Da sempre appassionata di cibo, humour e letteratura, su ilLibraio.it Roberta Deiana parla di alcuni romanzi in cui la cucina gioca un ruolo fondamentale: da “Chocolat” di Joanne Harris a “Ricette immorali” di Manuel Vásquez Montalbán, passando per “Gabriela, garofano e cannella” di Jorge Amado e…

Se il cibo ha sempre fatto capolino in letteratura, è invece recente il sottogenere della  food fiction, libri in cui il cibo, l’atto del mangiare o del cucinare hanno un ruolo centrale nella trama. In questo gruppo non è compresa tutta la genie di gourmet letterari, come Nero Wolfe, Pepe Carvalho, il nostro Montalbano o Barney Panofsky, nei quali la passione per la cucina è una caratterizzazione del personaggio, anche se non priva di brillanti osservazioni: lì il fulcro della storia è sempre altrove.

Dalla fine degli anni ’80, il numero di titoli a tema culinario è andato lievitando, per così dire, e la loro popolarità non accenna a diminuire. Insomma, il cibo raccontato piace.

I protagonisti sono cuochi, critici gastronomici, autori di libri di cucina, pasticceri o aspiranti tali, e gli eventi narrati si svolgono in buona parte tra forni e fornelli, reali o vagheggiati.

Questi libri hanno anche in comune alcuni motivi ricorrenti, spesso combinati tra loro.

Anthony Bourdain, il primo degli chef rock, burbero molto prima che il connubio cucina e ruvidezza diventasse di moda, apre il suo memoir Kitchen Confidential con un monito sulle persone  finite sul lastrico per il sogno di aprire un ristorante.

Non so cosa pensi di questo genere, ma ho il sospetto che disapproverebbe almeno il primo leitmotiv, la mistica del ristorante: l’apertura di un locale è il sogno in cui una fetta consistente di protagonisti ripone le sue aspettative di felicità.

Per chi ha un’idea della cucina professionale, questi graziosi bistrot, questi piccoli ristorantini, queste deliziose pasticcerie sembrano spesso a corto di staff o di clienti, e il modello di business miracoloso. Penso, per esempio, a Gli ingredienti segreti dell’amore di Nicolas Barreau. Stefania Bertola, invece, in A neve ferma, prende piacevolmente in giro i cliché di questo genere. Chitra Divakaruni, ne La regina dei sogni, prova a metterci un po’ di realismo: la concorrente multinazionale, le aggressioni razziste.

Il secondo motivo, che spesso si fonde con gli altri, è quello del cuoco sacerdote dei sensi. Può essere maschio o femmina, abile professionista o dotato autodidatta, il discorso non cambia: con la sua conoscenza del senso del gusto, e di solito di tutti gli altri, risveglia gli appetiti sopiti dei suoi commensali.

L’aveva già teorizzato Vásquez Montalbán nelle sue Ricette Immorali: il cibo è seduzione. Per Jorge Amado non è mai disgiunto dalla sensualità: Gabriella, garofano e cannella è cuoca e amante istintiva e sopraffina; Dona Flor, controllata maestra di cucina, dovrà arrendersi alla natura indocile della sensualità. Aciluzza, in L’Assaggiatrice di Giuseppina Torregrossa, si dà con uguale passione ai piaceri del cibo e del sesso; la sensualità di Teodora, ne La signora del miele di Fanny Buitrago, verrà risvegliata dalle cure gastro-afrodisiache del dottor Amiel.

