“Mentre scrivevo il libro su mia madre, “Il tuo sguardo su di me”, ho cercato e letto quanti più libri ho trovato sulle madri e sui loro rapporto con i figli e soprattutto con le figlie…”. Su ilLibraio.it la riflessione, ricca di riferimenti letterari, di Margherita Giacobino, scrittrice, saggista e traduttrice

Mentre scrivevo il libro su mia madre, Il tuo sguardo su di me, ho cercato e letto quanti più libri ho trovato sulle madri e sui loro rapporto con i figli e soprattutto con le figlie. Non volevo soltanto raccontare una storia autobiografica, rievocare una madre amata, volevo qualcosa di più vasto e anche elusivo: sondare quel rapporto primario in cui tanti aspetti della nostra persona e del nostro vivere trovano le loro radici.

Amore, disamore e perfino odio, abbandono, ribellione, potere e impotenza, tempo, insuperabilità del limite, nostalgia, lutto – sono solo alcuni dei grandi nodi dell’esperienza umana che attraversano il rapporto con la madre. Ciononostante, o forse proprio per questo, spesso questo rapporto appare come messo tra parentesi, poco rilevante.

A noi, figli dei ribelli anni ’70, è stato detto che i padri si uccidono simbolicamente, le madri si superano. La psicanalisi divulgativa, da canto suo, ha spesso affermato che per una donna la madre rappresenta la costrizione, il limite, il modello di cui liberarsi.

Negate e al contempo sovraccaricate di simbolico zuccheroso o negativo per decenni se non secoli, le madri hanno cominciato a trovare un loro riscatto con il femminismo.

In Nato di donna, Adrienne Rich afferma la necessità di “comprendere il potere e l’impotenza che le madri incarnano nella cultura patriarcale”, mentre Luisa Muraro sottolinea il legame, ben noto a molti scrittori, tra la madre e il linguaggio: “Chi vuole modificare l’esistente deve saper parlare … e a parlare… s’impara dalla madre.”

Per me gli incontri fondanti del mio lungo viaggio su madri e figlie sono stati quelli con due grandi scrittrici americane, Audre Lorde e Dorothy Allison. In entrambe ho trovato non solo figure di madri possenti, ma anche inedite coniugazioni dell’amore filiale. A Lorde, figlia di una migrante caraibica nella Harlem degli anni ’30 e ’40, la madre appare come una dea in esilio che porta con sé il ricordo di una comunità in cui “le donne vivono e lavorano insieme”, mentre sopravvive in una città ostile e razzista.

Fortissima ma in posizione di debolezza, inventiva e sensuale ma anche autoritaria e segreta, la madre è oggetto allo stesso tempo di amore e conflitto, di ribellione e ammirazione, e fonte di ispirazione per la figlia poeta e militante. Nel romanzo che ha dato un successo internazionale a Dorothy Allison, Bastard out of Carolina, la piccola Bone è unita a sua madre da un legame fortissimo e tuttavia insufficiente a proteggerla dal patrigno violento, il loro è un amore ferito ma non per questo meno assoluto. In entrambi i casi, le autrici compiono il prodigio di vedere la madre nelle loro molteplici dimensioni, come donne forti ma prive di potere nella società, sconfitte ma grandiose, e di riconoscerne e rivendicarne l’impronta in sé.

È curioso poi, ma forse neanche troppo, che io abbia ritrovato qualcosa del mio passato familiare in storie pur così lontane da me. Cos’avevano in comune le mie nonne e zie, operaie e contadine canavesane, con quelle donne americane emarginate perché nere o povere? La marginalità, l’estraneità alla cultura dominante, e un legame vitale tra madri e figlie, tra zie e nipoti, per cui non c’erano parole nella lingua ufficiale del loro Paese.

Il tipo più comune di madre, quella lasciata alle spalle, superata, l’ho ritrovato in Una morte dolcissima, di Simone de Beauvoir, e in Una donna, di Annie Ernaux. Quello per la madre è qui un affetto recuperato, tenerezza protettiva che sopraggiunge nella vecchiaia e si sostituisce al conflitto e al rifiuto, nel momento in cui l’avversaria è ormai debole e i rapporti di forza sono invertiti. Pur essendo la protagonista, in questi libri la madre è una figura minore, e in quello di Ernaux il titolo stesso la colloca tra quei personaggi umili e un po’ rozzi a cui si riconosce una dignità in vecchiaia, come in Una vita di Maupassant, o nel racconto della vecchia domestica che appare in Madame Bovary.

