Con l’uscita di “Senza cuore”, l’intera opera di Nina Bunjevac è ora disponibile in Italia. Canadese di origine serba, nell’intervista a ilLibraio.it racconta delle sue innumerevoli ispirazioni, di donne perdute, traumi familiari e violenza attraverso il linguaggio simbolico dei sogni

L’arte di Nina Bunjevac (1973) unisce il talento narrativo e la potenza evocativa di una tecnica minuziosa, che sembrano arrivare da altri tempi.

Basta sfogliare il suo ultimo suo libro, Senza Cuore (Rizzoli Lizard, traduzione di Aurelia De Meo), una raccolta di brevi storie a fumetti, illustrazioni e pensieri, per rendersene conto.

L’ultimo arrivato in Italia, ma il suo primo libro pubblicato nel 2011 in Serbia, la terra di origine dei genitori e dove ha vissuto fino all’adolescenza, e poi in Canada, dove è nata e ha fatto ritorno per stabilirsi definitivamente: “L’edizione italiana è un animale completamente diverso”, esordisce Bunjevac, intervistata da ilLibraio.it, che spiega l’idea dell’editore italiano di aggiungere lavori successivi al 2011, “ma la amo anche molto più dell’originale”.

La maggior parte delle storie contenute nel volume sono prodotti sperimentali, realizzati per riviste di fumetto europee e nordamericane. “Allora stavo ancora cercando uno stile che definisse il mio lavoro”, aggiunge, anche se il segno distintivo dell’autrice, fatto di pesanti contrasti tra luce e oscurità, sia visuali sia metaforici, emerge già con forza. I lavori di Bunjevac  prendono ispirazione dalla propria esperienza personale, ma sono ricchi di citazioni di capolavori della letteratura e del cinema, come America di Kafka o Le lacrime amare di Petra von Kant di Rainer Fassbinder. 

Bunjevac Senza cuore

Tra i lavori più iconici di questo libro ci sono le storie della gatta-umana Zorka: “Se dovessi riassumere Zorka, sarebbe nella massima ‘cercare l’amore in tutti i posti sbagliati’, che è una condizione umana comune in un mondo privo di senso”, ci spiega.

L’ispirazione per il personaggio arriva dal film del 1943 Il bacio della pantera di Jacques Tournier, in cui l’eroina, un’artista che arriva dalle montagne del sud della Serbia, si trasforma in un gatto selvaggio che divora i suoi amanti nel momento dell’amplesso sessuale. “La mia versione di questa ‘catwoman’ è un’immigrata alla disperata ricerca di amore, che vive in un’indefinita città del Nord America, lavora in un impianto di lavorazione della carne e pasteggia con cibo spazzatura davanti alla televisione. La sua figura è un omaggio al fumetto underground americano, per la precisione Fritz il gatto di Robert Crumb e Felix di Kim Deitch”.

Nina Bunjevac - Zorka

Oltre alle storie di Zorka e di altre donne perdute, nel libro trova spazio una sezione, dal titolo Radici in fiore, dedicata ai ritratti di importanti filosofi e pensatori, come Jean Gebser e Rudolf Steiner: “La loro presenza è dovuta al mio bisogno di trovare un senso alla mia vita”, commenta Bunjevac: “La filosofia esoterica soddisfa il mio bisogno di questa ricerca di significato, perché riconosce che la fonte della saggezza può essere trovata dentro se stessi, tramite l’infinita ricerca di conoscenza da fonti differenti e il successivo processo interiore delle stesse”.

Nina Bunjevac - Gebser

A consacrare il suo talento anche in Italia è stato Fatherland. Educazione di un terrorista, graphic novel uscito nel 2014. Opera autobiografica, in esso Bunjevac ricostruisce il conflittuale rapporto con il padre, arruolato tra le fila di un gruppo terrorista ultra-nazionalista serbo, e la terra di origine dei genitori, dove l’autrice è stata trasferita a un anno di età.