Chi cucina sembra essere depositario di una conoscenza superiore, che, a volte, si trasforma in qualcosa di soprannaturale: è il  terzo motivo, quello del cuoco-mago. Vianne, in Chocolat di Joanne Harris, è una pasticcera in odore di magia, che legge l’animo dei suoi clienti e trova il cioccolatino che cura i loro mali; ne La maga delle spezie di Chitra Divakaruni, Tilo è una maga travestita da venditrice di spezie indiane, che somministra ai clienti per guarire corpo e anima;  Ringo, de Il ristorante dell’amore ritrovato di Ito Ogawa, serve un solo tavolo a sera, con un menù su misura che fa ritrovare l’amore ai commensali. Tita, in Dolce come il cioccolato di Laura Esquivel, trasmette le sue emozioni ai piatti che cucina. Ne Il pranzo di Babette di Karen Blixen, la magia è sul filo del razionale: il cibo scalda gli animi e rompe le rigidità puritane. È il potere della grande cucina, che è anche una bella metafora dell’arte.

Il quarto motivo, che a volte si sovrappone agli altri, è il fascino dell’esotico, ed è un sapore spesso venato di nostalgia. Molti di questi cuochi hanno lo charme misterioso delle loro terre lontane. C’è lo chef vietnamita a Parigi ne Il libro del sale di Monique Truong; le cuoche persiane in Irlanda di Café Babilonia; Spesso si intreccia con la seduzione, e lo straniero è anche portatore di scoperte sensuali, come già ne La maga delle spezie, ne L’ultimo chef cinese di Nicole Mones, o ne  La Cucina di Lily Prior.

L’ultimo motivo è il cibo come chiave di comprensione della vita. Nel cibo, o attraverso il cibo, si cercano e si trovano risposte. Oltre alle scoperte sensuali, i protagonisti aumentano anche la consapevolezza di sé e della propria identità.

In Solo pane di Judi Hendricks, Wyn rirova se stessa grazie alla sua passione per la panificazione. Ne L’inconfondibile tristezza della torta al limone di Aimée Bender, Rose sente nei sapori le emozioni di chi cucina e scopre che il mondo è diverso da come appare. In Estasi Culinarie, di Muriel Barbery, il vecchio critico Arthens, inseguendo un sapore nella sua memoria, rivede tutta la sua vita. Nel brillante Affari di cuore di Nora Ephron, Rachel ha l’epifania definitiva davanti al dessert dell’ultima cena assieme al marito fedifrago.

Anche ne La vendetta della melanzana di Bubul Sharma il cibo svela con ironia pregiudizi, debolezze, contraddizioni della società indiana, in fondo gli stessi della razza umana.

Bibliografia essenziale:

  1. Affari di cuore, Nora Ephron
  2. Dona Flor e i suoi due mariti, Jorge Amado
  3. Gabriela, garofano e cannella, Jorge Amado
  4. Il pranzo di Babette, in: Capricci del destino, Karen Blixen
  5. Il libro del sale di Monique Truong
  6. A neve ferma, Stefania Bertola
  7. L’assaggiatrice, Giuseppina Torregrossa
  8. Estasi culinarie, Muriel Barbery
  9. La signora del miele, di Fanny Buitrago
  10. La vendetta della melanzana di Bubul Sharma
  11. La maga delle spezie, Chitra Banerjee Divakaruni
  12. Chocolat, Joanne Harris
  13. Dolce come il cioccolato di Laura Esquivel,
  14. L’inconfondibile tristezza della torta al limone, Aimée Bender
  15. Ricette immorali, Manuel Vásquez Montalbán

 

L’AUTRICE – Roberta Deiana è nata a Cagliari, ma vive a Milano da quasi metà della sua vita. Da sempre appassionata di cibo, humour e letteratura, è costantemente alla ricerca di pretesti per mescolarli. Nel resto del tempo lavora come food stylist e autrice di cucina. Ha pubblicato diversi libri, tra cui un manuale di impiattamento, due saggi sul cibo in letteratura e una raccolta di ricette « à la manière de »: Piccolo ricettario per cuochi perdigiorno (Premio Selezione del Bancarella Cucina 2011). Recentemente ha pubblicato per Sperling & Kupfer il romanzo Sesso, Droghe e Macarons

Roberta Deiana

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