Il giorno in cui il punto e virgola diventò un punto di domanda… Al via una nuova rubrica in cui gli editor parlano dei problemi del loro mestiere (in cui, tra l’altro, l’evoluzione organica della lingua, parlata e scritta, gioca un ruolo importante)

Sono alle prese con l’editing di un romanzo d’esordio, bello, entusiasmante, fantasioso e ‘ricco’; un editing tutt’altro che faticoso, l’unica fatica è astrarsi e rinunciare a farsi rapire dai mondi che l’autrice dipinge e descrive. E quando finalmente riesco ad astrarmi al grado giusto, c’è qualcosa che spicca.
Sarà la moda, sarà forse l’evoluzione organica della lingua, parlata e scritta, e conseguentemente della punteggiatura, sta di fatto che il punto e virgola è ormai quasi scomparso. E quando me lo ritrovo nelle righe di questo manoscritto da editare, mi ritrovo a mia volta a rimirarlo come fosse una specie protetta.
E quando subentra il mestiere, la malizia dell’artigiano consunto, la domanda che mi faccio è quella del salumiere: che faccio, lascio?
Nota 1: sorprendentemente, quando in privato ho fatto questa stessa domanda con più o meno le stesse parole, ho scoperto un partito sommerso a favore del punto e virgola…

Nota 2: colonna sonora di questo post:

* L’autore è editor della Longanesi

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