E per gli autori uomini? Alcuni, forse i meno condizionati dall’Edipo freudiano con i suoi esiti eterosessuali, non hanno timore di proclamare l’importanza della madre nella loro vita. “Colei che mi è sacra, mia madre” dice Walt Whitman, che collega la propria opera poetica all’eredità materna, affermando che “Foglie d’erba è il fiore del suo temperamento che agisce in me”. Più vicino a me per tempi e luoghi, l’amico scomparso Angelo Morino nel Film della sua vita disegna il ritratto vivido e indimenticabile di una madre vitalissima, feroce nelle sue collere, quasi una furia arcaica e spaventosa, amata temuta e sopportata, e oggetto di una lealtà senza questione da parte del figlio.

La citazione in epigrafe al mio libro è tratta da Roland Barthes: “Non si parla mai dell’intelligenza di una madre, come se con ciò si sminuisse la sua affettività, si prendessero le distanze. Ma l’intelligenza è: tutto ciò che ci permette di vivere sovranamente con un essere.” A proposito della morte di sua madre, Barthes osserva che “non si tratta di una mancanza (non posso descriverla come una mancanza, la mia mia vita non è disorganizzata), ma una ferita, qualcosa che fa male al cuore dell’amore.”

Un giallo di Ruth Rendell, che ha per protagonista una madre e un figlio, si intitola The Veiled One, e mette in scena l’incapacità di un figlio di conoscere colei che ha più vicina, la madre, il cui volto resta velato.

La mia è stata una madre atipica, poco materna in senso tradizionale: lavorava, non aveva tempo per spazzolarmi i capelli. L’amavo da lontano per la maggior parte del giorno. È stata per me un’immagine di forza tranquilla, protettiva, esigente ma discreta; so qual è stato il suo influsso su di me – ma anche lei in un certo senso era velata. Chi era davvero? L’ho cercata scrivendo, nella consapevolezza che il nucleo delle persone più amate è spesso avvolto nel mistero.

 

Opere citate:

  • Adrienne Rich, Nato di donna, 1976, prima ed. italiana 1977
  • Luisa Muraro, L’ordine simbolico della madre, 1992
  • Audre Lorde, Zami, 1982, prima ed. ital. 2014; Sister Outsider, 1984, prima ed. ital. 2014
  • Dorothy Allison, Trash, 1988, prima ed. ital. 2006; La bastarda della Carolina, 1992, prima ed. ital. 2018
  • Simone de Beauvoir, Una morte dolcissima, 1964, prima ed. ital. 1966
  • Annie Ernaux, Vita di una donna, 1988, prima ed. ital. 1988
  • Walt Whitman, Drumtaps 1865
  • Angelo Morino, Il film della sua vita, 2012
  • Roland Barthes, Diario del lutto, 2009, prima ed. ital. 2015
  • Ruth Rendell, La donna velata, 1988, prima ed. ital. 1989

L’AUTRICE – Margherita Giacobino vive a Torino, è scrittrice, saggista e traduttrice. Il suo primo libro, Un’americana a Parigi (Baldini&Castoldi), è uscito nel 1993 con l’eteronimo di Elinor Rigby. Casalinghe all’inferno è del 1996, per lo stesso editore. Per Eliot, nel 2010, è uscito L’uovo fuori dal cavagno. Con Mondadori ha pubblicato: Ritratto di famiglia con bambina grassa (2015), Il prezzo del sogno (2017) e L’età ridicola (2018). Ha tradotto, tra gli altri, Emily Brontë, Gustave Flaubert, Margaret Atwood, Dorothy Allison, Audre Lorde. Collabora alla rivista satirica online Erbacce.

Il tuo sguardo su di me giacobino

Nel suo nuovo libro, Il tuo sguardo su di me (Mondadori), Giacobino mette al centro un rapporto tra due donne – una più grande, l’altra più piccola – che nel corso delle loro esistenze si sono ascoltate, ignorate, osservate, amate profondamente: incidentalmente sono anche madre e figlia, ancor più incidentalmente sono l’autrice e sua madre. Da bambina Margherita la contempla rapita come fosse il sole, l’astro luminoso attorno al quale tutto gira e prende vita: coraggiosa, energica, determinata. Da adolescente non cerca e non riceve confidenze ma la comunicazione passa nei gesti e nelle parole di tutti i giorni e la fiducia è totale. Adulta, tra preoccupazione e divertimento, Margherita vede la madre iniziare una nuova vita, intrecciare un amore misterioso… Fin quando i ruoli prendono a invertirsi: non più, o non solo, la madre che si prende cura di noi, ma noi a prenderci cura della madre.

Quella con la madre, infatti, è la prima delle nostre relazioni, inizia ancora prima di venire al mondo. Raccontarla può essere la sfida di una vita, perché in quella relazione spesso sono inscritte molte delle verità che ci riguardano.

Qui gli articoli di Margherita Giacobino per ilLibraio.it.

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