Un libro paragonato a Verne per il gusto dell’avventura e a Swift per la parodia dell’umana vanità, finora inedito in Italia. È “Lo strano manoscritto trovato in un cilindro di rame” di James De Mille (da poco riscoperto in Inghilterra). L’autore, nato nel 1833, era figlio di un ricco mercante, e navigò per il mondo in lungo e in largo sui velieri del padre… – Su ilLibraio.it un estratto

C’è bonaccia tra le Canarie e Madeira, il Falcon non può navigare. Lord Featherstone e i suoi amici, giocando con le barchette di carta sull’acqua trasparente, trovano un misterioso cilindro metallico, incrostato di conchiglie. Misterioso è anche il contenuto: un manoscritto affidato alle onde da Adam More, naufrago in una terra sconosciuta, oltre i confini del mondo. In attesa che il vento torni a gonfiare le vele, i quattro amici, a turno, cullati dal mare, leggono ad alta voce la sua storia. Sul ponte del Falcon scorrono vorticose le peripezie di Adam More: la deriva tra immensi vulcani, il passaggio da un canale sotto i ghiacci e l’approdo a una baia verdissima abitata da uomini un po’ strani. Sembrano accoglienti e gentilissimi, ma odiano la luce, vivono in caverne buie e spoglie; considerano la povertà un privilegio, la ricchezza e il potere una maledizione; la morte per loro è una meta molto ambita e l’amore corrisposto una calamità dalle tremende conseguenze. Per fortuna accanto a Adam c’è Almah, anche lei straniera, anche lei giunta per caso nel paese dell’ombra. Uniti dal comune amore per la vita e per la luce, finiscono per innamorarsi l’uno dell’altra, ma chi si ama, in quelle terre, deve separarsi al più presto. Adam e Almah vorrebbero fuggire insieme, ma come, in quella terra circondata dai ghiacci?

Lo strano manoscritto trovato in un cilindro di rame

Arriva in libreria per Marcos y Marcos Lo strano manoscritto trovato in un cilindro di rame di James De Mille, finora inedito in Italia (e da poco riscoperto in Inghilterra). Un libro paragonato a Verne per il gusto dell’avventura e a Swift per la parodia dell’umana vanità.

L’autore, nato a Halifax nel 1833, era figlio di un ricco mercante. Navigò per il mondo in lungo e in largo sui velieri del padre, attraversò l’Europa a piedi e si fermò in Italia molto a lungo. Si divertiva a imparare le lingue (pare sia arrivato a parlarne dodici) e a osservare luoghi, persone e usanze. Tornato in Nord America, si lanciò avventurosamente nel commercio di libri, dimostrandosi ben presto più tagliato per la scrittura e l’insegnamento della storia. Si dilettava con ogni forma d’arte, illustrava Omero per i suoi quattro figli, e chi lo accompagnava nelle lunghe battute di pesca era avvertito: a bordo si parlava solo latino “per non profanare i misteri della pesca”.

Su ilLibraio.it un estratto
(per gentile concessione di Marcos y Marcos)

Il kohen si strinse le mani, sempre più smarrito.
«Non riesco a capire» disse. «Un pazzo può anche pensare di amare la vita e desiderare le ricchezze, ma quanto all’amore, nemmeno un pazzo potrebbe pensare al contraccambio, perché la natura stessa della passione d’amore è la più assoluta dedizione, che esclude di per sé ogni contropartita; di conseguenza, il sentimento che porta a desiderare qualcosa in cambio non può essere amore. Non ho idea di cosa potrebbe essere, anzi, una cosa del genere non ha precedenti nella storia dell’uomo. Cos’è l’amore? È il flusso ardente di tutto l’essere, il desiderio di un cuore umano di sperperare tutti i suoi tesori per un altro. L’amore è più dell’annullamento di sé; è dedizione e assoluta abnegazione. L’amore dà tutto e non può assolutamente ricevere nulla in cambio. Un amore ricambiato vorrebbe dire egoismo, sarebbe una contraddizione. Quanto più si ama, tanto meno si desidera qualcosa in cambio».
«Cosa?» esclamai io. «Tra voi gli amanti non si sposano mai?»
«Amanti che si sposano? Assurdo!»
«E non capita mai che le persone sposate si amino?»
Il kohen scosse la testa.
«Purtroppo a volte capita ed è una situazione, ovviamente, molto penosa. Per il bene dei figli i genitori spesso rimangono insieme, ma in molti casi si separano. È davvero una terribile disgrazia quando marito e moglie si amano».
La conversazione stava diventando insostenibile. Non potevo seguire il kohen in quello che sembrava il volo più folle e selvaggio della fantasia che avessi mai sentito; così cambiai argomento e gradualmente il kohen iniziò a parlare della propria vita. Il racconto non fu meno strano delle sue osservazioni precedenti e per questo motivo lo riporto qui.
«Sono nato» disse «nella situazione più invidiabile. Mio padre e mia madre erano tra i più poveri del paese. Entrambi sono morti quando ero bambino e non li ho conosciuti. Sono cresciuto nei campi aperti e nelle caverne pubbliche, insieme con i poveri più stimati ma, purtroppo per me, c’era qualcosa di problematico nella mia indole. Amavo la morte, naturalmente, e altrettanto la povertà. Ma non avevo quell’ansiosa ed energica passione che è così desiderabile, né ero abbastanza attento alla mia condizione privilegiata di povero. Circondato com’ero da persone fin troppo pronte ad approfittare della mia ignoranza o disattenzione, ben presto finii sulla cattiva strada, e poco a poco, mio malgrado, precipitai nella più nera ricchezza. Persone molto decise riuscirono a convincermi a ricevere i loro beni. Così, scivolai ineluttabilmente dalla posizione elevata in cui ero nato. Divenni sempre più ricco. I miei amici mi misero in guardia, ma inutilmente. Ero troppo debole per oppormi, mi mancava la fibra morale, e non avevo imparato a dire ‘no’. Così è andata sempre peggio; scendendo sempre più in basso nella scala sociale, sono diventato un capitalista.

Libri consigliati