Cosa si direbbero i grandi poeti della letteratura italiana se si incontrassero in spiaggia? In occasione dell’uscita del libro “Dialoghi impossibili”, l’incontro immaginario tra Leopardi, Pascoli, Pavese, Merini e altri, firmato da Nicolò Targhetta (conosciuto per la sua pagina Facebook “Non è successo niente”)

– Giacomo!

– Giacomo!

Leopardi!
– Che c’è?
Reggi qua la borsa frigo che io… dove stai andando?
– Io?
– Sì, te.
– In albergo.
– No eh! Non ci provare neanche. T’ho portato in spiaggia apposta perché prendessi un po’ di sole, che pari un hikkikomori.
– Ma a me la spiaggia fa schifo. Io voglio stare in stanza con l’aria condizionata e Ruzzle.
– Te lo scordi. Guarda che io son preoccupato. Non c’hai amici, non c’hai nessuno. Da giovane eri tutto pimpumpàm, nuda la fronte, nudo il petto, adesso stai sempre chiuso in casa. E ho visto la tua cronologia internet, perché ti guardi tutti quegli incidenti d’auto russi?
– Mi rilassano.
– Ecco, capisci bene pure tu che hai bisogno di vitamina D, di mare, di socializzare un po’. Dai, che ci sono tutti.
– Tutti?
– Certo. Guarda là c’è Marinetti. Guarda che sta già in acqua! Filippo! Siamo qua! Fai il bagno?
– Splash! Splash!
– Ha detto “splash”, “splash”?
– Bagnati un po’ la testa Filippo!
Idrat! Idrat!
– Bravo. Simpatico Marinetti, vero?
– Posso andarmene?
– No.
– C’ho un lutto. Un prozio, un cane zoppo, gli augellini, l’infinito, il contatore. Devo poetare.
– E poeti sotto l’ombrellone, dai sii buono, almeno prima conosci gli altri. C’è D’Annunzio, là. Dai, vieni che ti presento Gabry. Gabry, roccia! Come stai?
Fulgidissimo.
– Bene…
– Stavo qui, a rimirar la maschia possenza dei marosi quando scintillante come l’antica lorica del catafratto m’è apparsa la visione di nobile italica virtù. In terra, in cielo, il nudopiede s’alza, il corpo d’atleta si sprona e s’accresce e il dominio è dei pochi e superiori.
– … non ho capito.
Torneone di beach volley?
– Guarda siamo appena arrivati…
– Dai zio, ci stanno due inglesi che se la scoattano!
– Ho capito ma lasciaci almeno mollare giù la roba…
La patria! La vittoria! Donnarumma!
– La patria aspetta un attimo, Gabrie’. Vieni, vieni via che a questo in spiaggia gli piglia l’horror vacui, e se non è beach volley sono i racchettoni, e se non sono i racchettoni è kitesurf. Una volta l’ho beccato che stava giocando a Uno da solo, e come s’incazzava quando pescava i +4.
– Però per l’età che ha, tiene un gran bel fisico.
– Sì, segue un regime…
– …
– … alimentare.

