“Bisogna iniziare a demolire la mistica della maternità, il ‘mito della madre’ che, proprio perché mitizzata, è perfetta, inimitabile, ineguagliabile. Tutto questo è finzione, una trasfigurazione della realtà che ingabbia le donne nelle loro stesse aspettative sulla maternità, creando dolore, frustrazione, sensi di colpa”. In occasione dell’uscita del libro “Una mamma ansia e sapone”, su ilLibraio.it l’intervento di Valentina Melis, attrice, conduttrice e attivista: “Il punto è che a furia di caricare la maternità di doveri e dedizioni assolute, ci si perde le donne per strada. E il paradosso è una società che vuole una donna prima di tutto madre, ma senza sostenerla…”

Ci sono tantissimi stereotipi ancora da abbattere sulle mamme.

Il peggiore di tutti, per me, è quello della madre che si deve compiacere del suo annullamento nell’esperienza di maternità. Ogni donna ha il sacrosanto diritto di sentirsi madre con i suoi modi e con i suoi tempi.

Chi appena vede le due linee sul test di gravidanza, chi al primo movimento del bambino, chi appena nasce e chi dopo giorni, mesi o anni. E dovrebbe andare bene così. Invece no.

Si è sempre pronti alla prossima santificazione e crocefissione delle madri.

Viviamo ancora in una società che vede come giusta realizzazione della donna la maternità e che se madre lo diventi ti vorrebbe inchiodata ai fornelli con bambino in braccio, capelli sfatti e magari un altro in arrivo o aggrappato alla gonna, rigorosamente lunga.

Perché nell’opinione comune se sei madre devi sacrificarti e rinunciare a tutto.

Se ti piace il tuo lavoro o se vuoi lavorare anche se potresti non farlo, allora sei un’egoista. Ma come, non lo sai che la felicità di una donna deve essere tutta nel suo ruolo di mamma?

Io ho una figlia femmina e questo esempio non voglio darlo, questo modello lo rifiuto. Io non voglio che lei creda che essere madre sia l’ambizione più grande di una donna e soprattutto che un figlio sia un sacrificio, un essere al quale sottomettere tutti i propri sogni o passioni, ergendosi a martiri.

La maternità è un’esperienza straordinaria e io amo mia figlia ma non capisco perché le mamme non possano essere trattate come esseri umani che hanno dei limiti come gli altri, punti di forza certo ma anche fragilità, sbagli, debolezze.

Bisogna iniziare a demolire la mistica della maternità, il “mito della madre” che, proprio perché mitizzata, è perfetta, inimitabile, ineguagliabile. Tutto questo è finzione, una trasfigurazione della realtà che ingabbia le donne nelle loro stesse aspettative sulla maternità, creando dolore, frustrazione, sensi di colpa a non finire.

Il punto è che difendere e realizzare se stesse non dovrebbe essere incompatibile con l’essere madri. Il punto è che a furia di caricare la maternità di sensi di colpa e doveri e dedizioni assolute, ci si perde le donne per strada.

E il paradosso è una società che vuole una donna prima di tutto madre, ma senza sostenerla.

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La dimostrazione l’abbiamo avuta in questo anno di pandemia. Con la chiusura delle scuole, la riapertura a singhiozzi, la didattica a distanza, le conseguenze si sono abbattute ovviamente sulle madri.

Così, alla fine, a pagare con la loro libertà sono sempre e comunque le donne, subendo il carico della cura famigliare, le enormi difficoltà sul lavoro, i salari più bassi, le penalizzazioni di carriera e la mancanza di servizi di qualità per l’infanzia.

valentina melis

Quanti uomini conoscete a cui ad un colloquio di lavoro hanno chiesto: “Ha intenzione di diventare padre?”. E quanti che hanno lasciato la carriera, per fare i padri? La prima domanda credo non se la sia sentita fare nessuno. Sulla seconda forse qualcuno esiste ma è un dato statisticamente irrilevante.

Il quadro si ribalta per noi donne. La prima ce la siamo sentite fare più o meno tutte e sulla seconda il dato è statisticamente rilevante. Il diritto al lavoro, il tenerselo, la possibilità di fare carriera quando si diventa mamme è minimo e se parliamo di lavoro autonomo quasi inesistente.

E se riesci facendo l’equilibrista mentre giochi a Tetris devi fare i conti con i sensi di colpa, quelli che ti buttano addosso i commenti e gli sguardi altrui e quelli di te stessa.

Perché una mamma non può.

È vero, anche se ci dicono con sorrisetto beffardo che sappiamo fare più cose contemporaneamente, spesso non ci si può umanamente dividere tra una carriera in ascesa e i figli.

E allora troppe donne decidono “spontaneamente” di lasciare il lavoro. Troppi incastri, ritardi, troppa confusione, stanchezza, troppo carico mentale, troppo da gestire, accudire, decidere, scegliere, progettare, rischiare. Nessun uomo lascia una carriera in ascesa perché gli nasce un figlio. Noi sì. O fai carriera o fai la mamma. Non ci sono vie di mezzo.

O martire e mamma o donna e mamma a metà.  È inaccettabile che una donna sia ancora essere costretta a licenziarsi “volontariamente” perché non è aiutata e tutelata. Le neo-mamme lavoratrici che si sono dimesse nel  2019 sono state 37.611. E nel 2020 solo nel mese di dicembre, su 101mila posti persi, 99mila erano di donne.

L’indipendenza economica per una donna oltre ad essere un aiuto nel mantenimento della famiglia, un riconoscimento e una realizzazione personale è per molte una salvezza, lo è per tutte quelle donne che hanno relazioni tossiche e violente.

Ma di cosa ci lamentiamo, ormai abbiamo la parità.

Una mamma ansia e sapone, Valentina Melis

L’AUTRICE E IL LIBRO – Fin da quando era piccola, il sogno di Valentina Melis era quello di fare l’attrice. Ha studiato danza, canto, recitazione e si è laureata in Scienze politiche. Ha presentato numerosi programmi tv, recitato in varie sit-com e in diversi film d’autore. È un’attivista e al suo lavoro ha sempre affiancato l’impegno sociale, soprattutto in aiuto di donne e bambini. Dal 2017 è la mamma di Mia.

Con Una mamma ansia e sapone. Perché le altre sono tutte supermamme e io non riesco neanche a farmi lo shampoo? (Vallardi) porta ora in libreria la storia del suo diventare genitore, unendo a una prosa scoppiettante dritte, consigli, consolazioni e splendori, per preparare a un viaggio che davvero cambia la vita.

Avete presente, infatti, quelle mamme sorridenti, passeggino da Formula 1 e pupo da catalogo, capelli come se l’elettrostatica non esistesse e pelle di porcellana? Quelle sempre rilassate, che raccontano di vacanze col bimbo in cui hanno fatto sport estremi, ma si sono anche godute serate romantiche e due salti in un club, gin tonic alla mano? Bene, dimenticatele. Perché questo libro non parla né a loro né di loro. Questo libro parla di una mamma normale alle mamme normali, che in gravidanza avevano caviglie grosse come i piloni della tangenziale e l’acidità di stomaco che arrivava alle tonsille, terrorizzate prima dal parto e poi sopraffatte dalla vita…

Abbiamo parlato di...