In Senza cuore appare la storia che ha aperto la strada a quell’opera, Agosto 1977: alla sua uscita ha ricevuto grande plauso dalla critica in Serbia e in Croazia e da altri scrittori come Miljenko Jergović. Nel 2011 le tavole di quella storia sono state esposte al Centro per la decontaminazione culturale a Belgrado, all’interno del festival di fumetto Novo Doba, che l’autrice ricorda come un momento importante di connessione con altri intellettuali e attivisti, tra cui Aleksandar Zograf: “Sembrava che ci fosse un trend generale tra gli autori della mia generazione, per riesaminare l’eredità dei nostri genitori e posizionarla nel contesto del presente”, continua Bunjevac. “Aveva quindi senso scrivere qualcosa di più lungo su mio padre, la cui ideologia nazionalista ha poi dominato la Serbia dagli anni ‘90 e continua ancora oggi”.

A proposito del suo paese natale, argomenta: “Vive molte tensioni tra la tradizione e la modernità. Alcuni elementi del tradizionalismo sono così radicati nella cultura che per esempio la violenza contro le donne e soprattutto la violenza sessuale non sono visti come crimini seri”.

Nina Bunjevac - Agosto 1977

Bezimena. Anatomia di uno stupro, il suo terzo e ultimo libro del 2018, è stato presentato in Serbia durante una conferenza insieme a un rappresentante di una organizzazione che offre supporto alle vittime di violenza sessuale: l’autrice venne accusata di affidare il suo libro alla propaganda femminista. Un argomento molto sentito in quanto vissuto sulla propria pelle, che Bunjevac affronta in quel libro come nella storia che apre Senza cuore: cosa deve cambiare nel modo di raccontare lo stupro? “Per comprendere davvero la violenza sessuale, dobbiamo prestare molta attenzione, all’attitudine storica verso le donne, esaminando tradizione e mitologia”.

Bezimena usa infatti un mito greco minore, quello di Artemide e Siprete, per rielaborare l’atto violento e stravolgere i piani narrativi. Prima ancora dell’Antica Grecia, nelle società neolitiche le donne non erano subalterne agli uomini e non erano ridotte alla loro funzione riproduttiva, ma ciò è cambiato con l’arrivo dei popoli indoeuropei, che hanno introdotto lo stupro come arma e strumento di invasione.

La mitologia oggi è scritta dai media popolari. Qual è il ruolo delle donne?”, è la domanda che l’autrice pone. Che si riferisce non solo allo stupro individuale, ma anche a quello simbolico sull’ambiente, la Madre Terra: “Abbiamo lo stesso atteggiamento verso la natura: è lì per darci infinite risorse. Viene continuamente stuprata da mine, bulldozer, piattaforme petrolifere che estraggono la sua linfa per nutrire i nostri bisogni primari”. Secondo lei, siamo molto lontani dalla soluzione: “Finché noi, a prescindere dal genere, non guarderemo dentro noi stessi e ci purificheremo da questi aspettative e pregiudizi e non metteremo la donna alla stessa altezza dell’uomo, così per la natura, non saremo mai in grado di capire la violenza sessuale e di tenerla a bada”.

Fan del lavoro di Carl Jung, della sua allieva Marie-Louise von Franz e Erich Neumann, come lo studioso di miti Joseph Campbell, Bunjevac è una ferma sostenitrice del linguaggio della mitologia: “Sono convinta che sia un progetto per l’individuazione (nella psicologia di C.G. Jung, il processo che permette ad ogni individuo l’avvicinamento con una crescente integrazione e unificazione dei complessi che formano la personalità, ndr) e che la nostra psiche parli a noi attraverso i simboli dei sogni. Essendo determinata a capire me stessa e conoscermi il più possibile, prendo i sogni molto seriamente”.

Bunjevac ha infatti illustrato Fiaba Bianca, uno degli ultimi libri di Antonio Moresco sempre per Rizzoli Lizard, che parla di simboli onirici: “Il mio prossimo libro, infatti, parlerà di sogni e ricordi” conclude l’autrice: “Sto poi lavorando al mio primo film di animazione. Al momento sto anche lavorando con dei tesisti della Scuola di arti visuali di New York, con i quali applico Il viaggio dell’eroe di Joseph Campbell. È un lavoro che mi dà molta gioia e mi riempie di significato”.

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