“Sono pessimista e spaventato? Sì, certo. Come altro potrei sentirmi?”. Su ilLibraio.it lo scrittore americano Glenn Cooper, molto amato in Italia, racconta la sua preoccupazione per la vittoria elettorale di Trump: “Persino il Ku Klux Klan si è schierato dalla sua parte. Devo aggiungere altro?”

“Stai bene?”

Il giorno successivo alle elezioni, i miei amici e io non abbiamo fatto altro che porci a vicenda questa domanda.

Sia chiaro: quasi tutti i miei amici sono progressisti e non mi sento in colpa per questo. Chi si somiglia si piglia, come si dice. Fatto sta che non passo molto tempo con quel tipo di persone che formano lo zoccolo duro dei sostenitori di Trump. Non vivo in campagna, non sono privo d’istruzione, non mi sento inferiore, non sono né insofferente né timoroso nei confronti degli immigrati e, in linea di principio, non diffido della globalizzazione. Definitemi pure un elitista patentato, uno snob della East Coast: non mi offendo. Credo che ricevere una buona formazione in scuole di buon livello ed essere consapevoli che non si smette mai d’imparare siano un vantaggio, non uno svantaggio. Provo una grande ammirazione per chi fa lavori manuali, per chi si asciuga il sudore dalla fronte. Ma io non sono così.

Alcuni miei amici hanno sostenuto Hilary con calore, altri sono stati più tiepidi. Altri ancora, come me, erano a metà strada tra le due posizioni. Ma tutti siamo stati ardenti oppositori di Trump: ecco il motivo di quella domanda. A giochi fatti, quando ci siamo trovati ad affrontare quella cosa per noi inconcepibile come la vittoria di Trump, volevamo capire se stavamo bene, sia emotivamente sia fisicamente. È stata una notte molto difficile.

Per i democratici progressisti che credono in un governo fondato sulla tolleranza, sull’etica, sulle decisioni basate sulla logica, Trump era un candidato da incubo. Un candidato immaturo, sessista, permaloso, razzista, demagogo e sbruffone, che ha fatto perno sulla paura e sul dissenso. Ha dipinto un’immagine dell’America contemporanea che sembrava uscita da un sinistro cartone animato. Ha mentito con tale regolarità – menzogne piccole, menzogne grandi, menzogne ridicole – che quasi ogni sua frase conteneva una bugia. Siamo diventati immuni alle stronzate. Ha sostenuto una cosa solo per negarla il giorno successivo, sebbene fosse stata registrata! In passato, qualsiasi candidato alla presidenza che cambiasse le sue posizioni sulle questioni importanti (come Trump ha fatto) veniva definito una “banderuola” e non la faceva franca. Con Trump, siamo ufficialmente entrati in una società “post-fattuale”: le bugie, le falsità e gli inganni non hanno più la minima importanza. Ha parlato e sparlato di delicate questioni sociali e politiche, riempiendosi la bocca con affermazioni spesso diametralmente opposte a quelle che aveva dichiarato soltanto pochi anni fa.

Ormai è chiaro che l’unica cosa in cui Donald Trump crede è il proprio ego. A Trumpland, l’altruismo, l’empatia e la compassione sono quasi assenti. E, su quelle questioni, le affermazioni di Trump sono state articolate solo di rado, sostituite da slogan e dalla retorica dell’ “uomo forte” che cura ogni male: credi in me, eleggi me, solo io posso risolvere i problemi, perché io sono più intelligente di chiunque altro, più forte di chiunque altro, più ricco di chiunque altro e ho avuto più successo di chiunque altro.

Peccato che non ci siano prove che lui sia davvero chi dice di essere, soprattutto riguardo al suo successo negli affari, un successo assai meno eclatante di come lui lo presenta. Per non parlare della sua presunta intelligenza superiore (“Ho una testa fina”). Ha modificato al rialzo i suoi voti scolastici, non legge libri (un peccato mortale, a mio parere), non dimostra un briciolo di curiosità intellettuale, parla come un undicenne che ha un vocabolario di circa 400 parole, ed è incapace di dire una frase coerente se non è scritta sul gobbo. A suo confronto, Forrest Gump sembra Einstein. Se è astuto è perché ha imparato a arrangiarsi, un’astuzia che lui fonde con l’istinto tipico del prepotente e con un’inspiegabile capacità di distruggere gli avversari grandi e piccoli, per lo più sfruttando i loro punti deboli, prendendoli in giro e chiamandoli con soprannomi denigratori. Questo non è il profilo ideale di un presidente degli Stati Uniti, per Dio!