– Ah.
– Dai, vieni che ti metto la crema che qua comincia a picchiare. Oh, c’è Jacopone. Vieni a salutare Jacopone da Todi.
– Salve.
– Indecenza.
– Cosa?
– Crucifige!
– Jacopone, tutto bene? Non hai caldo col cilicio?
– Ma vi siete un po’ guardati d’intorno?
– Che c’è?
– Come che c’è? Dove poso l’occhio v’è lo peccato del mondo. Osserva, lì una Messalina, lì una Gesabele. Ovunque mi volto lo dimonio in forma di donna. Che n’è stato del timorato costume a un solo pezzo tanto caro al Signore? Ascolta? Senti lo diabolo che ci irretisce coi suoi cupi tormenti?
È Baby K, Jacopo…
– Iddio deve sapere quanta lascivia e quanto doloroso peccare tormentano il mondo.
– Per quello stai facendo un video?
– C’ho un gruppo whatsapp con… Dio.
– Che schifo.
– Ragazzi!
Alda! Meno male c’è Alda. Vieni, vieni, che te la presento. Alda Merini, Giacomo Leopardi.
– Piacere.
– Ma che bell’uomo.
– …
– E dove me lo tenevi nascosto questo Giacomino?
– Alda.
Che bella gobba. Così aristocratica. Mi ricordi un po’ il Fabrizio, tu.
– Alda, per favore.
– Oh, nini, è estate e io voglio tutto il pacchetto. La sangria, le feste sulla spiaggia, le collane di perline, uno con cui farmi un tatuaggio e trombare in pineta. E già che ci siamo, com’è che sono l’unica donna del gruppo?
– Ehm.
– Ecco, mentre tu pensi a una risposta che non c’entri niente con il maschilismo delle arti, io vado a insidiare quel bel malinconico bagnino. Sapete, ho scoperto che c’è tanta di quella liricità nel crossfit
– Ecco, magari ci andiamo a mettere un po’ più in là.
– Amici!
– Ah vedi, è venuto pure Dante.
– Icché avete visto Guido?
Guinizzelli o Cavalcanti?
– È lo stesso.
– No, perché?
– Perché io vorrei che lui, Lapo e io fossimo soggetti a un incantesimo e posti su un vascello, che ad ogni soffio di vento andasse lungo il mare secondo il nostro volere.
– E qual è il problema?
– Che i pedalò son tutti occupati.
– È pericolosissimo andare in pedalò.
– Oddio che spavento. Ah sei tu Foscolo.
– Ci muori in pedalò. È un attimo.
– Ma no, dai.
Diglielo pure te Pascoli.
– Ci muori. È un attimo.
– Un’oscillazione.
– Uno sbilanciamento.
– Un vortice.
– Pieno di vortici qua.
– E addio.
It’s raining cavalline storne.
– Ho capito, ragazzi, ma per favore adesso non spaventatemi il ragazzo che già è stata un’impresa portarlo in spiaggia.
– E la spiaggia è peggio.
– I colpi di calore.
– Le meduse.
– Le alghe velenose.
– I raggi UV.
– L’hai portato a pigliarsi un tumore alla pelle,  altroché.
– Va be’, grazie. Siete sempre una boccata d’aria fresca.
– Davvero mi piglio un tumore?
– Ma no, Giacomo. L’hai messa la crema?
– Sì.
– E allora a posto, dai. Quelli son decadentisti, non devi ascoltarli. Vediamo di trovarti un esempio più positivo. Eccolo, Palazzeschi! Aldo, ciao!
– Ragazzi, che bello vedervi.
– Che fai? Giochi con le palette e il secchiello?
– Vedete, il gioco, il divertimento e il riso sono alla base della vita. Devono essere coltivati. Il riso in particolare, il riso dei fanciulli, il riso dei nostri figli, il riso smodato, rumoroso e insolente. Così mi diletto ad aiutar i ragazzetti del lido a far castelli con la sabbia.
– Che bella cosa.
E poi glieli distruggo. E rido, rido smodatamente.
– Senti, c’è Montale.  Eugenio, pure tu qui? Questo è Giacomo.
 Piacere. Avete fame?
– Be’, sai che un pochino sì.
– E allora prendete, prendete, non fate complimenti che ne ho portati per tutti.
– Cosa sono?
Ossi di seppia.
– Casomai poi.
– Sicuri?
– Sì.
– Fanno bene al becco e al piumaggio.
– A dopo, Eugenio. Allora, come ti pare sta spiaggia?
– Insomma.
– Perché insomma?
– Son tutti strani, tutti diversi.
– Ecco, bravo. Son tutti strani, son tutti diversi, eppure son qua. Pavese con quei tamarrissimi Speedo attillati, Ungaretti tutto cromato dalla sera prima. Secondo te cosa fa di un poeta un poeta?
– Non lo so.
– Guardati intorno, cosa vedi?
– La spiaggia, il mare, le persone.
– La spiaggia, il mare, le persone, son cose grandi, grandissime. Cose che fan paura. Mica e facile starci in mezzo. Guarda te, che vorresti scappare, però non lo fai. Rimani qui, con tutti noi. A guardare il mare enorme e spaventoso, in mezzo a gente strana e spaventosa. Su questa spiaggia che, come la vita, sembra non finire mai e poi, a un certo punto, quando ci stavi a prender gusto, finisce. Ecco, chi ha il coraggio di vivere tutto questo, di guardarlo negli occhi e, soprattutto, di trovare il modo di raccontarlo agli altri lottando ogni giorno con se stesso per distillar fuori un po’ di verità, è un poeta.
– Be’, se la metti così, allora mi sa che rimango.
– Mi fa piacere.
– Ma scusa, perché ti importa così tanto che stiamo assieme, che dialoghiamo, che ci conosciamo tutti quanti? Che poeta sei tu?
– Io non sono un poeta.
– Ah no?
– No, io sono un lettore.

copertina libro dialoghi impossibili di Nicolò Targhetta

L’AUTORE E IL LIBRO – Nato a Padova, nel 1986, Nicolò Targhetta (nella foto courtesy dell’autore, ndr) lavora come videomaker ma coltiva da sempre la passione della scrittura. Nel 2018 decide di aprire una pagina Facebook, Non è successo niente, con il proposito di scrivere una storia al giorno per un anno intero. L’esperimento riesce e in poco tempo supera i 135mila follower che seguono i suoi racconti di vita dallo stile corrosivo ed esilarante. Ha già pubblicato Non è successo niente (Beccogiallo, 2019) e Lei (Beccogiallo, 2020). Ora torna con un nuovo libro, Dialoghi impossibili (Longanesi), la cui quarta di copertina, rispecchiando la voce dell’autore, è del tutto singolare. Ve la lasciamo di seguito per farvene un’idea.

Ciao, sono il risvolto del libro. Mi usano per spiegarti in 1500 caratteri (o anche meno) perché dovresti comprarlo. Allora io mi metto qua e comincio col solito repertorio. E blatero in carattere otto di “storie corrosive”, di “finali spiazzanti” o, che dio mi perdoni, “di un autore istrionico che non finisce mai di stupirci”. Non è certo il lavoro dei sogni. Io avrei voluto essere altro. Non dico un romanzo, ma almeno un saggio breve, un dizionario dei sinonimi, una tesi di laurea. Al limite una multa.
Ma questo lavoro di portineria… questo proprio no.

nicolò targhetta

Va bene, vuoi che ti dica perché devi comprarlo? Ma scusa, come faccio a saperlo? Che ne so io cosa cerchi in un libro, come ti stanno andando le cose o se in queste duecento pagine c’è o meno la frase capace di farti uscire da una brutta settimana? L’autore è un tizio che ha scritto 27 storielle minuscole sulla Storia maiuscola, fossi in te non mi farei illusioni. Però.

Però una cosa posso dirtela senza vendertela. È la prima volta che mi lasciano parlare. Che mi lasciano essere me, il risvolto del libro. Ora, magari non vuol dire niente. O magari invece è un segno del fatto che in questo libro, dove la storia è una lunga cinica sequenza di errori ripetuti e lezioni dimenticate, tutti, anche quelli più bistrattati, hanno avuto la possibilità di dire la loro e raccontarsi in modo diverso che altrove. Ecco, questo te lo posso dire. A questo ci credo. Comunque, fossi in te, guarderei le stelline. Oppure chiederei a un commesso.

Abbiamo parlato di...