Quale futuro per la Sharing economy, ormai in mano a “colossi” come Airbnb, Uber e Task Rabbit, che perseguono gli obiettivi di una qualsiasi multinazionale? Su ilLibraio.it Gea Scancarello, esperta in materia, seleziona una serie di realtà alternative, tutte basate sul concetto di comunità, da scoprire per chi vuole vivere in profondità l’economia della condivisione

Sul futuro della Sharing economy

Le formule magiche non esistono, le comunità sì. E hanno la capacità di sovvertire schemi e abitudini, percorsi obbligati e convenzioni sociali: il realismo magico delle persone comuni. Non è (solo) un omaggio alla letteratura sudamericana, bensì un punto di inizio per ripensare e rimodellare il dibattito sulla cosiddetta sharing economy, quell’economia della collaborazione la cui sfera semantica e d’azione, dopo grandi promesse e premesse, è stata occupata  perlopiù da nuovi colossi quali Airbnb, Uber, Task Rabbit e aspiranti tali.
Accantonate, se non nella retorica ufficiale, condivisione e cooperazione, i giganti della sharing hanno alimentato la scena dei servizi on demand, perseguendo gli obiettivi di qualsiasi multinazionale: massimizzare il profitto abbattendo i costi e le spese. Con il vantaggio competitivo della tecnologia, e della difficoltà di molti, nell’economia tradizionale, a comprenderne le conseguenze e le dinamiche.

Il nome sharing economy, e l’insieme di buone pratiche e idee che racchiude, andrebbe dunque forse ripensato e ridimensionato, aggiustandosi alla complessità e alla varietà dei casi (e riconoscendo comunque il loro apporto di novità). Ma l’idea di un’economia della condivisione non è affatto un fuoco fatuo: a patto di confidare nel realismo magico delle persone comuni.
Dietro a quello che viene oggi definito crowd-based capitalism (il capitalismo basato sulla gente, e sulle sue disponibilità) restano infatti le persone e le comunità organizzate. Ci sono esigenze comuni, sensibilità diffuse e tentativi di aggiustare la realtà circostante alla propria dimensione. Per esempio valorizzando lo scambio, riducendo lo spreco, offrendo mutua assistenza e ospitalità. Certo: condividere costa fatica, è impegnativo e richiede un investimento almeno temporale.

Ma per chi cerca esperienze diverse, le opportunità esistono. Di seguito, ve ne riportiamo qualcuna: tutte basate sul concetto di comunità.

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Ospitalità

Gli appassionati di bicicletta magari già lo conoscono, ma per chi non lo ha mai provato Warm Showers (warmshowers.org) è un portale in cui i cicloturisti possono chiedere ospitalità gratuita ad altri. Come suggerisce il nome, la comunità mette a disposizione di chi lo chiede una doccia calda, un posto in cui dormire (può essere una stanza, un divano, ma anche un angolo di giardino in cui montare la propria tenda) e gli attrezzi che possono servire per riparare la bici, particolarmente utile in caso di viaggi lunghi.
Sul portale ci sono poco meno di 95 mila iscritti, in tutto il mondo.

Be Welcome (bewelcome.org) e Couchsurfing (couchsurfing.com) sono due varianti dello stessa idea: piattaforme in cui ci si presenta, creando un profilo che dica il massimo possibile di sé, e si può cercare ospitalità gratuita in giro per il mondo. L’assunto alla base è che al’interno della comunità degli iscritti esista un desiderio di conoscere altre persone, perché nello scambio si vive un arricchimento reciproco.
Su entrambe le piattaforme, infatti, si possono contattare persone anche solo per andare a bere un caffè o a fare un pranzo, magari per conoscere qualcuno in una città in cui si è appena arrivati.

Lghei (lghei.org) è una comunità simile, ma riservata agli omosessuali. È nata nel 1991, quando le discriminazioni erano maggiori e l’apertura mentale minore, ed ha la propria base a Berlino.  Non è conosciuta quanto meriterebbe: al momento ci sono circa 500 posti in cui si può richiedere ospitalità, anche in coppia. Ogni nuovo iscritto può ovviamente mettere a disposizione la propria casa per altri.

