Arrivano a volte in libreria volumi con immagini già viste, e in rete (e non solo) partono denunce di confusione mentale a carico degli editori. In quest’intervento controcorrente Paolo Zaninoni non solo spiega perché può capitare che due libri abbiano una copertina simile. Ma afferma anche, tra l’altro, che “fare copertine non è appiccicare figurine su un rettangolo cartaceo…”

Arrivano a volte in libreria volumi con immagini già viste. E sono alti lai, e denunce di confusione mentale a carico degli editori: l’ultimo caso è quello dell’Houellebecq di Sottomissione, dove l’art director Bompiani ha usato un’opera dell’artista Sandy Skoglund impiegata 5 anni fa dall’omologa Rizzoli per I giorni della rotonda di Silvia Ballestra.

Sottomissione2

 

Va premesso che non esiste un archivio universale delle copertine da consultare, e che la stessa agenzia o lo stesso artista possono benissimo concedere i diritti di utilizzo della stessa opera a editori diversi (di solito in momenti diversi).

Ma il punto non è questo. Il punto è che gli editori (che pure spesso hanno le idee confuse) e i lettori sanno che una copertina non è l’immagine che la abita: e tra la volpe un po’ minacciosa un po’ guardinga di Houellebecq e le evoluzioni festose e al tempo stesso ossessive delle volpi di Ballestra corre una bella differenza.  Senza dimenticare che, con il ciclo di vita di una novità attestato ormai intorno ai sei mesi, le probabilità che i due romanzi atterrino sullo stesso scaffale di libreria sono abbastanza minime.

Ballestra

Insomma, non c’è bisogno di avere la memoria corta per decidere di usare una immagine già utilizzata, soprattutto se la si taglia e la si colloca in un contesto visivo tutto diverso:  fare copertine non è appiccicare figurine su un rettangolo cartaceo.

*L’autore è direttore editoriale della Garzanti

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