Con una narrazione destrutturata e una prosa lirica che rimanda al ritmo della spoken word, “Quando eravamo sorelle”, il primo romanzo della poetessa, scrittrice e sceneggiatrice americana di origine pakistane Fatimah Asghar, racconta cosa vuol dire essere orfani. Allo stesso tempo, esplora temi complessi come la ricerca costante di un’identità, la condizione dei musulmani negli Stati Uniti e l’ambivalenza delle relazioni familiari

Un uomo muore in una città in cui non era nato. Ucciso. Per strada.
Un padre muore e la città e le sue figlie continuano a vivere.

È il 1995 quando Noreen, Aisha e Kausar, tre sorelle americane di origini pakistane, diventano orfane: la madre è morta anni prima a causa di una malattia e adesso il padre è stato ucciso, senza alcuna ragione se non perché si è trovato nel posto sbagliato, al momento sbagliato.

Rimaste sole, le bambine vengono affidate al fratello della madre, mosso da un istinto caritatevole di facciata e dall’interesse economico per gli assegni governativi spettanti alle nipoti.

Quando eravamo sorelle di Fatimah Asghar

Inizia così Quando eravamo sorelle, il primo romanzo della poetessa, scrittrice e sceneggiatrice americana di origine pakistane Fatimah Asghar, famosa tra le altre cose per aver lavorato alla serie Ms. Marvel, sulla prima supereroina musulmana.

In questo suo esordio narrativo, edito in Italia da 66thand2nd (traduzione di Federica Principi), Asghar attinge dalla sua storia personale per rappresentare nel modo più fedele possibile cosa vuol dire essere orfani, e allo stesso tempo esplora temi complessi come la ricerca costante di un’identità, la condizione dei musulmani negli Stati Uniti, l’ambivalenza delle relazioni familiari.

La narrazione è affidata alla più piccola delle tre protagoniste, Kausar. Attraverso il suo sguardo vediamo le sorelle abbandonare la loro vecchia casa, diventata ormai casa della Tristezza, e volare verso la nuova vita promessa dallo zio (di cui Asghar censura il nome lungo tutto il romanzo), una casa così grande da avere persino uno zoo personale. Ma l’incantesimo si spezza subito davanti all’appartamento fatiscente in cui le relega l’uomo, dove lo zoo non equivale che a un corridoio pieno di gabbie di uccelli, dal pavimento ricoperto di escrementi. In un contesto di desolazione affettiva, le sorelle ritrovano solo per un breve periodo un senso di famiglia grazie a una coppia di immigrati pakistani, ma presto sono di nuovo abbandonate a loro stesse.

Con il passare degli anni e l’avvicinarsi dell’età adulta, l’unità apparentemente indissolubile che le tre sorelle avevano condiviso sin dall’infanzia inizia a sgretolarsi. In questo senso, Quando eravamo sorelle si conferma nella sua sostanza un romanzo di formazione: il sopraggiungere dell’adolescenza porta nelle ragazze un crescente senso di sé, sé che si distacca progressivamente da quello delle altre, creando conflitti e mettendo fine all’innocenza. Non basta più addormentarsi insieme di sera, l’una nelle braccia dell’altra. Ognuna deve fare ora i conti con i propri desideri, il proprio corpo che cambia, la propria sessualità, ma anche con nuove violenze individuali.

Nell’accompagnare i mutamenti di identità delle sue protagoniste, Asghar si affida al potere della parola: se all’inizio del romanzo, per le “ziette” del quartiere, così come per il resto della società, Noreen, Aisha e Kausar sono figlie e sorelle, alla morte del padre le tre diventano subito orfane. Da bambine, fanno un passo nell’età adulta prima del tempo e si trasformano in ragazze (e per tutti è una triste faccenda, il loro essere ragazze. Triste faccenda, che nessuna di loro sia un maschio). Attraverso il lutto e le parole con cui gli altri le identificano, le tre crescono forzatamente. La loro è una crescita innanzitutto nella propria identità, ma anche e soprattutto una crescita da e nel dolore – da perché una volta conosciuto, lo rifuggono quanto più possibile; nel perché per quanto ci provino non ci riescono, perché il dolore le insegue. E non le abbandona, anche se negli anni muta forma.

Con una narrazione destrutturata e una prosa lirica che rimanda al ritmo della spoken word che Asghar dimostra di conoscere bene, Quando eravamo sorelle è una rappresentazione onesta e sottilmente brutale del dolore, e del valore della sorellanza come elemento essenziale di sopravvivenza.

Scopri le nostre Newsletter

Iscrizione alla Newsletter
Il mondo della lettura a portata di mail

Notizie, approfondimenti e curiosità su libri, autori ed editori, selezionate dalla redazione de ilLibraio.it

scegli la tua newsletter Scegli la tua newsletter gratuita

Fotografia header: Fatimah Asghar nella foto di Jason Riker

Libri consigliati