi religiosi? “Nella vita c’è un mistero che non possiamo far finta di eludere. C’è un aspetto di mistero e dolore. Questo inevitabilmente evoca la dimensione del sacro. Spesso leggiamo opere di autori stranieri, come quelle di Philiph Roth e Jonathan Safran Foer, ma appartengono a una cultura che, per quanto simile, è molto diversa dalla nostra. Invece nel nostro immaginario la religione cristiana ha sviluppato una simbologia e un lessico che riescono a dare voce alla grande domanda sulla vita dopo la morte. I romanzieri italiani forse hanno sottovalutato questa risorsa”.

E a proposito di narrativa italiana contemporanea, Raimo annovera Domenico Starnone, in particolare Lacci (Einaudi), tra le letture che l’hanno colpito maggiormente: “Starnone ha la capacità di scrivere con una lingua media, calibrata e comprensibile, è esattamente quello che ho cercato di fare nel mio romanzo”. Accanto a Starnone, cita anche Walter Siti, Sandro Veronesi, Giorgio Vasta, Nicola Lagioia (“anche se il suo lavoro sulla lingua è in parte diverso”), Giorgio Falco e Marco Mancassola.

“Più di tutto – prosegue Raimo – il mio obiettivo era cercare di descrivere una Roma diversa da quella che è sempre stata raccontata. Una Roma slabbrata, stagnata, infelice, anziana. Una Roma che non ha strutture, né servizi, e in cui è difficile sopravvivere. Una Roma che non è solo una città, ma anche un personaggio, in cui si mescolano i dolori e le sofferenze degli altri personaggi”.

Nel romanzo colpisce una frase: “Idiota deriva da idiotes che vuol dire privato, perché è solo nella vita pubblica che troviamo un senso etico?”. Raimo è anche un attivista, assessore alla Cultura nel Municipio III di Roma, e molti dei suoi articoli riguardano proprio temi d’attualità. Ma precisa che la scrittura e la politica sono per lui occupazioni distinte: “Sono due vocazioni diverse. Credo che siano due dimensioni dell’animo umano: l’anima sociale e l’anima estetica. Soprattutto perché non è detto che le cose belle e le cose giuste coincidano. Sono contrario a una letteratura che vuole essere edificante a tutti i costi”.

Riguardo invece all’utilizzo dei social (specialmente Facebook e Twitter) come canale per condividere riflessioni legate alla sua attività, lo scrittore sostiene che anche se ci sono dei rischi, i social sono un’ottima cassa di risonanza e uno strumento fondamentale per portare avanti le idee politiche che, però, devono essere necessariamente essere già state sviluppate altrove.

E infatti Raimo ha cominciato a portare avanti iniziative che hanno già riscosso finora notevole partecipazione, come quella andata in scena di recente al Tufello, dove più di mille persone si sono riunite per ascoltare il critico cinematografico Mario Sesti intervistare Valerio Mastandrea: “Ma la partecipazione in sé non è un valore, le persone possono partecipare ma non essere davvero coinvolte, per questo è necessario un lavoro dietro che porti a un maggiore livello di consapevolezza”. In questo senso, sono tanti i progetti che stanno per partire: “Sono previsti altri incontri, lezioni aperte, seminari, che affronteranno temi diversi, come l’educazione ai diritti, di genere, ambientale. Ma non è tutto, stiamo pensando di organizzare un cinema per ragazzi e insieme alle biblioteche di Roma vorremmo creare un gruppo di lettura per un anno. Per adesso il libro che vorremmo suggerire è Il maestro e margherita di Bulgakov”.

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