Sentite, posso capire che di questi tempi l’idea dell’America First abbia infiammato le coscienze di una parte di elettorato, allo stesso modo in cui i movimenti nazionalisti stanno facendo presa in tutta Europa. Non c’è nulla di sbagliato nel lodare le conquiste e l’eccezionalità della propria nazione, ma lo diventa nel momento in cui viene fatto a spese di quelle persone che vengono percepite come diverse da noi… qualsiasi cosa significhi quel «noi». Tenete presente che, nativi americani a parte, in America siamo tutti immigrati. Ed ecco il pericolo più grande dell’America First: nell’ombra stesa da quel prepotente di Trump si nascondono i sostenitori della supremazia bianca, i neo-nazisti, gli antisemiti e i razzisti di ogni specie. Persino il Ku Klux Klan si è schierato dalla sua parte. Devo aggiungere altro? E non c’è niente di male a ergersi a paladino del lavoratore medio, se non fosse che Trump non lo è affatto. Tanto per cominciare, sfrutta i lavoratori da decenni. Ho il sospetto che, finché non ha deciso di candidarsi alla presidenza, Trump disprezzasse proprio le persone che sono diventate lo zoccolo duro dei suoi sostenitori. Il che farebbe di lui il più grande truffatore del XXI secolo.

Trump

Le conseguenze della vittoria di Trump viste da Costanza Prinetti

Sono quindi pessimista e spaventato? Sì, certo. Come altro potrei sentirmi? Siamo costretti ad assistere al passaggio di consegne tra un presidente che è un fine e brillante intellettuale, un’ispirazione vivente, e uno che è un ignorante e un avido; uno che ha fatto il suo ingresso nell’arena politica cercando di dimostrare che Obama era straniero e che perciò non aveva il diritto di restare in carica; uno che ora promette di cancellare tutte le sue riforme sociali, politiche e normative, inclusi i provvedimenti presi contro il cambiamento climatico. (Ricordatevi che Trump ha detto che il cambiamento climatico è una bufala inventata dai cinesi per renderci meno competitivi economicamente e che ha già nominato una squadra di negazionisti per guidare il cambio di rotta sulle questioni ambientali. Ha detto che le donne che scelgono di abortire dovrebbero essere perseguite penalmente. Ha detto che smantellerà tutti i piccoli, insufficienti passi compiuti finora per assicurare a tutti l’assistenza sanitaria).

E gli europei dovrebbero avere paura? Potenzialmente sì. Lui vede il mondo con un’ottica finanziaria: quanto pagano gli Stati per restare sotto l’ala protettiva dell’America? Quanto costa la Nato? A lui non importa nulla né degli impegni presi in passato né degli equilibri di potere. Ha una concezione semplicistica delle questioni geopolitiche. La sua affinità con Putin – un altro uomo forte che ammazza i giornalisti – è più che allarmante. E credo che gli italiani per primi dovrebbero provare una paura istintiva, perché chi meglio di loro può comprendere le origini del fascismo?

Il nostro grande, fulgido esperimento di democrazia, iniziato solo 240 anni fa, sarà messo alla prova come in nessun altro momento della nostra storia da un presidente che quella storia non la conosce e non ha nessun interesse a conoscerla. Ma noi abbiamo un documento fondamentale – la Costituzione degli Stati Uniti – che contiene strumenti diabolici per bilanciare il potere dei presidenti, anche di uno che ha una maggioranza schiacciante al Congresso, come nel caso di Trump. Noi non eleggiamo sovrani. I nostri presidenti hanno solo due mandati di quattro anni. Se si rivelerà un disastro, avremo presto l’occasione di buttarlo fuori. E almeno la metà del Paese gli darà dell’assassino se dovesse azzardarsi a calpestare i nostri diritti e le nostre libertà fondamentali. Non sappiamo come governerà. Deve esserci almeno un barlume di speranza che non sarà così male come sembra. Di certo non sarà una passeggiata. Ma io devo poter credere che l’edificio americano sia troppo solido e limpido per essere deturpato per sempre da un graffitaro come Trump. Una scritta sul muro può essere lavata via.

Quindi stiamo bene?
Mi tremano i polsi ma penso che alla fine ce la caveremo.

glenn-cooper

L’AUTORE E IL SUO NUOVO ROMANZO – Mistero e avventura, scienza e fede, passato e presente: con Il segno della croce (Nord – qui la trama) torna in libreria Glenn Cooper, autore del bestseller La Biblioteca dei Morti e di altri successi, in particolare in Italia, dove è molto amato dai lettori.


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