Servas (http://servas.org) è la rete progenitrice di tutte le piattaforme digitali: nata nel 1949 (!), dopo le distruzioni delle guerre mondiali, con l’obiettivo di promuovere integrazione, multiculturalità e pace, resiste ancora ora grazie alla solidità della propria comunità.  La comunità costa di circa 20 mila membri che si offrono reciprocamente ospitalità, prevede un’iscrizione annuale che varia da Paese a Paese (non supera comunque i 100 euro) e, soprattutto, un colloquio di ammissione per accertarsi che lo spirito di Servas venga conservato e rispettato.

Scambiocasa (scambio casa.com) è l’evoluzione di Servas nell’epoca di internet. Scambiocasa funziona pressoché in modo identico: ci si iscrive, pagando una cifra annuale, e poi si scambia la propria casa con quella di altri membri. A riprova della serietà della piattaforma, nessuno scambio è immediato: le persone si scrivono, si conoscono, imparano a fidarsi reciprocamente e poi organizzano lo scambio.

Lavorare fuori

Workaway (workaway.info): evoluzione del concetto di au pair, diffuso fin dagli anni ’70, chi ha più di 18 anni e vuole viaggiare, magari migliorare la conoscenza di una lingua e inserirsi in una cultura straniera, può provare a cercare tra le 23 mila offerte (in 155 Paesi) di Workaway, una piattaforma che raccoglie le esigenze svariate di numerose famiglie intorno al mondo: da chi cerca un aiuto per lavori domestici a chi vuole un insegnante di lingua per i propri bambini, passando per lavoro nei campi, in bed and breakfast e chi più ne ha. Soltanto in Italia, al momento, ci sono oltre mille offerte.  In cambio del lavoro, che non dovrebbe occupare più di mezza giornata, si ottengono vitto e alloggio. E, naturalmente, la possibilità di diventare parte di una comunità. In casi eccezionali, anche il viaggio è coperto.  Inutile da dire, ma prima di partire è bene avere concordato con gli ospitanti tutti i dettagli possibili.

World Wide Opportunities on Organic Farms (www.wwoof.net): amanti della natura, abituati alla vita in campagna o desiderosi di scoprirla, possono cercare un lavoro in una fattoria intorno al mondo, sempre in cambio di vitto e alloggio. Anche in questo caso, il lavoro non dovrebbe occupare che la metà circa della giornata.
Attenzione però: molte persone trascurano quanto possa essere faticosa la vita di campagna, quindi chi decide di partire deve aver chiaro cosa significhi stare in una fattoria. Il costo annuale per entrare nella rete è di 15 sterline (circa 17 euro e mezzo) e dà accesso a circa 250 fattorie in giro per il mondo.

Cose di prima necessità, gratuite

Leila, la biblioteca degli oggetti (leila-bologna.it, Via dell’Indipendenza, 71/Z, 40121 Bologna): il potere della comunità è perfettamente raccolto nell’idea di Leila, il non negozio: si tratta infatti di una “biblioteca” – in cui cioè non si acquista ma si prende in prestito – di oggetti. Giocattoli, lettori dvd, zaini per viaggi, sacche per la moto, utensili da cucina: si trova un po’ di tutto. E tutto utile.  Chi ha qualcosa che non pensa di dover usare in modo esclusivo – realisticamnete. ogni quanto utilizzate davvero le ciaspole? – può metterle a disposizione della collettività. Non per forza eternamente, ma per la durata della propria iscrizione a Leila (in caso di ripensamenti, insomma, ci si riprende quel che è proprio). L’iscrizione costa al massimo 50 euro all’anno (pagabili anche mensilmente) e dà diritto a prendere qualsiasi oggetto e  a tenerlo fino  a sei mesi. Un modello da esportare: basta costituire un’associazione, ed esserne convinti. A quel punto, è improbabile che il comune non aiuti mettendo un qualche spazio a disposizione: non foss’altro perché la sharing va di moda.

L’AUTRICE – Gea Scancarello, classe 1980, si è formata tra Italia, Stati Uniti e Spagna, dove ha vissuto e studiato. Giornalista, viaggiatrice, appassionata di storie e di vita, è l’autrice di Mi fido di te (Chiarelettere), libro dedicato alla sharing economy

 

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